Il teatro dei Cappuccini a Molfetta riservato solo a pochi intimi
MOLFETTA - Gentile direttore, la nostra città riserva la sorpresa di tesori inesplorati che meritano di essere ammirati. Con questo spirito ho colto l’occasione delle giornate FAI di ottobre per visitare il convento dei Frati Cappuccini. Domenica mattina mi reco in chiesa alle 10 circa ove prendo parte alla visita guidata.
Le guide, gli alunni del Liceo Classico Da Vinci di Molfetta, hanno accolto noi visitatori con proprietà di linguaggio, conoscenza della storia del convento ed entusiasmo, elemento fondamentale. Ci siamo diretti verso il chiostro e verso il teatro, un piccolo gioiello ricavato probabilmente da una stalla non facente parte del convento originario ma annessa successivamente.
Il teatro restaurato, fino a pochi anni fa, ospitava rappresentazioni teatrali cui ho preso parte non esimendomi dall’ammirare la particolare volta e l’armonia architettonica. Vicine a me, c’erano due signore che integravano, volontariamente senza che nessuno le interpellasse, le spiegazioni delle guide con particolari e notizie note a loro perché, come dichiarato da loro stesse, facenti parte delle “francescane”.
Mi permettevo di osservare che era un peccato che la città potesse fruire di tanta bellezza solo qualche volta per le giornate FAI.
Le signore hanno affermato: Così lo rovinano, lo distruggono.
Ed io: Ma viene utilizzato?
E Loro: Si!
Viene utilizzato per le riunioni dei francescani.
Allora sono partita come Barrichello alla guida della Ferrari in pole position a Monza: Ma vi rendete conto?? Il potere temporale della chiesa dovrebbe essere finito. Questi beni devono essere fruiti dalla comunità anche a pagamento per sostenere le spese dei frati. E mentre la mia amica mi implorava di calmarmi, io incurante, continuavo: Su questi beni non viene versata l’ICI, coloro che li gestiscono hanno il dovere di farli utilizzare dalla comunità!
E le signore: Allora si rivolgessero al Comune, c’è la cittadella degli artisti, l’anfiteatro.
Ed io: Certo! Ma per piccole rappresentazioni perché non renderlo fruibile? La mia domanda è rimasta senza risposta.
Proseguiamo la visita al piano superiore ove insistono piccole celle che ospitavano i frati. La sensazione che ho percepito è di una serenità derivante dalla pace della bellezza discreta, essenziale ed ancora una volta mi sono domandata perché non ospitare qualcuno in difficoltà come faceva il nostro compianto don Tonino?
Ecco direttore, la conclusione che ne traggo è che è come avere in una bella casa, la camera di rappresentanza, la camera da pranzo che le nostre mamme, tiravano a lucido e chiudevano a chiave privando la famiglia di usufruirne perché doveva rimanere immacolata per “quando viene qualcuno”.
Direttore ti ho scritto non come cittadina anonima ma firmandomi e non come redattrice del nostro giornale, perché per queste situazioni occorre metterci la faccia, anche solo per chiedere spiegazioni che, magari e mi auguro, contraddicano quanto da me affermato.
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Autore: Beatrice Trogu