Caro Direttore mi permetto di chiederti se puoi inserire per il prossimo anno queste letture filosofiche nel tuo giornale Quindici. Nessuno in questo periodo di crisi parla dell’università e invece ritengo che bisogna ripartire proprio da questo se vogliamo proporre una narrazione credibile per il prossimo millennio. L’università italiana sta attraversando un momento di profonda crisi dovuta al fallimento del 3+2. Il reclutamento di forze giovani è nei fatti bloccato da anni (vi sono circa centomila dottori di ricerca inoccupati). Specialmente nelle facoltà umanistiche insegnano ancora vecchi matusa particolarmente esperti in pratiche clientelari e nel nepotismo più sfrenato. Tutto questo incide sulla proposizione di una narrazione per il prossimo millennio. Le letture che verranno proposte (fra l’altro si trovano anche on line su Facebook) sono intese a colmare le paurose lacune messe in campo dalle università di regime sempre più destinate alla penosa funzione di parcheggio e di controllo della forza lavoro intellettuale. Il quadro di riferimento, le coordinate culturali saranno fornite dal post-strutturalismo e dalla filosofia della decostruzione, problematiche sulle quali Marino Centrone ha lavorato negli ultimi vent’anni. Percorsi nella filosofia del Novecento Lettura I Pensiero formale e materialismo dell’incontro Lettura II Positivismo logico Lettura III Filosofia analitica Lettura IV Falsificazionismo Lettura V La distruzione della ragione Lettura VI L’opera filosofica di Jean Cavaillès Lettura VII Sigmund Freud e la Psicoanalisi Lettura VIII Surrrealismo e futurismo Lettura IX Post-strutturalismo Lettura X Scuola di Francoforte Lettura XI Strutturalismo Lettura XII Marxismo Lettura XIII Operaismo Pensiero formale e materialismo dell’incontro E’ un viaggio nella cultura filosofica del Novecento inteso ad individuare alcuni momenti ed indirizzi di pensiero che ne hanno caratterizzato l’immagine su scala mondiale. Sotto questo profilo non è una storia della filosofia in compendio, ma vuole aprire una prospettiva, un punto di vista, uno sguardo sui principali movimenti culturali che hanno animato il dibattito nel secolo scorso ed ancora oggi si propongono come nodi problematici, sentieri da seguire nella ricerca degli anni a venire. Nel corso della lettura si troveranno alcune reticenze, alcune lacune, ma si troveranno anche autori che sono stati rimossi nei normali manuali di storia della filosofia, autori scomodi, autori eretici rispetto al dettato degli apparati ideologici di stato (scuola e università). Si tratta di una storia delle idee, la History of ideas che hanno rappresentato buona parte della cultura del Novecento. Perché i filosofi sono portatori di idee che vengono elaborate in un contesto societario, mentre la storiografia corrente propone alcuni giganti del pensiero staccati dai movimenti di massa. La storia delle idee, la storia della filosofia è nella sua essenza un confronto dialettico, una battaglia culturale nella teoria: da quale parte stare, dalla parte del pensiero imperiale, il pensiero del comando sociale oppure dalla parte del pensiero turbolento e magmatico della ecceità, le ecceità della storia, gli uomini che a volte nel silenzio fanno la storia, le storie. Karl Marx con le sue insuperabili intuizioni ha sostenuto che la storia del mondo è un rapporto continuo e conflittuale fra forze produttive e rapporti di produzione; l’intelletto generale, il general intellect, si struttura come rapporto dialettico fra i bisogni della forza-lavoro, della multitudo e il piano del capitale mondiale, fra il pozzo e la piramide, fra chi trasporta i cesti di pietra e chi dirige i lavori per la costruzione della piramide. Lo stesso scenario può essere proiettato nella storia del pensiero, il pensiero che governa, la governance e il pensiero lacerato, a volte emarginato delle masse. Fra queste due forme di pensiero non c’è continuità, ma rottura, coupure, opposizione paradigmatica. Louis Althusser è stato uno dei più lucidi interpreti del tempo presente e del rapporto che la filosofia marxista deve instaurare con l’inerzia della realtà attuale, con l’inamovibilità della realtà imperiale. I riferimenti nelle cartelle che scriveva fra i ricoveri in clinica dopo l’assassinio della moglie e i momenti di lucidità sono alquanto espliciti; il ritorno a Marx aveva lo scopo di indicare la strada in una fase in cui i soggetti erano ‘perduti’ e ‘senza punti di riferimento’ sul piano politico, culturale, intellettuale, i soggetti smarriti. Il materialismo aleatorio a cui fa riferimento o materialismo dell’incontro, è una filosofia della contingenza e della disseminazione contro ogni possibilità di composizione o di chiusura del cerchio come avviene nella filosofia hegeliana. Il materialismo dell’incontro in cui gli atomi epicurei possono o non possono incontrarsi, il sublime piano di immanenza spinoziano in cui i soggetti operano, creano, desiderano e fanno mondo. I filosofi che nella cultura occidentale hanno contribuito a definire una filosofia dell’incontro, uno spazio dell’incontro, un materialismo dell’incontro sono stati Epicuro, Macchiavelli, Spinoza, Hobbes, Rousseau, Engels, Marx, Heidegger, Derrida. “Rousseau diceva che con i bambini e gli adolescenti, l’arte dell’educazione sta tutta nel saper perder tempo. Anche l’arte della critica storica sta nel sapere perdere abbastanza tempo perché i giovani autori si facciano grandi. Questo tempo perso non è che il tempo che diamo loro per vivere. “Althusser sempre negli anni Ottanta era alla ricerca di quella purezza della teoria marxista che aveva costituito il nucleo centrale delle sue prime ricerche e che in questa fase individuava nel materialismo dell’incontro. A suo parere l’atomismo di Epicureo era stata la prefigurazione, sul piano cosmologico, di questo tipo di problematica: gli atomi epicurei possono o non possono incontrarsi, possono o non possono dare vita a realtà più complesse; non esiste un impianto meccanicistico o deterministico nell’universo epicureo, ma una pluralità di spazi virtuali che inducono il pensiero di una realtà dai confini sempre aperti. L’altro pensatore che ha dato dei contributi al materialismo dell’incontro è stato Macchiavelli; visse in un periodo storico in cui l’Italia era frammentata in piccoli stati rivali e sognava l’unità del nostro paese. Nel Principe, opera destinata a costituire un punto di riferimento per il pensiero politico di tutti i tempi, egli pensò di fornire l’itinerario che un principe (Cesare Borgia) doveva seguire per poter realizzare il suo progetto di costruzione di uno stato. Naturalmente questo nuovo protagonista doveva essere dotato di virtù, la capacità di rendere funzionali gli eventi al proprio progetto. Il principe si muove in uno spazio storico e la fortuna indica l’insieme delle circostanze e degli eventi che permettono il compimento delle azioni messe in campo. L’uomo di Macchiavelli ha davanti a sé un numero infinito di possibilità, l’esistenza di un piano virtuale, di una concezione del reale non predeterminata che vede nell’umanismo il nuovo corollario del pensiero contro la concezione provvidenziale della storia ereditata dal Medioevo. La concezione prammatica della storia introduce nella filosofia una inversione di tendenza che ispira tutte le prospettive teoriche rivolte all’immanenza. Quello del Macchiavelli è, infatti, un pensiero dell’immanenza e si muove in uno spazio libero; come il protagonista del Principe, l’uomo è dotato di una potenza creativa che gli permette di rendere funzionale la fortuna alle proprie scelte. L’immagine più opportuna, l’animale più opportuno per esprimere questa condizione è la volpe che non deve essere assunta come simbolo della furbizia, ma dello slancio vitale. Cesare Borgia o il duca Valentino è figlio di un papa, non avendo ottenuto il riconoscimento della paternità, gli è stato concesso come risarcimento un piccolo ducato in Romagna, terre che in quel periodo appartenevano alla Chiesa. Valentino è solo al mondo, senza padre, ma piuttosto che costituire un elemento di debolezza, per Macchiavelli questo costituisce un elemento di forza, Valentino è in condizione di avviare il processo di unificazione dell’Italia, la sua volontà può esprimere una potenza di vita in grado di realizzare ciò che nessuno, nemmeno il levriero di Dante, ha mai osato. Per Althusser il non avere padre è una condizione favorevole e non è un caso che attribuisce questa condizione a tre grandi del pensiero Nietzsche, Marx e Freud. I grandi senza padre inaugurano nuovi continenti teorici, anche se la storia fa pagare questa scelta in modo caro. L’antistoricismo, il non aver un padre, il non avere una storia è elemento di radicalità teorica, è elemento di rottura e di discontinuità. E’ questa la divergenza con Gramsci, il nuovo principe di Gramsci, che si muoveva nell’orizzonte teorico e strategico della III Internazionale, quando i partiti comunisti lottavano per la liberazione dei popoli dai fascismi, non esiste per Althusser perché i partiti sono dei morti in piedi, i sindacati sono dei morti in piedi, gli intellettuali di regime sono dei morti in piedi, gli sciocchi come Glucksmann sono dei morti viventi. Con la lettura di Macchiavelli si andava in quegli anni definendo quel dispositivo teorico che in seguito avrebbe assunto la forma del materialismo dell’incontro o materialismo aleatorio. Althusser confessa che quella scoperta è anche legata all’incontro amoroso con una bellissima donna; con lei visse e visitò i luoghi del Valentino, Cesena, in quei giorni cominciò la lettura delle sue opere. Le pagine dedicate a Macchiavelli propongono anche un nuovo stile di scrittura, la prosa diventa incalzante, spezzata da riferimenti agli eventi degli anni ’80; la comparsa sulla scena politica di avventurieri, commedianti, attori e cantanti, Reagan in America e Montand in Francia, il preludio a quel personaggio da cabaret, tale sarebbe stato Berlusconi in Italia. Althusser leggeva in quegli anni prima di impazzire Macchiavelli e Derrida, l’ultimo dei grandi, perché la lista dei grandi stava per essere chiusa, perché pennivendoli e nuovi filosofi, i nouveaux philosophes, stavano invadendo il mercato. L’attacco alle categorie totali, l’ingenua fiducia nella razionalità di tipo formale e calcolatorio, la rimozione definitiva di un pensiero complesso.