Il sistema di potere del sen. Azzollini sulla Cdp
«Un sistema di potere che esigeva – indebitamente – il controllo dell’attività imprenditoriale e che operava intimidazioni con fare prevaricatore e arrogante, con capacità di temere tutti e tutto sotto controllo, gestendo illecitamente potere, pilotando contratti con i fornitori, ordinando assunzioni lavorative: un sistema che si connota, dunque, con gli elementi costitutivi tipici dell’associazione a delinquere», questa la descrizione del ruolo del sen. Antonio Azzollini che si legge nelle motivazioni del Tribunale del Riesame di Bari (non quello di Trani, al quale l’ex sindaco di Molfetta, attribuisce il fumus persecutionis contro di lui). L’ordinanza del Riesame (presidente Lamalfa, relatore Mattiace) che aveva confermato l’arresto del parlamentare chiesta dalla Procura di Trani per il crac da 500 milioni di euro della Casa della Divina Provvidenza (Cdp) di Bisceglie rappresenta indirettamente una risposta al voto con cui il Senato ha detto “no” agli arresti domiciliari del politico indagato e una conferma di come il “salvataggio” sia stato un’operazione politica per mantenere gli equilibri di governo, senza che i senatori abbiano letto le carte giudiziarie. Insomma, c’era una “copertura politica”: «Azzollini e i suoi sodali operavano in forza di accordi raggiunti con i vertici della Congregazione, nei quali questi ultimi accettavano il “commissariamento”, ottenendo in cambio l’assicurazione dell’appoggio politico per una legge che era di vitale importanza per la stessa sopravvivenza dell’ente ospedaliero». E il Riesame aggiunge: «Se la crisi della Cdp ha finito col tradursi, nel corso degli ultimi anni, in un immane disastro finanziario, lo si deve al fatto che il sodalizio ha imperversato sull’ente sia imponendo le sue logiche politiche, sia usufruendo del “complice silenzio” di molteplici dirigenti della Congregazione». Il sen. Azzollini, secondo il Riesame, era, perciò, «il dominus di un apparato sicuramente inquinato e finalizzato a dilapidare le sostanze della Congregazione della Divina Provvidenza» dopo «aver fatto approvare leggi per far ottenere sgravi fiscali, nella sua veste di presidente della commissione Bilancio di palazzo Madama». La presenza di tutti i soggetti indagati «tutti sicuramente riconducibili al senatore Azzollini, fornisce il dato oggettivo della “presa di potere” da parte di quest’ultimo e dell’articolazione dell’associazione per delinquere, quanto meno a far data dal suo “ingresso” a ben poco valendo la circostanza dell’assenza di elementi di prova della sussistenza del vincolo sin da epoche remote»… «C’è piena convergenza di intenti che muoveva il senatore e la madre superiora suor Cesa la quale non solo aspettava da un anno i nominativi per l’organo di vigilanza ma che si augurava che Azzollini rimanesse al suo posto di presidente della Commissione Bilancio perché ciò faceva “comodo” alla Congregazione: il riferimento alle iniziative legislative tese a consentire le esenzioni contributive e fiscali è del tutto evidente. Ulteriore elemento da cui si trae l’esistenza di un sodalizio dedito alle attività criminali sopra accennate si coglie dai criteri di scelta dei dipendenti da escludere dalle liste di mobilità (i molfettesi, ndr)». Ma dal Riesame arriva anche un’altra pesante accusa, proprio del ruolo istituzionale di Azzollini, quando sottolinea che «se il senatore Azzollini si fosse soltanto preoccupato di comprendere quale fosse il reale stato finanziario della Congregazione quale presupposto per le proprie iniziative politiche, onde valutare l’opportunità di produrre nuovamente benefici contributivi e fiscali che lo Stato riconosce ai cittadini che si trovano in difficoltà non a causa di una propria condotta, di certo avrebbe ottenuto il plauso generale». E, in realtà, si è verificato il contrario. Leggendo le motivazioni del Riesame appare più plausibile l’ipotesi fatta da più parti che dietro il “no” all’arresto ci sia stato un compromesso politico che prevedeva le dimissioni dello stesso Azzollini dalla presidenza della commissione Bilancio, in cambio del “salvataggio” dal carcere.