Porto delle nebbie, i misteri del porto, porto senza futuro, sono solo alcuni dei titoli di “Quindici” in questi quasi 20 anni da quando è nato il “capriccio” porto. E sì perché il nuovo porto commerciale è nato da un capriccio del sen. Antonio Azzollini, già sindaco di Molfetta, col desiderio di grandeur e di passare alla storia come autore di un’opera pubblica grandiosa a livello nazionale, seconda solo al Moses di Venezia. La vanità umana, però, non può compromettere il futuro di una città e della sua comunità. Da allora i lavori del porto hanno avuto più vicende giudiziarie, sequestri e stop (con incrementi di prezzi e sperpero di denaro pubblico, che poteva essere utilizzato per reali e urgenti bisogni dei cittadini) di improbabili valutazioni positive, presenti solo nelle menti degli autori del progetto. Era sbagliato fin dall’inizio per la mancanza di progettazione, di un business plan, di uno studio dei possibili traffici marittimi e della capacità di inserirsi nel sistema portuale italiano con compiti di integrazione e allargamento dei traffici già esistenti. E nell’errore è caduto anche l’attuale sindaco Tommaso Minervini, successore di Azzollini e continuatore di una politica autarchica, che non giova a nessuno. Sarà anche per il clima nazionalista e sovranista che spira oggi in Italia, nell’era postfascista della Meloni, con limitazione delle regole democratiche e accentramento di poteri (e presunzioni) da parte del leader, che spinge il sindaco a fare da solo con una classe dirigente inadeguata e un personale tecnico comunale non in grado di affrontare tematiche complesse come queste (anche nei controlli). E gli effetti si vedono, non solo dal punto di vista tecnico, ma soprattutto da quello giudiziario. Sarebbe, perciò, il caso, come chiesto dalle opposizioni di restituire l’opera alla Regione Puglia, perché la porti a termine. Oggi siamo ad un’altra puntata di questa telenovela che vede un blitz della Guardia di Finanza e della magistratura i quali vogliono vederci chiaro sul materiale non adeguato (e pericoloso per l’ambiente) utilizzato per la realizzazione della banchina di messa a sicurezza (paradosso?) del porto, che non trova pace tra ipotesi di frodi nelle forniture, truffa, gestione illecita dei rifiuti, illeciti amministrativi. Che fosse dolosa questa operazione, lo dicono anche le intercettazioni, nelle quali si ascoltano gli addetti ai lavori che si vergognano per quello che stanno facendo e sostengono che si sta esagerando con il materiale di m.... utilizzato, mentre chi sapeva e doveva controllare ed evitare tutto questo, secondo ipotesi giudiziarie, avrebbe ignorato ogni cosa. Tanto, avrà pensato qualcuno, non succederà nulla: un po’ di rumore sui giornali, lunghe, laboriose indagini, processi interminabili e tutto finirà nel nulla con una bella prescrizione o assoluzione per insufficienza di prove. E la storia insegna. Ma il danno resterà: non si può certo ipotizzare una rimozione di quel materiale, sia per i costi, sia per i tempi e sia, soprattutto, perché il guasto è già stato fatto ed è irrimediabile. La coscienza di vivere in un Paese dove la certezza del diritto è solo uno slogan o citazione negli studi di giurisprudenza, favorisce l’impunità. La vuota retorica autocelebrativa del sindaco Tommaso Minervini, che produce comunicati stampa propaganda esaltanti le opere pubbliche del principe, non è utile a nessuno. Del resto basti guardare a quante opere pubbliche sono state oggetto di indagini giudiziarie. Il sindaco esperto amministratore si sta rivelando un grande bluff, come abbiamo scritto in tempi non sospetti e questa incapacità viene oggi sottolineata dalle opposizioni di sinistra e di destra, mai unite come in questa circostanza a difesa della città. Non era mai accaduto prima che un’amministrazione comunale si ritrovasse all’opposizione sia la destra sia la sinistra, due forze opposte che convocano una conferenza stampa comune. E questo la dice lunga sulla qualità politica di un’amministrazione “ciambotto” (copyright “Quindici”) tenuta insieme solo dal collante di potere che dal servizio alla comunità. Si è lanciato lo slogan del porto “dedicato ai nostri figli” e siamo già all’ipotesi di una dedica almeno ai nipoti, mentre prosegue un cantiere infinito, perfettamente inserito nella logica dei cantieri perenni di questa amministrazione. Ma se gli altri alla fine trovano una conclusione lunga nel tempo, con relativo sperpero di denaro pubblico, la fine del cantiere del porto non si intravvede nemmeno all’orizzonte, mentre i danni ambientali sono già in atto. E il sindaco ha perfino la faccia tosta di affermare nell’ultimo consiglio comunale, fra le ilarità dell’opposizione, che l’opera del porto è completata. Come abbiamo scritto altre volte, il sindaco chiuso nella sua torre d’avorio comunale, non conosce i problemi della città e forse perfino l’andamento dei lavori del porto e di altre opere pubbliche. Ma, soprattutto, non conosce i problemi e le esigenze dei cittadini, mai convolti in dibattiti sul destino della città che interessa più a loro che a lui. La retorica delle migliaia di posti di lavoro (eventualmente dei nostri nipoti) è disturbante per chi ha cognizione delle aspettative dei giovani studenti e laureati molfettesi, sicuramente non qualificati per queste eventuali occupazioni, che comunque non potranno essere consistenti. Minervini continua a correre dietro alle sirene di qualche imprenditore interessato, ma anch’egli miope sulla prospettive economiche future. Chi come noi si occupa da anni di economia, non può accettare che un’opera di questa imponenza sfugga alla programmazione, vada avanti senza un business plan, senza uno studio dei traffici e delle evoluzioni dei trasporti marittimi che in questi quasi venti anni dall’inizio dei lavori, sono profondamente cambiate. E oggi, con il Mediterraneo attraversato da venti di guerra, richiedono soluzioni alternative, per non restare solo una cattedrale nel deserto come Gioia Tauro nei primi anni ha dimostrato. Si parla di ricchezza e sviluppo, mentre finora si vede solo grande inquinamento e ulteriore cementificazione del territorio, nel quale l’amministrazione Minervini è specialista. Possibile che non si possa conoscere lo stato di avanzamento dei lavori delle opere coinvolte nelle vicende giudiziarie, collegate all’inchiesta principale sulla gestione degli appalti pubblici e perfino sull’organizzazione degli uffici comunali, che dimostrano molta presunzione e scarsa professionalità, carenza di pianificazione e gestione del rischio (a giudicare dalle ipotesi investigative della magistratura)? Le opposizioni accusano il sindaco di essere stato già da tre anni (5 novembre 2020) a conoscenza di indagini relative al monitoraggio ambientale, senza fare nulla. Tra l’altro è lo stesso Minervini che, nel febbraio del 2022, informa il consiglio comunale di indagini in corso sulle pietre utilizzate per realizzare il molo di sopraflutto. Del resto le acque portuali divenute torbide, dovevano essere un segnale. Ci si è domandati quali limiti avranno i fondali? Quale sarà la sostenibilità ambientale dell’opera? Sicuramente no o almeno le risposte a questi interrogativi non sono state fornite, per evitare il sospetto di una cattedrale nel deserto (come diciamo da anni, con la speranza di essere smentiti dai fatti, soprattutto nell’interesse della città, ma che invece ci vengono puntualmente confermati dai fatti di cronaca giudiziaria). Quale può essere un’utile vocazione del porto? A quali navi si rivolgere? (il sindaco, sempre alla ricerca di motivazioni, ha parlato perfino di destinazione alle navi da crociera). Forse la vera vocazione del porto, sarebbe stata quella turistica, ma è stata considerata solo come accessoria, a dimostrazione dell’incapacità di una classe dirigente improvvisata, che merita a pieno titolo l’appellativo di “ciambotto” (nella sua accezione negativa). E, dulcis in fundo, ci ritroviamo l’assessore ai Lavori pubblici, anch’egli vittima di autoesaltazione, che pensa ad un fantomatico lungomare, quando in realtà si vuole continuare nell’opera di inquinamento e stravolgimento ambientale, scaricandovi tutto il materiale del dragaggio, creando una seconda colmata in città e vantandosene pure! E la cifra dei lavori pubblici a Molfetta. Allo stato attuale, è bene precisarlo, il porto va completato: lasciarlo incompiuto sarebbe peggio del male. Il rischio è che alla fine ci terremo questo ecomostro da far studiare alle generazioni future, per evitare che uno scempio di questo genere possa ripetersi. © Riproduzione riservata
Autore: Felice de Sanctis