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La funzione docente, il tema della scuola italiana affrontato dal prof. Palombella all'Università Popolare di Molfetta
06 aprile 2014

MOLFETTA - “Aspettando Godot” non è solo una delle principali opere di Samuel Beckett ma anche il giusto ritratto dell’Italia in quest’ultimo periodo; stiamo aspettando un cambiamento, ce lo hanno anche promesso i politici ma, dati alla mano, la situazione sta solo peggiorando. E’ giunto il momento di rimboccarci le maniche, in tutti i settori, ma soprattutto nell’ambito scolastico, perché è qui che si forma la nuova Italia e quindi anche la nuova chance per il futuro.

All’Università Popolare Molfettese, il già dirigente scolastico Luigi Palombella, ora governatore nominato del Distretto 2120 del Rotary Club, ha tenuto un’interessante conferenza sul ruolo di una delle componenti più importanti dell’istituzione scolastica, ovvero il docente, alternando il suo intervento con momenti di dialogo con i presenti ma soprattutto con la presidente dell’UPM Ottavia Sgherza Altomare.

Quest’ultima afferma di non sopportare l’idea di una scuola italiana alla deriva ed ancor più il pregiudizio di un differenza tra Nord e Sud per quanto riguarda il livello di preparazione. Non è vero che gli studenti italiani sono tra i peggiori al mondo, anzi, hanno una preparazione più ricca rispetto ad altri Paesi, continua la presidente Sgherza Altomare; la scuola italiana è fatta da forze sane quindi bisogna trovare un modo per migliorare la situazione e tornare ad essere il Paese delle arti e della cultura, senza arrendersi.

Luigi Palombella entra invece nei dettagli: abbiamo già parlato dell’Italia e della sua crisi, quindi la scuola non può non risentirne essendo specchio della società. Siamo in un Paese in declino, la disoccupazione è salita al 42,3% e la metà dei giovani non lavora. E’ come se la scuola italiana si sia ormai rassegnata; ci si era illusi quando fu approvata, ma mai applicata, la legge sull’autonomia (legge che creava un rapporto diretto tra Ministero della Pubblica Istruzione e le diverse scuole, senza l’intervento dei Provveditorati), ma non si erano fatti i conti con la eccessiva burocrazia, un altro dei mali italiani.

Palombella fa anche riferimento alle cosiddette “eccellenze” ma non le vede come una vera e propria fortuna perché tracciando la geografia di questo fenomeno si noterà la disomogeneità anche tra regione e regione; invece, egli afferma che nei molti anni di servizio ha cercato sempre di far raggiungere ai propri insegnanti standard omogenei almeno di accettabilità. L’Italia non può basarsi solo sulle poche eccezioni lasciando il resto del Paese alla deriva. Uno dei problemi fondamentali della scuola italiana consiste nel fatto che le risorse sono uguali per tutti ma i risultati sono diversi, questo vuol dire che ciò che non ha funzionato è il mezzo e che quindi, in questi casi, la scuola ha fallito.

Bisogna convincersi ormai che dall’alto non arriverà nessun aiuto, l’unico denaro che il premier Renzi ha stanziato per le scuole sarà utilizzato per mettere a norma gli edifici scolastici.

Bisogna quindi mettere in circuito una nuova idea: l’insegnamento, come già affermava Freud, non è ne una funzione né tanto meno un semplice lavoro, ma un compito di salute pubblica, perché fa star bene la società, è una missione. Allora, ecco il nodo cruciale della conferenza, si deve ripartire di qui, dalla funzione docente.

L’insegnante deve avere quel qualcosa che già Platone riteneva fondamentale, l’Eros, nello specifico l’amore verso la propria disciplina (questo fa parte dell’eticità della persona) e soprattutto l’amore per tutti gli alunni, italiani, stranieri, poveri e ricchi (amore educativo); inoltre il docente deve avere fede nella natura umana che è già insita nel bambino.

Quindi, bisogna far leva sugli insegnanti e sui dirigenti, sì perché, questi due ruoli hanno una matrice comune ovvero quella dell’organizzazione: i primi organizzano la classe, gli altri la scuola. Invece, i nuovi dirigenti si sentono più che altro manager, rinunciando a quella leadership educativa che gli spetta di diritto; è il segretario il vero e proprio manager della scuola e tramite questa figura, il dirigente ha il compito di fare un bilancio tra i bisogni e le necessità (cosa che avviene sempre meno).

Il docente, più di altri ruoli, deve essere un “professionista riflessivo”, un ricercatore, nel senso che deve appunto riflettere sulle azioni che compie man mano che le compie; inoltre, altra cosa fondamentale, non deve farsi prendere dall’abitudine e dalla consuetudine. Ecco allora le tre principali responsabilità della scuola: insegnare ad imparare, a vivere ed a convivere.

Infine, il concetto di capitale a cui siamo abituati ha un significato solo finanziario, poi ci hanno parlato del cosiddetto “capitale umano”, poi ancora è stata introdotta la nozione di “capitale sociale”. Allora facciamo in modo che si torni a parlare della scuola proprio come di un “capitale sociale”; è l’unica possibilità che abbiamo per far rialzare il suo intero sistema.

© Riproduzione riservata

Autore: Daniela Bufo
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