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Chiesa evangelica e di lotta una risposta al mio bisogno di giustizia
15 giugno 2018

Nel ’68 avevo 14 anni, i calzini corti e il grembiule nero. Era l’anno delle prime versioni di greco e del primo amore. Il mio mondo ruotava intorno ad un cerchio ristretto in cui gli affetti familiari e le complicità fra amiche “del cuore” costituivano un nucleo solido, da cui partire per incursioni in una sfera sociale molto limitata, costituita dal mondo della Chiesa Cattolica: pur contro il parere della mia famiglia, vi avevo aderito per un bisogno profondo di giustizia sociale, di valori evangelici da seguire totalmente, con lo slancio tipico della prima adolescenza, del tutto inconsapevole delle contraddizioni esistenti fra questi e l’istituzione secolare. Questi valori si concretizzavano nell’adesione volontaristica ad iniziative come le raccolte di indumenti usati per Mani Tese o l’organizzazione di piccole aste per il mantenimento scolastico di giovani del continente asiatico: sentivo confusamente che lo squilibrio generato dal colonialismo occidentale doveva essere sanato, ma non avevo ancora acquisito la consapevolezza che lo strumento doveva essere la politica, che io stessa, col mio stile di vita, contribuivo a quello squilibrio. In linea con questo slancio egualitario, i miei idoli, nel ’68, erano Martin Luther King e Bob Kennedy, entrambi assassinati in quell’anno, entrambi coinvolti nelle lotte per i diritti civili dei neri. I loro discorsi, trasmessi in bianco e nero dalla RAI, mi colpivano molto più delle immagini televisive del maggio francese, troppo lontane dal mondo ordinato in cui vivevo. Seguivo con attenzione, invece, le occupazioni delle Università italiane e i discorsi che in casa si facevano su di esse: delle rivolte giovanili non condividevo lo scontro generazionale, poiché vivevo in una famiglia in cui si discuteva di tutto e che mi lasciava molta libertà di scelta. Non ero in grado di generalizzare e misuravo il mondo in base alle mie emozioni ed esperienze. Tuttavia, sentivo di poter condividere la critica alla scuola di classe: sapevo benissimo che alcune delle mie amiche delle medie avevano abbandonato gli studi per motivi economici e condividevo la loro rabbia. La stessa rabbia che provavo nei confronti dello studio nozionistico ed estenuante a cui ci sottoponevano i nostri insegnanti del Ginnasio. Non riuscivo a comprenderne l’utilità, né a coglierne il nesso con la vita vissuta: avrei voluto una cultura che mi aiutasse a trovare il mio posto nel mondo, a chiarire i grandi interrogativi dell’esistenza. Confidavo nella filosofia e nella storia del Novecento che avrei studiato negli anni successivi. Intanto, anche nella Chiesa Cattolica si agitavano nuove realtà nate dagli spazi venutisi a creare con il Concilio Vaticano II: il nostro viceparroco ci parlava dei preti operai, delle Comunità cristiane di base, dell’Isolotto di Firenze, in particolare, dove si praticava una Chiesa “orizzontale”, che non solo osava sfidare il potere gerarchico sul piano liturgico, ma osava suggerire che bisognava prendere posizione sulle sperequazioni, sugli attentati sistemici alla dignità umana, sulla miseria economica, sociale e culturale creata dai regimi politici. In questa Chiesa, evangelica e di lotta, pensavo di aver trovato una risposta al mio bisogno di giustizia, anche se la mia assoluta ignoranza dell’analisi marxista della realtà e dei suoi addentellati con questa “teologia della liberazione”, mi impediva di comprendere il motivo per cui queste comunità e i loro sacerdoti venivano posti all’indice. Unica innovazione nata da tante discussioni, fu la realizzazione della messa beat da parte del gruppo giovanile della mia parrocchia! Bisognerà attendere il ’69, l’occupazione della mia scuola, le letture dei volantini che giravano per l’istituto, il contatto con i ragazzi del V anno, perché si creasse quel corto circuito tra aspirazione ad un mondo migliore e impegno politico che caratterizzerà gran parte della mia vita. Oggi ho 64 anni, sono in pensione e sono tornata al volontariato: significherà qualcosa? © Riproduzione riservata

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