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Apprezzato il libro “Se mi rilasso collasso – trent’anni di storia di una band improbabile” della storica Bandabardò alla libreria “Il Ghigno”
23 settembre 2024

MOLFETTA – “Quando ho ricevuto da parte di Donatella, instancabile e attivissima libraia de “Il Ghigno – Un mare di storie” di Molfetta, l’invito a presentare “Se mi rilasso collasso” della storica Bandabardò sono stato profondamente onorato, emozionato e felice per tanti motivi che si intrecciavano in maniera inestricabile. Prima di tutto è bello interagire con una libreria che è un autentico presidio di indipendenza e amore per la “bibliodiversità”,e poi c’era il piacere di inaugurare “Storie Italiane”, la rassegna estiva de “Il Ghigno” che senza arrendersi mai offre alla cittadinanza e alla comunità molfettese e dei paesi limitrofi iniziative stupende che, va detto con per riconoscenza, richiedono a tutto lo staff tante energie, fatica e risorse.
L’incontro del 27 Luglio con la Bandabardò era davvero degno di una rassegna intitolata “Storie italiane” visto che la band ha attraversato, anzi vissuto in maniera impegnatissima, gli ultimi trent’anni della storia d’Italia.
Il loro libro “Se mi rilasso collasso – trent’anni di storia di una band improbabile” è una autobiografia tanto rigorosa quanto atipica e originale.

Preparandomi all’incontro ufficiale con la band ho apprezzato la dolcezza e precisione dei ricordi trascritti nel libro così come l’umiltà e l’autoironia nel ripercorrere le avventure di una lunga carriera. Uno degli aspetti più “istruttivi” è stato notare come l’autoironia si facesse lucidissima autocritica quando alcune tappe del percorso artistico non erano ritenute all’altezza degli standard della band. Con un racconto a cuore aperto ci spiegano i loro successi e insieme confessano quali brani sono meno riusciti, quali scelte artistiche e di gestione della carriera sono state sbagliate: una vera lezione per tanti, artisti e non, che vivono per una costante autocelebrazione e sono incapaci di autocritica.
Il libro è un racconto onestissimo anche quando si parla della triste perdita del cantante e poeta “Erriquez” Greppi. Con un episodio tanto doloroso e con una carriera tanto lunga il rischio di farsi prendere dalla nostalgia è in agguato, ma sarebbe una ingiustizia nei confronti di musicisti che della “vitalità” hanno fatto un marchio di fabbrica.
Ecco perché, nell’incontro col pubblico a cui la band al completo si è generosamente offerta, le mie domande hanno schivato quanto più possibile un tono nostalgico, perché le canzoni della Bandabardò, quelle più vecchie come le nuovissime scritte con Cisco Belotti, hanno un fermento che sfida il tempo.
I primi capitoli del loro libro raccontano quanto fosse stimolante la scena musicale fiorentina dei loro esordi, e tanti dei personaggi di quella scena, poi divenuti star, hanno fatto parte della vicenda della Bandabardò; lo stesso Piero Pelù ha tenuto a battesimo la banda (e il chitarrista “Finaz” ancora suona spessissimo nei progetti solistici di Piero).
Amicizia, ma anche arte, determinazione, preparazione e impegno si incrociavano per le strade a quei tempi dando vita a prodotti che ancora restano classici. Ci spiegano i musicisti: “I tempi sono cambiati e i mezzi anche. Senza cedere alla tentazione di dire che era meglio prima, bisogna ammettere che è tutto troppo diverso, a partire dal fatto che sono cambiate le città e diminuite o annullate le occasioni di incontro diretto in cui, nelle sale prove, nei locali, si suonava e ci si stava addosso continuamente, contaminandosi l’un l’altro. Magari in futuro, con mezzi e modi nuovi, ci sarà lo stesso fermento”.

La musica della Bandabardò è stata tutt’uno, non semplicemente colonna sonora, con una stagione della società italiana in cui un movimento fresco e impegnato diceva che “un altro mondo è possibile”.

La poesia e la combattività del gruppo hanno rappresentato bene uno spirito sognatore ma politicamente attivo. Nel libro come nell’intervista la lucidità di analisi della banda è degna di un saggio di politologia. Quei valori e quel movimento hanno subito una trasformazione anche a causa della tracotante pressione politica che ha forzato ogni ragione: dalle violenze antidemocratiche del G8 di Genova fino alla grottesca votazione in aula parlamentare di “Ruby Rubacuori nipote di Mubarak” quel movimento, e tutta la nazione, sono stati offesi e indeboliti.
Ma la Banda non ha ceduto alla disillusione e ha reso più capillare e sociale la propria battaglia. Infinite e tutte da leggere, seguire e sostenere sono le sue attività nel sociale, e se prima si poteva sperare in un interlocutore politico per la realizzazione di un progetto ora lo si vive coinvolgendo chi è vicino.
Tutto questo pulsare di valori vibra nella musica, suonata in maniera sempre fresca eppure virtuosa e stupefacente, da vera live band. La Bandabardò il 27 Luglio, pur avendo poco tempo a causa di un imminente concerto, si è donata con generosità alle mie domande, alle domande del pubblico e alle conversazioni del firmacopie.
E quella sera, subito dopo i saluti alla Libreria e ai presenti, la Banda è andata a suonare a Mola di Bari. Insieme a tanti altri che hanno partecipato alla presentazione del libro ho assistito al concerto facendomi travolgere da una scaletta che univa i loro grandi classici a quelli scritti da Cisco Belotti, che alla band si è aggregato un anno dopo la morte di “Erriquez” per permettere che ancora quelle canzoni meravigliose proseguissero il loro viaggio nei concerti.
Bellissimo vedere ancora e sempre la gente ballare su quelle note e cantare a squarciagola i testi illuminanti di “Erriquez” Greppi.
La musica può cambiare il mondo? Forse no, ma certamente la Bandabardò dimostra che non ci si arrende al silenzio, perché l’arte produce energia che tiene vivi valori fondamentali, energia che ci dà la forza di tenere aperta una libreria per offrire alla comunità incontri con artisti importanti, di lavorare faticosamente, nel quotidiano, ognuno secondo i propri talenti, perché un altro mondo è possibile”. 

Raffaele Tedeschi
Reportage fotografico Sebastiano Petruzzella

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