Guardami negli occhi presentato da Giovanni Montanaro al Ghigno di Molfetta
Doppia professione: avvocato e scrittore; un solo compito: rappresentare la vita di chi gliela affida. Questa volta non si tratta di un imputato o di un cliente da difendere, bensì di un personaggio che la storia ha tentato di cancellare, o meglio di ignorare, ma che con il suo sguardo ha stimolato intellettualmente Giovanni Montanaro sin dall’infanzia. Autore di “Guardami negli occhi”, ha presentato il romanzo, edito con la Feltrinelli, confrontandosi con il prof. Michelangelo Basile e con la prof. ssa Isa de Marco alla libreria “Il Ghigno” di Molfetta. La curiosità più immediata la scelta della narrazione in prima persona: un soggettivismo mirato a calarsi completamente nel personaggio di Gheti, più nota come Fornarina e ricordata come il motore delle azioni del mirabile Raffaello. La prospettiva di colei che ha subìto lo schianto della perdita della persona amata risulta più intensa, più travolgente. Il romanzo si presenta come un perfetto intreccio tra arte e letteratura: uno dei pochi quadri firmati “Raffaello” che non è stato commissionato al pittore, ma che è stato dipinto di sua sponte, ha dato vita al racconto di una profonda storia d’amore. Profonda come lo sguardo del dipinto, profonda come la passione che univa i due in quel rapporto clandestino difficilmente accettato dalla Chiesa e dalla borghesia un tempo legate al pittore. Quello sguardo, pur appartenendo ad una fanciulla lontana anni luce dal mondo di Raffaello e dalla sua estrazione sociale, conserva una potenza immane. «Nessuno è mai riuscito a superare Raffaello e nessuno lo supererà mai. Eppure anche un genio come lui si è piegato dinanzi all’amore». Forse Fornarina non è stata la debolezza di Raffaello: semplicemente ha rappresentato il punto forte di un giovane che di umano sembrava avere ben poco per quanto si distinguesse, per le molteplici doti che manifestava, per i capolavori compiuti. Ma “i saldi nodi di Venere” hanno teso la trappola anche a lui, a tal punto che ancora oggi si parli e si scriva di quel dipinto tanto ambiguo quanto affascinante. «Io a Molfetta ci torno volentieri», conclude Montanaro, che i presenti sperano di incontrare con una nuova storia raccontata in una chiave di lettura fresca e moderna, che abbia la finalità non di giudicare ciò che appare, ma di interpretare ciò che si cela. © Riproduzione riservata