La prof.ssa Sara Allegretta lascia la direzione artistica della Fondazione Vincenzo Maria Valente. La notizia è stata ampiamente riportata da testate, social a seguito del comunicato stampa dell’interessata. Ci siamo chiesti le motivazioni e poste domande alle quali la professoressa ha risposto. Perchè ha lasciato la Fondazione Valente? «Sono solo l’ultima in ordine di tempo e forse quella che ha ricoperto più a lungo il ruolo di Direttore artistico. Ma credo che questa domanda andrebbe rivolta anche al precedente Direttore artistico e a quello ancora prima. Se tre seri professionisti decidono di non riconfermare il loro incarico probabilmente la risposta a questa domanda è da ricercare all’interno della Fondazione». Ha collezionato successi, portato artisti di fama internazionale nella nostra città. Quale è l’evento o l’artista che l’ha gratificata maggiormente? «Tutti sono stati gratificanti, nessuno escluso e spiego le motivazioni. Quando ho assunto l’incarico di Direttore artistico ho scelto di non fare programmazioni “copia e incolla” come spesso si è visto e ancora si vede fare da più parti. In realtà, quello che dovrebbe fare un Direttore artistico è creare, non copiare! Pertanto, ho messo in atto un cambio di prospettiva nella concezione del cartellone, ho scelto con cura e ricercatezza ogni evento, ogni concerto, ogni singolo artista, ogni singolo progetto incastonandoli nelle diverse Rassegne pensate per la Fondazione: da Inflammatus a Teatro & Musica, dai Concerti d’estate ai Concerti d’Autunno per concludere con l’Evento di Natale. Non dimenticando i centenari e le celebrazioni più significative, da Pier Paolo Pasolini al centenario di Maria Callas, da Gabriele D’Annunzio a Ennio Flaiano, da Italo Calvino ad Astor Piazzolla, al trentennale dal dies natalis del Venerabile don Tonino Bello. Una nuova visione che ha incontrato il favore crescente del pubblico e della stampa, con uno sguardo sempre rivolto ai giovani talenti pugliesi. Queste le ragioni per cui tutti hanno, per me, un grandissimo valore». La Fondazione ha vissuto una ascesa artistica sotto la sua direzione. C’è qualche artista che avrebbe voluto far esibire e che non ha accettato il suo invito? «Onestamente non mi è capitato in questi due anni, tutti hanno piacevolmente accolto il mio invito, facendomi pervenire anche in queste ore il loro affetto e ringraziamento. Anzi, erano doppiamente felici dell’invito, perché sentivano di far parte di un nuovo progetto, di una precisa Rassegna che ne connotava l’evento, apprezzandone la comunicazione e l’ideazione. E’ per questo che, anche riprendendo la precedente domanda, non posso dire di averne preferito uno ad un altro; ognuno era parte di un caleidoscopio di proposte artistico- musicali di altissimo spessore, sempre con una particolare attenzione alla gestione del budget e senza sacrificare il livello qualitativo. In merito a quest’ultimo aspetto economico, al ruolo manageriale del Direttore artistico ho sempre coniugato una parte emozionale. Desidero, infatti, che il pubblico possa sentire di partecipare a qualcosa che non ha mai visto prima. Cerco di creare un’esperienza attraverso la quale chi vede ed ascolta possa formarsi una sua immagine, una sua emozione e portarla con sé quando torna a casa». Cosa sente di dire ancora ai membri della Fondazione Valente? «Preferisco parlare dell’Ente Fondazione, intesa come strumento ed opportunità per questa città. È una istituzione, ancora oggi, in grado di qualificare l’offerta culturale, ma con i giusti presupposti. Ossia, che tutte le componenti – interne ed esterne – facciano lo stesso gioco e non giochino partite diverse. C’è tanto entusiasmo quando si costruisce un evento, un entusiasmo che raggiunge il pubblico, la stampa, le emittenti televisive, i social, attivando tutta la filiera della comunicazione. Spesso si è rischiato di vanificare tutto ciò a causa della overdose di offerta culturale, soffocando forse quella più qualificante, soprattutto quando non si è agito sinergicamente. In assenza di una programmazione controllata degli eventi sul territorio, in assenza di una visione e di una prospettiva ci siamo spesso ritrovati con una molteplicità di eventi tutti calendarizzati nello stesso giorno. Eppure, la nostra programmazione era stata annunciata con abbondante anticipo, ma questo è stato completamente ignorato. Vorrei evidenziare, ai non addetti ai lavori, che la quantità non è sempre sinonimo di qualità. Dal caos non emerge nulla, se non il caos stesso, è nell’equilibrio e nell’ordine che tutto appare per quello che è. Mi vengono in mente i versi di Charles Baudelaire, che a breve canterò, “Là tout n’est qu’ordre et beauté, Luxe, calme et volupté”. Uno status ancora tutto da raggiungere. In tutte le esperienze che l’hanno coinvolta nella nostra città, lei si è mossa sempre con molta classe e discrezione. Pensa che potrà un giorno tornare alla politica attiva o è incompatibile con la carriera di un’artista in continua ascesa come è lei? «Musica e Impegno sono sempre stati i due grandi progetti della mia vita. Non dimentico, dopo aver cantato nei più grandi Teatri del mondo, di aver cominciato a fare musica in un Coro della mia città, così come non dimentico che quella esperienza ha creato in me un forte senso di comunità, di capacità di ascolto, quell’idea di contribuire a qualcosa che è più grande del singolo individuo. La nostra città vive un momento particolare in cui, se vogliamo veramente andare oltre, dobbiamo impegnarci tutti, prenderci per mano, sostenerci, in armonia e mettere al centro quello che ho chiamato #ilpalcoscenicodelleidee. Personalmente studio Musica da sempre, studio la bellezza della Musica, quasi mai per gli applausi, ma per il potere che ha di cambiarmi, di toccare profondamente le mie corde creando l’ispirazione. Ed è proprio quella ispirazione che va portata fuori, è quella la luce che deve illuminare, quell’intuizione messa a disposizione degli altri, della città. Questo il mio concetto di politica attiva, essere al servizio della comunità con le idee. Quindi, mi sento di dire che tutto è possibile». Studiosa della musica sacra, tra le altre competenze, grazie alle quali ha promosso un festival, l’abbiamo vista scatenarsi nell’esibizione dei Terraròss in una sera d’agosto. Quale anima prevale in Sara Allegretta? «In realtà, ho un passato di molti anni di studio di danza, sia classica che moderna; nelle buone occasioni, come è stato con la musica dei Terraròss, è emersa questa formazione che mi è stata tanto utile soprattutto in palcoscenico, nell’opera lirica. Spesso amata dai registi proprio perché risulto molto versatile, quando è stato necessario ho saputo interpretare, anche con la danza, i diversi ruoli». Cosa consiglierebbe ad un giovane talento della nostra città per la prosecuzione degli studi: rimanere in Puglia o andare via? «Ho sempre avuto grande attenzione per i giovani, sia quando ho ricoperto incarichi pubblici, che con la Fondazione e anche con la didattica in Conservatorio. I nostri studenti sono il futuro, occorre sostenerli, incoraggiarli e investire nella loro educazione – inclusa quella musicale – significa investire nel futuro del pianeta. Oggi mi sento di consigliare degli studi nella nostra regione, ricca di ottime professionalità e di proseguirli fuori sede per specializzarsi. Io stessa ho iniziato gli studi nel Conservatorio di Bari, poi ho proseguito gli studi al Conservatorio di Parma, poi quello di Bolzano e infine a Teramo. Ho sempre pensato che il mondo fosse a disposizione, qualsiasi fosse la mia direzione, ed il lavoro mi ha portato a viverlo il mondo. Quest’anno entrerò in Conservatorio, a Bari, con la gioia di celebrare i miei 30 anni di insegnamento in Musica vocale da Camera. Una pioniera nel 1993, tra le prime docenti in Italia che scelsero di insegnare una disciplina tanto affascinante quanto sconosciuta. Una scelta che, con quel pizzico di incoscienza giovanile, ho sempre portato avanti convintamente, pur avendo vinto anche il concorso per insegnare Canto. Varcherò l’ingresso con la stessa emozione del primo giorno, con lo stesso entusiasmo, con la stessa energia, con lo stesso immutato amore per la musica che, in tutti questi anni, mi ha consentito di far crescere tanti musicisti, che sono riusciti a raggiungere brillantemente il traguardo del Diploma di Laurea. Ai giovani mi sento di dire di credere fermamente nei loro sogni, di creare sempre percorsi nuovi. Non copiate, abbiate il coraggio di osare e usare le vostre idee». Cosa le rimane dell’esperienza come direttore artistico e cosa lascia alla Fondazione Valente? «Tra “esperienza” e “lasciti” resta una sorta di continuum. E’ un percorso segnato dal tempo, un divenire. Un tempo infinito artisticamente. Non ho mai la tentazione di vivere nel passato, mi sento costantemente proiettata nel futuro». Cosa ha in mente di fare ora la prof.ssa Sara Allegretta? «Il mio percorso artistico mi ha vista impegnata, in tutti questi anni, nel più grande repertorio di tradizione. Dal barocco di G.F. Haendel e N. Porpora, nei ruoli che furono di Farinelli, al belcantismo ottocentesco di Proserpine, ai ruoli en travestì del repertorio tardo-romantico francese, ai ruoli wagneriani, ai ruoli dell’opera contemporanea (J.Adams, G. Kurtág, L. Janácek) sempre impegnata in imprese artistiche coraggiose e spesso inedite. Per fare tutto questo bisogna aver studiato molto, bisogna aver imparato a muoversi con intelligenza tra le diverse lingue e repertori di epoche differenti. Oggi mi sento più proiettata verso progetti meno consueti, più tesi alla fusione delle arti, come è stato quello su Dante nel 2021 e quello dedicato a Gabriele D’annunzio nel 2022 e 2023, entrambi esportati all’estero. Progetti più legati al concetto di Musica, Mondo e Letteratura. Desidero oggi usare la mia voce per lanciare messaggi di speranza, di bellezza e di pace, puntando sul bello e sulle emozioni, sull’arte come spazio di condivisione e crescita collettiva». Nulla da aggiungere se non l’augurio del raggiungimento di sogni, di obiettivi anche per la nostra comunità. “Là tout n’est qu’ordre et beauté, Luxe, calme et volupté”, citazione calzante. Ad maiora, prof.ssa Allegretta. © Riproduzione riservata