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Il presepe di S. Maria dei Martiri in un quadro di Luigi Schingo
15 dicembre 2010

Di un presepe nella chiesa della Madonna dei Martiri di Molfetta si ha notizia almeno dal primo Cinquecento. Esisteva infatti un tempo nella parte inferiore del santuario mariano una Cappella del Presepe. Di questa struttura in seguito ha fatto menzione il vescovo di Molfetta Giovanni Antonio Bovio nel suo libro Breve historia dell’origine, fondatione e miracoli della devota chiesa de S. Maria de’ Marteri di Molfetta, apparso postumo in Napoli nel 1635. Nel volumetto si legge che la copia molfettese del Santo Sepolcro di Gerusalemme – nell’Ottocento spostata di fianco all’altare maggiore – si trovava allora inferiormente «in una cappella del Presepio di S. Gioseppe». Una descrizione più dettagliata si ricava dalla visita pastorale compiuta nel maggio del 1699 dal vescovo di Bisceglie Pompeo Sarnelli da Polignano, delegato dal presule di Molfetta Domenico Bellisario de Bellis da Casamassima, allora impegnato a Roma come vicegerente, cioè come vescovo coadiutore del cardinale vicario. Pompeo Sarnelli (1649-1724), oltre che un ecclesiastico di tutto rispetto, era uno scrittore di notevole cultura sacra e profana, autore di oltre cinquanta opere, tra cui la Posilecheata, cinque fiabe in dialetto napoletano, e le Lettere ecclesiastiche, in lingua toscana. La sua visita pastorale (Acta Visitationis), conservata in un volume manoscritto nell’Archivio Diocesano di Molfetta, è una ricognizione erudita scritta in un latino terso ed elegante. Quando mons. Sarnelli visitò Santa Maria dei Martiri, l’edificio non era stato ancora pesantemente manipolato e presentava l’aspetto di una piccola chiesa romanica con due cupole in asse, che aveva una cappella superiore, detta di San Leonardo, e una chiesetta inferiore, detta del Presepe di San Giuseppe. Sceso da un piccolo vestibolo con la breve scala nella chiesuola sottostante, Sarnelli si trovò di fronte ad un solo altare, intitolato al Santo Presepe ovvero alla Natività di nostro Signore Gesù Cristo. Qui notò un «fornix depictus ad instar Praesepi sub quo statuae lapideae B(eatae) Virginis et S(ancti) Ioseph, Puerum Iesum faeno iacentem adorantium (una volta dipinta a guisa di Presepe sotto cui stanno le statue in pietra della Beata Vergine e di San Giuseppe, adoranti Gesù Bambino giacente sul fieno)». Per trovare, in opere a stampa, menzione di un gruppo presepiale più ricco, bisogna giungere al Settecento. Michele Romano nel suo Saggio sulla storia di Molfetta (1842) ricorda Giuseppe Saverio de Luca, un nobile a lui noto, autore di farse in versi e possessore di un presepe di stile romano apprezzato in città e fuori, il quale «morì in età decrepita ». Del patrizio e del suo presepe lo storico scrive: «ricco di beni di fortuna, e viaggiatore, dopo la collezione di quadri rinomati asportati da Roma si fissò in mente la costruzione di un presepe. S’ingegnò nel suo palagio di formare in esso presepio delle collinette, vallette sinuose, alveari, ruscelletti, piagge e boschetti, tuguri ed altri analoghi oggetti, con illusioni di lontananze. I personaggi [erano] dell’altezza di circa palmi tre [79 cm], [i] quali decrescevano a norma delle illusive lontane vedute; ma ben forniti di abiti eleganti, screziati di oro e di argento a seconda delle figure che fingevano. Per più anni tale piccolo edificio formò la curiosità dei cittadini e dei forestieri». Dal Catasto onciario di Molfetta del 1753 apprendiamo che Giuseppe Saverio de Luca viveva con la madre e una serva nel palazzo avito al Largo del Purgatorio e, anche se il patrimonio fondiario non era così ragguardevole come al tempo dei suoi antenati, tuttavia era abbastanza cospicuo, essendo egli registrato in quel catasto per un imponibile di 97 once, pari a 582 ducati. L’esempio fu in seguito imitato, e nel Settecento inoltrato e nel primo Ottocento altri casati nobili e borghesi fecero a gara per allestire presepi nelle proprie abitazioni. Tra queste famiglie vi erano i Nisio, i Poli, i Calò, i De Candia, gli Spagnoletti e i De Gioia, come annota il benemerito Gerardo de Marco nel suo bel libro Molfetta tra passato e presente, che ebbi il piacere e l’onore di presentare nella sala delle conferenze della Biblioteca Comunale di Molfetta – allora situata in via Felice Cavallotti – nel remoto 3 giugno 1982. Senza nulla togliere allo sfavillante albero di Natale di tradizione nordica e protestante, non mancano tutt’oggi privati che preferiscono coltivare in casa l’arte del presepe in grande stile, come quel gentiluomo che risponde al nome di Peppino Poli. Naturalmente nell’Ottocento e nel Novecento le chiese molfettesi non smisero di presentare alla popolazione il mistero della Natività con artistici presepi di anno in anno preparati con grande cura in un apposito angolo degli edifici sacri. Si ricordano tuttora il presepe della Madonna dei Martiri, allestito dai francescani, e quello di San Domenico costruito dal parroco don Ilarione Giovene a ridosso dell’abside. La tradizione è continuata ancor’oggi da don Franco Sancilio con variazioni coronate da un meritato successo. Nel rifacimento ottocentesco della chiesa di Santa Maria dei Martiri, purtroppo, le tre statue cinquecentesche della cappella del Presepe andarono disperse, ma i frati minori del santuario molfettese nel primo Novecento rimediarono con un imponentepresepe. Questo era solitamente collocato di sbieco per metà davanti all’altare maggiore e proseguiva alla destra degli osservatori sotto l’elevato arco doppio romanico e gotico della cappella laterale della Santissima Annunziata. Il presepe era di stile napoletano, con montagne, grotte, casette e artistici personaggi in media alti all’incirca 30 centimetri. Per quante ricerche abbia fatto in oltre un trentennio, non sono riuscito a trovare una foto o un disegno accurato di quel presepe protonovecentesco, ma in compenso ho rintracciato in una vecchia pubblicazione una riproduzione fotografica in bianco e nero di un quadro del pittore e scultore sanseverese Luigi Schingo (1891- 1976), che fu professore di Disegno a Molfetta nella Scuola Tecnica negli anni Venti del Novecento. Schingo dipinse diversi riti e feste di Molfetta, come la sagra a mare della Madonna dei Martiri e le processioni della Settimana Santa, che finirono in collezioni private e in musei. Lo folgorò anche l’intimo calore della Natività e lo volle ricreare in uno scorcio di quella raccolta e discreta chiesa di periferia che era Santa Maria dei Martiri, dove alcune donnicciole e bambine del popolo ammirano la scena natalizia in un silenzio stupefatto che ancora oggi non si spegne.

Autore: Marco I. de Santis
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