Nel mio precedente contributo, sull’annoso argomento – il nucleare “all’italiana” - mi chiedevo come fosse possibile pensare di costruire le centrali nucleari nella terra dove non si riesce a gestire la spazzatura, la sanità, la scuola, la giustizia … nella terra di parentopoli, tangentopoli, appaltopoli, mafiopoli ... E non avevo ancora appreso del vile affronto fatto all’Italia – terra del Bunga Bunga e dell’eterna incompiuta, la Salerno-Reggio Calabria - dai Giapponesi: aver ricostruito un tratto di autostrada distrutto da un terremoto d’inusitata potenza, le cui sole scosse di assestamento sono paragonabili ai nostri terremoti più distruttivi – l’Aquila, Irpinia, Belice, Friuli … - nel tempo record di appena 6 giorni. I Giapponesi dovrebbero vergognarsi! Non si sputtanano un intero popolo e i suoi governanti in questa maniera!
Battuta a parte (ma ahimè la notizia è vera, e non è una bufala), mi ponevo anche un interrogativo: se fosse lecito fidarsi di gente che per interesse, corruzione, malversazione sarebbe capace di sotterrare una barra d’uranio, nei nostri giardini. Una metafora? Chissà … Che strana risposta ma, soprattutto che senso ha porsi una domanda del genere? Come si può azzardare il dubbio, che tra la realtà e la metafora non ci sia una netta linea di demarcazione? Infatti, non avrebbe alcun senso porsi un simile quesito in una nazione che da circa 30 anni ha visto arrestare le proprie centrali nucleari, ed ha visto soprattutto i cittadini impedire ai propri governanti – ogni tanto per fortuna accade - di costruirne di nuove. Certo, non avrebbe un senso, e come sarebbe possibile, senza centrali, senza nucleare, continuare ad avere problemi con le scorie, la radioattività e i tumori? Infatti, è impossibile! Ma in una qualsiasi altra nazione, che non fosse l’Italia, però! Incredibile ma vero, i problemi con il nucleare, con le scorie nucleari, li abbiamo avuti ugualmente pur non avendo più centrali nucleari funzionanti da circa 30 anni. E poteva mancare la mafia? Certo che no. E potevano mancare gli insabbiamenti, i depistaggi, le morti sospette, e le tante famose verità ufficiali? Certo che no!
Ho commesso però un errore, nel mio precedente articolo, quando vi ho chiesto: “Ve le immaginate mafia, camorra, ‘ndrangheta a fare a gara a chi sotterra meglio le scorie in qualche parco naturale, o in fondo al Tirreno, con l’affondamento di qualche carretta dei veleni?” Infatti, non c’è niente da immaginare! A distanza di vent’anni, c’è un fantasma che continua ad aleggiare. Era il 14 dicembre 1990 quando la motonave “Rosso” si arenava sulla spiaggia di Amantea, in provincia di Cosenza. Alla fine degli anni ‘80 aveva “legalmente” trasportato rifiuti tossici dal Libano all’Italia, su mandato del governo italiano. Ma il sospetto, alimentato da più inchieste della magistratura e dei mass media, è che la “Rosso” sia una delle “navi a perdere”, contenente materiale radioattivo, destinata inizialmente ad essere illegalmente affondata in alto mare. Ma fu spiaggiata a causa di un imprevisto, il maltempo e privata di un contenuto “scomodo” nottetempo, nascosto a pochi chilometri. Ora che senso ha “abbordare”, una nave piaggiata di notte, la prima notte - è quesito che a tutt’oggi non conosce risposta. Le c.d. verità ufficiali, sovente cozzano maledettamente con la logica… E poi di notte! Perché?
Sappiamo quanto siano “importanti” (rectius: depistanti) in Italia le c.d. versioni ufficiali (Ustica, Piazza Fontana e tanti altri oscuri episodi di una lunghissima e forse interminabile sequela del torbido di una interminabile notte di questa Repubblica). Ma visti “i precedenti” (praticamente tutti), di queste versioni ufficiali (di lì a qualche anno qualcuno sotto gli assalti terroristici della mafia pensò bene di attenuare il 416 bis, giusto per dirne una …), possiamo legittimamente dubitare della veridicità anche di quest’ennesima versione ufficiale . Ebbene, secondo la versione ufficiale, la motonave Rosso subisce una falla all’interno della sua stiva a causa del maltempo che ha sganciato un piccolo elevatore. Il mayday avviene davanti alla costa di Falerna, alla distanza di 15 chilometri, alle ore 7,55. I soccorsi partono subito dall’aeroporto di Lamezia Terme che invia due elicotteri a recuperare l’equipaggio. L’evacuazione dell’equipaggio della motonave avviene alle ore 10 ed un quarto. Ma succede un fatto abbastanza insolito: la nave non affonda, le correnti fortissime la spostano verso il nord della Calabria ed alle ore 14 la nave spiaggia ad Amantea in località Formiciche.
Quando, da parte di chi e come nascono i primi dubbi sulla natura del materiale trasportato dalla motonave? Secondo un rapporto di Greenpeace nel 1989 sono quattro le navi che caricano rifiuti tossici per conto di aziende private o per conto del Governo italiano: la Jolly Rosso, la Cunsky, la Vorais Sporadis e l’Yvonne. Quest’ultime tre sono le navi che un pentito di ‘ndrangheta poi dirà di aver affondato nei mari fra Maratea (Basilicata) e la Calabria.
E’ quindi normale che quando questa motonave “Rosso” si arena sulla costa calabrese si crea un allarme nelle popolazioni. Chi sale sulla motonave la mattina del 15 dicembre? Molte persone vi salgono, ma non è stato mai possibile leggere i verbali e non si sa neppure se qualcuno abbia stilato verbali sulle visite sulla nave. Dagli interrogatori resi alla commissione sui rifiuti e dall’inchiesta fatta dal pm Francesco Greco, sappiamo però che il comandante della capitaneria di porto di Vibo Valentia Marina, sale su quella nave il giorno dopo lo spiaggiamento e dice di aver visto sulla plancia delle carte nautiche e dei fogli con strani simboli triangolari, come se fosse una “battaglia navale”, questo il termine usato da lui stesso.
Che fine fa la “Rosso” e che fine avrebbe fatto il suo presunto contenuto? Il contenuto della nave resta un mistero. La società Messina dichiara che nelle stive della nave ci sono solo tabacchi e generi alimentari scaduti. Appena la nave spiaggia nessuno intervenne per isolarla. Le operazioni di controllo e sicurezza avvengono solo dalle ore 7 del mattino successivo. Nella “notte di Santa Lucia” - protettrice degli occhi dei vedenti, i nostri, e dei non vedenti, quelli delle verità ufficiali - sono parecchi i cittadini che sentono e vedono movimenti attorno alla nave. Ufficialmente il carico finisce in due discariche comunali nei pressi di Amantea. Scarichi che avvengono immediatamente senza alcun controllo diretto da parte delle autorità giudiziarie che si limitano subito a sminuire la portata dell’evento.
Difatti a distanza di qualche mese, il Gip chiude l’inchiesta e dà l’autorizzazione per lo smantellamento, nel giugno 1991, della motonave senza disporre controlli radioattivi su campioni del materiale interno alla nave, senza conservare i pezzi della nave con la presunta falla, senza analizzare per bene tutti i cosiddetti alimenti scaduti all’interno dei vari container. Quali nuovi indizi e testimonianze emergono negli anni? Nel 2005 viene aperta una seconda inchiesta e anche questa è archiviata nel 2009. Ma i fascicoli restano secretati e non sono visibili al pubblico. Perché?
Gli effetti sulla popolazione sono abbastanza rilevanti. Si registrano casi di tumore che superano la media nazionale, in un luogo dove non esiste una sola fabbrica inquinante. Il 18 aprile del 2007 la capitaneria di porto di Cetraro emette un’ordinanza che vieta la pesca in luoghi del mare, coincidenti con quelli segnalati dal pentito Fonti, dove da indagini fatte dall’Arpacal risulta un eccesso nei sedimenti marini di arsenico, cobalto e alluminio. Questa presenza di metalli pesanti la dice lunga su quanto possa esserci nei fondali del nostro mare. Chi preferisce il silenzio sulla vicenda? I soliti per i quali tutto è falso, tutto è complotto! Nessuno ci ha mai spiegato come fa il pentito Fonti a sapere che in quei punti vi erano delle navi affondate.
E’ notizia di questi giorni (
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/03/27/la-scoria-siamo-noi/100346/), da Nord a Sud, sono 23 i siti dove è stata raccolta la "spazzatura" nucleare italiana. E sono a rischio. Solo a Saluggia sono stoccati 80 bidoni di materiale liquido altamente pericoloso. Centrali sì, centrali no? Il vero problema è la monnezza nucleare che rimane, di cui non ci si occupa e che preoccupa. Dunque quando si parla di nucleare bisogna ricordare che le questioni che si aprono vanno poi anche chiuse. Ad aver lanciato l’allarme è Greenpeace, e “buona parte dei rifiuti sono posizionati vicino a sorgenti"
Ci sarebbe tanto altro da scrivere e da dire su questa ennesima strana vicenda italiana della nave spiaggiata, ma il mio compito termina qua; non era quello di ricostruire l’ennesimo mistero della Repubblica, ma di pormi e porre a tutti voi un unico quesito: come verrebbe gestito il nucleare nella terra delle mafie, dei silenzi, dei depistaggi, degli insabbiamenti e soprattutto della Salerno-Reggio Calabria? Ebbene sì, l’interrogativo si è fatto ancora più preoccupante se si pensa che l’atomo è divenuto indomabile financo nella terra del sol levante, oggi ribattezzata dei “sei giorni”, non quelli che son serviti a Moshe Dayan per conquistare il Sinai o la Cisgiordania, e neppure quelli occorrenti a Dio per creare il mondo – la domenica come è noto si riposò - ma quelli occorrenti ai nipponici per ricostruire un’autostrada! Noi, al massimo avremmo utilizzato quei giorni per distribuire le mazzette e truccare le gare d’appalto!
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