L'estate molfettese, fra cemento e svaghi
MOLFETTA - L'estate torbida e affannosa torna ad illuminare le acque limpide di una Molfetta ansiosa. Ansiosa di tornare a solcare la leggera libertà di una fresca nuotata, di piacevoli compagnie, di un rituale gioviale. Pronta ad ingabbiare l'unico spiraglio di trastullante frescura negli spazi privati, divoratori di spiagge.
Sembra un cammino condizionato, quello di affrontare il monopolio degli spazi per giungere ad una ambita immersione nella natura apparentemente indomabile. Perché a domarla ci hanno pensato lungamente a Molfetta, fino privatizzare quasi l'intero litorale.
Ma, forse, gli spazi ben delineati dal preciso cemento di umano utilizzo offrono ai molfettesi l'occasione per rinchiudere ancora una volta i propri usuali divertimenti negli argini dell'azione comune, della performance appariscente.
Allora, per godere dell'immensità del mare diventa obbligatorio immergersi nelle strutture che i lidi mettono abilmente a disposizione, quasi fossero l'unica via che l'acqua ci offre per essere raggiunta.
Molto spesso, proprio questi indispensabili servizi diventano per la gente l'«essenza» del mare.
Poco importa il legame unico che quell'immensa distesa lucente favorisce fra uomo e natura, superando libera ogni ponte, ogni tentativo di ridurre ancora una volta il flusso variabile della natura in forme fisse e monotone, grigie e banali.
Non riusciamo a scoprire un rapporto autentico col divertimento e con l'ambiente, che ci porti a vivere noi stessi, piuttosto che cercare di esiliare il proprio “centro” negli spazi chiusi e vuoti della normalità, pur di allinearsi ad una vita vissuta fuori di sé.
Autore: Giacomo Pisani