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Il j'accuse di Guglielmo Minervini:  
15 febbraio 2007

Per replicare alle accuse dell'attuale amministrazione comunale che ha attribuito la responsabilità dello scandalo giudiziario sull'edilizia ad una delibera del Consiglio Comunale del 1997, è intervenuto – con una intervista concessa a Quindici – Guglielmo Minervini che, in quel periodo, era sindaco della città. Assessore Minervini, la maggioranza di centrodestra al governo della città fa risalire le responsabilità dello scandalo giudiziario sull'edilizia ad una delibera del consiglio comunale del 1997, epoca in cui lei era sindaco, con la quale si elevarono gli indici di fabbricabilità per le aree di completamento da 3 mc/mq a 5 mc/mq. Come replica a queste affermazioni? «Si tratta di un grottesco arrampicamento su scivolosi specchi, da cui il sindaco Antonio Azzollini rischia di cadere rovinosamente. Le opposizioni e i cittadini hanno già detto tutto molto prima della magistratura. Il consiglio comunale nel 1997 riperimetrò, doverosamente, tutta l'area della vecchia 167 e su relazione dell'ufficio elevò l'indice di fabbricabilità. Ma nelle nostre norme tecniche di attuazione era previsto, all'art 33.4, che il riconoscimento di nuovi volumi avrebbe dovuto essere subordinato all'approvazione di un piano particolareggiato dell'area e all'art 15 che il 50% delle aree avrebbe dovuto essere ceduto per risarcire il debito degli standard urbanistici (verde e strade). Se queste procedure, previste dalle Nta, fossero state rispettate, i volumi si sarebbero ridotti a meno della metà e la collettività si sarebbe trovata qualche area a verde e qualche parcheggio in più. Invece, le concessioni sono state rilasciate con sconcertante disinvoltura». Qual'era la filosofia alla base delle scelte urbanistiche che avete fatto in quegli anni? «Per risolvere alcune intricate vicende urbanistiche all'interno della città, nei cosiddetti comparti speciali di completamento, col Prg provammo a individuare un trasparente punto di equilibrio tra interessi privati e interessi pubblici. Ma il sistema congegnato per sbrogliare quelle matasse si rivelò evidentemente troppo stringente per alcuni interessi privati, la cui ombra si allungò specie dopo l'agguato con cui si fece cadere l'amministrazione del centrosinistra proprio per impedire la redazione conclusiva delle norme tecniche. In quei giorni di vuoto amministrativo, nella redazione del testo finale del piano, in molti riuscirono a ottenere significative condizioni di “miglior favore”. Non solo nella 167 ma in tutti gli altri comparti speciali, in questo momento, ci sono pasticci impressionanti: norme illegittime, aree non concesse, palazzi traslati, edifici realizzati nell'alveo delle lame, architetture industriali distrutte, valutazioni generose. Un vero disastro di enormi proporzioni, il nuovo sacco di Molfetta. Un sacco che pagano tutti: la città in termini di scadente qualità e i cittadini con i debiti di una vita e più, mentre pochi, anzi pochissimi ci guadagnano in una misura indecente». Crede che in tutta questa vicenda l'amministrazione comunale avrebbe potuto operare maggiori e più stringenti controlli, dal momento che il dubbio che ci potessero essere irregolarità era stato avanzato sia in consiglio comunale che sulla stampa? «Trovo davvero sconcertante l'atteggiamento del sindaco. Invece di affrontare con la dovuta serietà sul piano amministrativo e politico la vicenda, sembra lasciarsi andare a un singolare esercizio di illusionismo: far sparire se stesso e la realtà dietro un contorto e urlato gioco di parole. Le vicende giudiziarie di questi giorni dovrebbero indurre una seria autocritica sulle scelte politiche degli ultimi anni: invece, quello che parrebbe il responsabile politico della distorsione del piano regolatore agisce ancora liberamente. Il sindaco si ostina a rimuovere tutto, persino il suo ruolo politico di leader della coalizione di centrodestra e di assessore nella precedente amministrazione. Semplicemente con inquietante candore si limita a rinnovare la fiducia a chi non ha impedito che certi scempi avvenissero. Eppure lo sprofondamento nella palude è appena iniziato. Solo tra qualche tempo ci accorgeremo di quello che è avvenuto a Molfetta negli ultimi anni, della rapacità dei nuovi ricchi, della spregiudicatezza di un certo ceto politico, della regressione etica e culturale del costume. Il “partito del cemento armato” sta nuovamente sfilando il portafogli ai molfettesi, impedendo che quelle risorse si traducano in lavoro e sviluppo, cioè in futuro. In fondo, ci sta negando il diritto a quel futuro che con fatica avevamo cominciato a costruire. Per Molfetta è ormai un problema di dignità».
Autore: Giulio Calvani
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