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Emozionando le poesie di Mariella Binetti
15 gennaio 2010

Vorrei trovare parole di luna / che brilla nel deserto / e ascoltare il tuo canto / libero tra le dune. Sono versi della pregevole raccolta poetica “Emozionando” di Mariella Binetti (Nuovocentrostampa, 2009), impreziosita dalle estrose illustrazioni di Gianluca de Pinto e dalla postfazione en artiste di Francesco Tammacco. Il “contributo volontario ricavato” dalla silloge sarà devoluto “a Emergency per il centro Salam di cardiochirurgia di Khartoum in Sudan”. Quella di Mariella Binetti è una poesia del silenzio: un silenzio che, come rileva Tammacco, “si colora di versi” e diviene la più alta, toccante forma di comunicazione tra esseri umani, unitamente alla musica, la quale spesso assume cadenze di nenia. Tutto in “Emozionando” diviene musica: il risuonare di una campana, per Pascoli messaggero dell’estrema sera, per Mariella assurge a simbolo di una mistica quiete; l’eco di un amore perduto; il muto messaggio di speranza sussurrato da ‘stormi’ di nubi. Il moto della natura tutt’intorno si tramuta in lieve danza, che riceve linfa da un “vento fresco” e, a suo modo, salvifico. Le sensazioni che scaturiscono dall’incontro d’amore sono assimilate a un “caos inesprimibile” per dolcezza; si risolvono in incanto, mentre i pensieri nuotano verso mete inusitate. L’anafora in “E...”, che si sposa con il polisindeto, introduce un epigramma dalle cadenze classicheggianti, in cui si rinnova il motivo dell’estasi, in una sinfonia dei sensi che si alimenta di fuoco e brividi, del chiarore stellare come della tenebra notturna, della caducità di un attimo quanto del triumphus aeternitatis. L’uomo ruba scintille d’immortalità a un tempo che tutto smarrisce, per poi riporle in uno “scrigno incantato”, che, con l’ausilio del sogno, mitiga il dolore di ogni umana partenza. Struggente la lirica “Stagioni”, cui la poetessa affida il ricordo di un temporaneo distacco, poi rivelatosi un addio. “L’autunno mite /raccolse il meglio di noi”, recita la Binetti, lasciando intendere che anche dal rimpianto di una separazione possa fiorire un sentimento di dolce tenacia. Fondamentale in tale direzione la mediazione garantita dai ricordi che, a volte, rassomigliano a “madrepore e coralli” celati nei recessi psichici. Talora la dimensione della memoria induce a ripercorrere melanconicamente “i viali del passato”, mentre l’io si dissocia dall’immagine di sé che lo specchio restituisce impietoso, finendo col configurarsi quale gliuommero nel suo perenne divincolarsi: “mi perdo / e mi ritrovo / senza finire / in me”. In certi casi balena la possibilità di vincere l’impari lotta contro il tempo, ma forse è solo un’illusione quella del gioco “delle lancette ferme” con cui la protagonista di “Abat-jour” è alle prese in una “casa rifugio”. Non di rado, però, gli anni medicano le ferite, il mare “lenisce” il dolore e la piaga d’amore, che sembrava dover condurre all’annichilimento, risana, perché “non si muore d’amore”. La contemplazione del paesaggio in “Emozionando” non è mai disgiunta da uno ‘sguardo’ sui sentimenti umani, come in un plenilunio che si nutre, con struggente eleganza, di bisticci tra “lampade” e “lampare” e di canti di pescatori. I cromatismi non rispondono mai a una funzione meramente esornativa, ma vibrano all’unisono con le partiture della psiche: il buio è un “amante riservato”; la malinconia dell’io è pennellata d’un tono “più nero del nero”, che contrasta con “la luce gialla dei lampioni”. Nella silloge trova spazio anche la poesia dell’infanzia negata, in “Sergey”... Presenza costante è quella del vento: uno dei componimenti più rappresentativi della raccolta, nel musicale persistere dell’anafora, invita il lettore a domandare a quest’ultimo dove abbia disperso i “pensieri / aquiloni colorati librati in volo” e ora magari “stesi al sole”, tra le rocce. Con una serie di “poesie dedicate” si chiude il libello, che ripercorre le stagioni del sogno come della maturità, disvelando “le pulsioni dell’amore” o smascherando l’ipocrisia. Contro ogni rimozione, il canto dell’io si dispiega ora con furtiva malinconia, ora trionfante per la scoperta, inattesa, di “oasi di libertà”. Emozionando.

Autore: Gianni Antonio Palumbo
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