Di Vittorio e la CGIL, se ne è discusso ieri a Molfetta
Anche Nichi Vendola, presidente della Regione Puglia, fra gli intervenuti al convegno organizzato dalla Camera del Lavoro CGIL di Molfetta, con il patrocinio del Comune di Molfetta e la collaborazione della Fondazione Di Vittorio e “Casa Di Vittorio”
MOLFETTA - E stato proprio ciò che un convegno dovrebbe essere, una riflessione sul passato, un esercizio di memoria, ma allo stesso tempo un'occasione di analisi del presente, il convegno “L'attualità della figura di Giuseppe Di Vittorio”, organizzato ieri nella sala consiliare dalla Camera del Lavoro CGIL di Molfetta, con il patrocinio del Comune di Molfetta e la collaborazione della Fondazione Di Vittorio e “Casa Di Vittorio”, in occasione dei cent'anni della CGIL e del 50° anniversario della morte di Giuseppe Di Vittorio.
Peccato che sia aleggiato in molti degli interventi un certo senso di sconfitta, nella consapevolezza che molte delle battaglie combattute dal sindacato e da Di Vittorio, molte delle conquiste che si davano per acquisite, tornano attuali e ancora tocca lottare per il riconoscimento della certezza del tempo del lavoro e di diritti fondamentali.
“La cosa più sconvolgente – ha affermato all'inizio del suo intervento Nichi Vendola, presidente della Regione Puglia, uno dei relatori – è la contraddizione fra la vecchiezza delle immagini (quelle della mostra allestita alla sala dei Templari) e l'attualità dell'esperienza e della figura di Di Vittorio”. Vendola ha ricordato quanto sia stato importante il sindacalista di Cerignola nel portare a considerare il lavoro non come fatto che riguardi il singolo, ma “come costruzione di un corpo sociale, di una classe si sarebbe detto allora”, il lavoro come elemento fondamentale della cittadinanza, riconosciuto dall'art. 1 della Costituzione anche grazie all'insistenza del Di Vittorio costituente. Ma, ha concluso il presidente della Regione, “da questo punto di vista abbiamo perso, siamo tornati indietro, al lavoro come solitudine, senza coscienza di classe”.
Giuseppe Di Vittorio è stato ricordato nella molteplicità e ricchezza della sua biografia, bambino avviato al lavoro nei campi a Cerignola, autodidatta, leader delle lotte dei braccianti contro gli agrari in Puglia, segretario della CGIL, combattente con le Brigate internazionali in Spagna, costituente, comunista atipico.
Una vita che attraversa la storia del Novecento, ma che, ha affermato Adolfo Pepe, direttore della Fondazione Di Vittorio, nel suo assai veemente intervento, “non può essere trasformata in un santino”. Per Pepe, Di Vittorio è stato soprattutto un sindacalista rivoluzionario pugliese, espressione diretta delle lotte e dei conflitti violenti che attraversarono le terre di Puglia fino all'affermazione della dittatura di Mussolini, che aderì nel '24 al Pci per combattere il fascismo, guidando un sindacato che, lo ha ribadito con grande ricchezza di argomentazioni, “è stata l'unica spina dorsale di questo paese”. Un uomo che, ha aggiunto Pepe “è stato sì un grande italiano, ma un grande italiano del mondo del lavoro, non di tutti, i suoi valori, i suoi ideali, il suo essere hanno una precisa radice culturale, politica, sociale che non è e non può diventare di tutti”.
Nel convegno c'è stato anche grande spazio ai ricordi, quelli che hanno subito portato alla commozione, come tutti i presenti sapevano sarebbe accaduto, Mimì Spadavecchia che nel suo saluto iniziale ha richiamato la tessera della CGIL presa 45 anni fa, da marittimo, e mantenuta nel lavoro e nelle lotte di operaio alle Ferriere di Giovinazzo, dove la figura di Di Vittorio era assai viva, per la capacità non solo di organizzare gli operai nel combattere per i propri diritti, ma anche di ascoltarne le ragioni, fino a stracciare un accordo già firmato con un ministro, perché questi gliene avevano fatto capire l'insostenibilità.
Anche i ricordi del sindaco Antonio Azzollini che, più che la memoria di Di Vittorio, ha commemorato, nonostante fossero presenti fra il pubblico e ancora disponibili alla lotta politica, Sandrino Fiore e Minguccio Bellifemmine, che alle battaglie sindacali lo avviarono quando era ancora ragazzo e non era stato ancora folgorato sulla via di Arcore.
Assente Baldina di Vittorio, figlia di Giuseppe Di Vittorio, vittima di uno spiacevole incidente domestico, è toccato ad Alba Sasso, vice Presidente della Commissione Cultura della Camera, e a Pietro Colonna, segretario generale provinciale della Cgil – Bari, chiudere l'incontro moderato da Giuseppe Filannino.
E si sono aggiunte altre tessere al mosaico, un leader deciso a tenere uniti i lavoratori, in un sindacato inteso come “strumento di realizzazione democratica del processo emancipativo”, per l'on. Sasso. Un sindacalista ancora capace di indicare la strada ai lavoratori in un momento difficile come questo per l'Italia, nell'intervento molto calato al presente di Pietro Colonna.