Don Salvatore Pappagallo, un musicista visionario raccontato da Giovanni del Vescovo
Un quaderno della scuola Dvorak e un Cd di Disgressione music per ricordare il Maestro a 5 anni dalla scomparsa
MOLFETTA - A cinque anni dalla scomparsa del M° Don Salvatore Pappagallo, la scuola popolare di musica Dvorak presenta il primo volume della raccolta “Quaderni di cultura musicale” presso il Museo Diocesano della città.
La serata, risultato di una collaborazione tra la scuola Dvorak, l’etichetta discografica Digressione Music e la cooperativa FeArT, si è articolata in due fasi. La prima ha visto la presentazione del libro “Don Salvatore Pappagallo Storia di un musicista carismatico”, scritto dal Prof. Giovanni Antonio del Vescovo, con la testimonianza del Prof. Saverio Mongelli. La scuola Dvorak ha inoltre colto l’occasione per presentare “Don Salvatore, musicista visionario”, il primo di una serie di dischi sul M° Don Pappagallo.
L’evento ha dato spazio a cultori della musica e figure legate al M° Don Salvatore Pappagallo quali il Prof. Giovanni Antonio del Vescovo, autore del volume, Lazzaro Nicolò Ciccolella, presidente della scuola Dvorak, il M° e direttore del Conservatorio N. Piccinni di Bari Gianpaolo Schiavo, il M° Nicola Scardicchio, compositore e docente di Storia della musica presso il Conservatorio di Bari, l’editore musicale Girolamo Samarelli e il M° Mauro Pappagallo, docente di organo e composizione organistica presso i conservatori di Torino e Pescara, nonché fratello di Don Salvatore.
La seconda parte dell’evento, invece, “ha dato voce” proprio al M° Don Pappagallo, attraverso l’esecuzione di un inedito mottetto a cappella intitolato “Caelorum lumen influit”. Il brano è stato cantato dall’Ensemble vocale Dvorak, composto da studenti del Conservatorio di Bari, e diretto dal M° Matteo Salvemini. Il mottetto risale all’estate del 1980 ed è stato ritrovato nell’archivio del M° Don Salvatore Pappagallo. “È un brano fuori dalle norme, rivoluzionario. Lascerà gli ascoltatori allibiti”, afferma il Prof. del Vescovo poco prima dell’evento. “Il brano è stato scritto, ma mai proposto al coro della scuola Dvorak, e penso che ascoltandolo capirete il perché di questa scelta”, aggiunge Lazzaro Nicolò Ciccolella, lasciando intendere la complessità del pezzo.
Don Salvatore o, così come lo dipinge il M° Schiavo, “quel sacerdote col turbante” è stato il fulcro della serata. Più che mera presentazione di un libro, l’evento è stato un ensemble di ricordi, che hanno riportato alla memoria dei presenti il grande lavoro, l’esperienza e la dedizione di Don Salvatore in campo umano, musicale e religioso. Infatti, la scuola Dvorak ha cercato di riportare alla luce, e perché no tramandare, il messaggio rivoluzionario di Don Salvatore: “Una musica non borghese, che non scenda a compromessi, popolare e che combatta l’analfabetismo musicale. Messaggio che si è ormai perso”, dice il Prof. del Vescovo.
L’evento è stato, inoltre, un sunto del progetto sul quale la scuola Dvorak sta lavorando. Si tratta della realizzazione di un archivio in cui verrà registrato tutto il lavoro del M° Don Salvatore Pappagallo. Tuttavia, sottolinea il presidente Ciccolella, “questo non sarà un archivio della polvere”. Esso, infatti, è teso a “far camminare questo padre della musica nella storia” e a trasmettere il suo lavoro ai posteri. Il progetto verrà supportato da un neo-ensemble, sia vocale che strumentale, che avrà il compito di mettere in pratica il messaggio di Don Salvatore mediante lo studio della musica Novecentesca: l’obbiettivo è quello di dar voce agli autori viventi, per evitare che l’ignoranza portata dallo sviluppo tecnologico “prenda il sopravvento” sugli uomini.
“Don Salvatore era un sacerdote dall’aspetto bonario, tenacia e forza interiore”, racconta il M° Schiavo, “era risoluto nelle sue convinzioni”. Durante l’incontro, l’essenza di questo personaggio è stata riassunta mediante tre aggettivi. Don Salvatore era carismatico, in quanto la sua personalità esercitava fascino, attrazione e potere di persuasione sugli altri. Il secondo aggettivo che lo caratterizza è visionario, perché egli riusciva a cogliere “l’irrealtà della realtà” formulando progetti irrealizzabili, spiega Girolamo Samarelli; Samarelli continua dicendo che egli era uno dei pochi individui “compatiti come pazzi, venerati come poeti e perseguitati come corruttori di masse”. Ma ciò che più distingueva Don Salvatore era il suo essere inattuale, atemporale, fuori dal coro. Era “strano”, dice Giovanni del Vescovo, per una Molfetta degli anni Settanta parlare di “scuola popolare di musica” e di polifonia.
Il M° Scardicchio descrive invece Don Salvatore Pappagallo come “uno e trino”: un maestro, un compositore e un direttore che non viveva di fama, bensì vedeva la musica come “strumento fondamentale di elevazione spirituale”. Lo ricorda come “interprete delle esigenze musicali”, e come avverso a coloro che non erano “sensibili” alle ultime: “Gliene diceva di tutti i colori!”, esclama. “La musica doveva essere bella per lui”, aggiunge infine il M° Scardicchio.
Durante la serata, Girolamo Samarelli afferma che vi è un debito culturale e spirituale che la Chiesa dovrebbe ancora risarcire a Don Salvatore Pappagallo: “Dovevamo impedire ai laici di trovare posto”, afferma, sottolineando la scarsa presenza di personalità religiose durante l’evento, e facendo riferimento a quell’ “invidia” che si è spesso creata da parte della Chiesa nei confronti di Don Pappagallo. Anche il M° Mauro Pappagallo fa appello alla Chiesa, suggerendo che l’eccezionalità di Don Salvatore veniva proprio dalla sua fede in Dio e che per lui l’essere prete era più importante dell’essere musicista.
La conferenza termina con l’invito di Mauro Pappagallo a fare un forte applauso al M° Don Salvatore Pappagallo: la platea si alza ed applaude il Maestro, creando un’atmosfera di unità quasi familiare, quel contatto che lo stesso Salvatore cercava con la gente. Infine, l’Ensemble musicale Dvorak esegue l’inedito e complesso “Caelorum lumen influit”, “arrampicandosi”, come ha spesso detto Lazzaro Nicolò Ciccolella, verso l’alto, e chissà verso lo stesso don Salvatore.
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Autore: Mirianna la Grasta