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La dolce estate Il racconto
15 luglio 2023

È stato un gran bel periodo, quello. Mia sorella lavorava a Bari come hostess di terra in una Compagnia americana in via Sparano, io insegnavo Disegno e Storia dell’Arte nell’Istituto Tecnico femminile allora in piazza Roma. Eravamo vicinissime, e spesso cercavamo di far coincidere la mia ora libera o la fine delle mie lezioni con la sua pausa pranzo e andavamo alla Saicaf che aveva un’ottima tavola calda. Il cameriere addetto ci aveva preso in simpatia, e con ammiccamenti o leggeri cenni del capo, tipo agente segreto, ci indicava i piatti migliori del giorno. Quando non coincidevano i nostri orari andavamo almeno a prendere il caffè insieme. Un pomeriggio di primavera ero a casa quando Liliana mi ha telefonato: “Devi aiutarmi, non so come fare, è arrivato un nostro cliente importante, uno dei maggiori azionisti della Breda…” “Sì… Ma io che posso fare?” “Lasciami finire, vuole per domani macchina, autista a disposizione e una persona che parli inglese che possa portare in giro lui e sua moglie che lo ha accompagnato, quindi devi sostituirmi”. “Non mi stai sopravvalutando?”, chiedo preoccupata. “Ma no, sarai un’ottima guida e poi noi italiani le parole che non conosciamo ce le inventiamo e riusciamo sempre a farci intendere. Allora domani mattina alle 9 al Palace Hotel. Ti aspettano. Portali in giro e poi andate a pranzo dove ti pare, anche fuori Bari”. “Gulp!” dico io, fra paura e divertimento. La mattina successiva arrivo puntualissima al Palace, e nella Hall c’è un elegante signore sulla sessantina che mi sta già aspettando con sua moglie, una signora alta, magra, tipicamente inglese, con un bel sorriso di benvenuto. Il Maître dell’hotel ci presenta, la macchina ci aspetta e ci avviamo. Mi dicono che essendo già stati a Bari lei vuole guardare un po’ di vetrine, quindi lasciamo subito libero l’autista e propongo di percorrere a piedi via Sparano, allora la strada dei negozi più “in”, molti li conosco bene perché allora le spese importanti si facevano a Bari. Ci fermiamo alle vetrine di Giove che ha le calzature delle migliori marche, e la signora vede in esposizione un paio di splendide scarpe di Ferragamo, entriamo, le prova, non vuole vedere altro e le acquista. Costano circa la metà del mio stipendio, il marito paga senza batter ciglio. Poi ci fermiamo da Ciciriello dove lei acquista una bellissima blusa, anche in questo negozio mi conoscono perché mia madre è una loro cliente, poi guardiamo i meravigliosi gioielli di Calderoni, per fortuna senza rischi per il marito. Propongo di fermarci da Vox, un bar piccolo ma molto accogliente, non so se c’è ancora, dove Nicola, il cameriere, ci accoglie come sempre con tanta cordialità, ci fermiamo sempre lì quando andiamo a Bari a fare spese. Propongo di prendere una granita di caffè con panna – sono eccezionali – non l’hanno mai assaggiata e sono deliziati, ancora qualche sosta e poi per il pranzo Mr. Korner mi dice che vuole andare a Barletta, deve oltretutto avere un brevissimo colloquio di affari con un cliente. Gli racconto in macchina della “Disfida di Barletta” la sfida tra i tredici cavalieri italiani capitanati da Ettore Fieramosca e tredici cavalieri francesi capitanati da Guy de la Motte, e propongo di fermarci ad un ristorante che ha proprio il nome dell’Eroe barlettano e non so se esiste ancora. Il cameriere ci propone un menù a base di pesce e qui avviene una scena tra drammatica ed esilarante: lui vuole assaggiare il “polpo alla Luciana” lei ed io ordiniamo certamente del pesce. Quando arriva la terrina con il polpo, lei lo guarda inorridita, chiede al marito se davvero vuole mangiare quella cosa, e lui, serafico, le propone di assaggiarlo perché lo trova ottimo, lei si alza sconvolta e si allontana fino al momento del dessert. Con il marito riusciamo a trattenere risate e commenti. Tutto si conclude poi bene e io posso tornarmene a casa, mi lasciano loro tornando da Bari e ci salutiamo con grande cordialità. Missione compiuta. È quasi finita l’estate e il clima è perfetto quando mi chiamano dal Palace, Liliana ha detto di chiamarmi direttamente: “Mr. Korner gradirebbe la sua presenza nel pomeriggio, sempre che lei sia disponibile”. Posso organizzarmi e alle sedici sono a Bari. Andando verso l’albergo mi fermo da un fioraio, voglio prendere dei fiori per Mrs. Korner che mi è molto simpatica. Mr. Korner mi aspetta nella Hall con lui non c’è la moglie, ma un giovane uomo, vedono le rose e la mia faccia e non riescono a trattenere un sorriso. Lui mi dice che le rose le farà mettere in camera sua, dirà a sua moglie del Il racconto La dolce estate mio pensiero e che al posto di sua moglie è venuto suo figlio Tony. Fatte le presentazioni guardo meglio il giovane, è alto, magro, ma è evidente che fa sport, lineamenti decisi, begli occhi e un sorriso largo e cordiale, avrà almeno dieci anni meno di me. Mr. Korner mi dice che il figlio vuole vedere qualcosa di Bari, abbiamo tutto il pomeriggio fino all’ora di cena e l’autista a disposizione. Dall’autista ci facciamo lasciare in via Sparano e gli dò appuntamento dopo un paio d’ore a corso Cavour. All’altezza della pasticceria Vox Tony mi dice che vuole provare la granita di caffè con panna, di cui gli hanno parlato i suoi. “Bravo! dico, così non dormi stanotte con tutto quel caffè italiano. Ti faccio assaggiare le paste delizia”. “What?” gli spiego che sono dei dolci fantastici, i miei li portavano a casa quando andavano per spese a Bari: due dischi di pastafrolla con un ripieno di crema al burro al caffè contornati con di nocciole tritate. Ne andavo matta. Piacciono molto anche a lui ne prende una seconda e poi torniamo indietro. Vuole fermarsi a Ricordi, chiede di ascoltare un disco di Sergio Endrigo, entriamo insieme nella larga cabina ascolto, e ascoltiamo “La dolce estate”. Compra il disco che si porterà dietro per tutta la nostra passeggiata. Andiamo a Bari vecchia, visitiamo San Nicola e la Cattedrale, è incantato soprattutto dai vicoli stretti e labirintici, camminiamo senza un itinerario preciso. Davanti alle porte dei piani terreni ci sono le donne che fanno orecchiette e strascinati. Si avvicina incuriosito a una di loro e fa segno di volerne prendere uno, lo mette in bocca e con la donna non riusciamo a non ridere vedendo la sua faccia disgustata. Gli dico che prima si cuociono e poi si condiscono con sugo di carne e così sono buonissimi. L’aria è mite, il sole comincia a calare, passiamo davanti ad un forno. “Se vuoi mangiare qualcosa di veramente buono aspetta qui”, dico lasciandolo fuori ed entrando. Compro due pezzi della famosa focaccia barese, ci sediamo sugli scalini di una casa a piano terra evidentemente vuota, e mangiamo la focaccia che lo entusiasma. Scherziamo come vecchi amici. Mi dice che ha sete, “Accomodati” gli dico passando davanti a una fontanella e gli mostro come si può bere senza problemi. Dopo una buona bevuta solleva la faccia bagnata e ridente, è proprio un ragazzo. Ma è tempo di rientrare, abbiamo fatto tardi. Corriamo come due ragazzini ridendo e tenendoci per mano. L’autista ci vede arrivare trafelati, ci guarda sorride e Tony gli dice che tornerà a piedi al Palace, ha capito la strada, siamo vicini, lui può accompagnarmi a casa. Tony mi porge il disco di Sergio Endrigo: “L’ho comprato per te” dice ponendomelo fra le mani. Sappiamo che non ci incontreremo più: si china verso di me e mi abbraccia con delicatezza. “Take care”, mi dice. “Abbi cura di te” “God bless you”. “Dio ti benedica”. Il disco di Sergio Endrigo è sempre, a distanza di tanti anni, nella mia collezione di dischi. Qualche volta mi capita fra le mani, riascolto “La dolce Estate” e mi ritrovo nei vicoli labirintici della città vecchia con gli ultimi raggi di sole in una dolce sera di tarda estate. © Riproduzione riservata

Autore: Marisa Carabellese
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