Comitati di quartiere e nuove forme di socializzazione a Molfetta
MOLFETTA - C’è chi, ultimamente, ironizza sulle tante iniziative in difesa delle piazze, dei quartieri e dei luoghi di socialità che stanno nascendo a Molfetta. Sono iniziative eterodirette – dicono - che, tra l’altro, frammentano la città in mille rivoli non comunicanti fra loro. In realtà, i percorsi che stanno animando le piazze e i quartieri manifestano un bisogno di partecipazione che investe la città intera. C’è la necessità di riappropriarsi degli spazi della socialità, di strapparli al degrado e di renderli il luogo di radicamento della vita comunitaria. Non è un percorso semplice e privo di difficoltà. Il rischio principale è quello di considerare il quartiere in senso privatistico e di ricondurre le istanze a rivendicazioni personali, chiuse rispetto al resto della città. Per questo è necessario evitare che questi percorsi restino confinati a singole iniziative o a cartelli isolati. Sono necessari processi di confronto e condivisione che includano gli abitanti, accolgano le loro istanze e ne facciano la posta in gioco per un percorso di crescita dei quartieri e delle piazze nella loro esposizione alla città tutta intera. In questo momento tanti sono i quartieri protagonisti di processi di soggettivazione che, in diverse modalità, stanno rianimando strade, piazze, spazi comuni: il quartiere Catacombe, piazza Principe di Napoli (foto), piazza Paradiso, il quartiere 167 e molti altri. Il dato fondamentale è che si comincia ad assumere l’importanza di rendere i quartieri e le piazze vivibili, perché non esistono soggettività sganciate dal proprio contesto sociale. Solo a partire da percorsi di condivisione è possibile affermare una cultura dal basso che si sviluppa attraverso la mescolanza di saperi ed esperienze e che tesse la stoffa di un senso comune dello stare insieme, di un orizzonte in cui far crescere la comunità e gli spazi in cui essa si radica. Non è facile, si tratta di percorsi che richiedono un radicamento profondo e che non possono esaurirsi in iniziative astratte proposte da avanguardie sganciate dal contesto cittadino. L’inclusione è un percorso lento, in cui la riappropriazione degli spazi va di pari passo con l’approfondimento dei bisogni di una comunità e dei suoi desideri, al fine di una progettualità che coinvolga l’intera città e ne faccia la posta in gioco nello slancio di queste esperienze verso il futuro. Da troppo tempo la città era anestetizzata e ridotta a forme di godimento istantaneo ed estemporaneo, come i grandi concerti a pagamento negli spazi pubblici, nel cuore della città, sul porto. Oggi c’è una città che vuole riappropriarsi dei propri spazi, che vuole riempirli di contenuti, delle proprie vite che si relazionano e avviano percorsi culturali, di difesa del territorio, di progettazione condivisa. E non si tratta di una delle tante richieste parassitarie, che chiedono una realizzazione dall’alto, per grazia di natura, di nuove forme di svago e di dispendio del proprio tempo. E’ un’esperienza che vede tanti cittadini protagonisti in prima persona, che vogliono impegnarsi attivamente per rimodulare i propri tempi e le forme dello stare insieme. C’è un tensione essenziale che comincia ad animare le forme di relazione a Molfetta, quella che lega i cittadini al proprio contesto urbano, che non è più concepito come qualcosa di estraneo, da riempire di attimi di vita senza senso, ma che è il polo eminente della propria stessa crescita personale, a cui si legano in maniera indissolubile forme di vita, esperienze di soggettivazione, nuove forme di socialità. Non c’è più tempo per aspettare, nella riappropriazione della città è in gioco il futuro di una comunità che vuole essere protagonista del proprio futuro.
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Autore: Giacomo Pisani