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Annalisa d'Arco in cerca di martirio e santificazione
15 gennaio 2016

Tutti contro tutti, si potrebbe sintetizzare così la situazione politica a Molfetta, soprattutto nel centrosinistra e in particolare nel Pd che rischia di implodere per le bizze della consigliera Annalisa Altomare che ormai si sente la Giovanna d’Arco della situazione. Scossa dalle «apparizioni sovrannaturali» di Lillino Di Gioia, Annalisa, come la famosa Giovanna, si sente chiamata a guidare l’esercito degli sbandati del centrosinistra e degli sconfitti del centrodestra, per condurre la sua crociata contro la sua rivale di sempre, il sindaco Paola Natalicchio, per strapparle il titolo di «Pulzella (politica) di Molfetta». Una battaglia personale contro il «diavolo», che sta cercando di travolgere assetti di potere consolidati, di cambiare abitudini di una città abituata all’illegalità diffusa, cercando di ripristinare quelle regole del vivere civile, dimenticate in anni di malgoverno dell’ex sindaco Antonio Azzollini. Aveva ragione la scrittrice e giornalista americana del secolo scorso Mignon McLaughlin quando affermava che «Sono le persone più infelici, quelle che più temono il cambiamento». Chi spinge Annalisa a questa guerra santa? Le lobby dell’edilizia (qualche personaggio è sempre presente ai suoi comizi), continuamente affamate di cemento in una città dove le case restano invendute e non vengono nemmeno ritirate le licenze edilizie già concesse? Intanto, qualche penna spuntata dell’ultima ora, referente di un sito on line, che si proclama libero, ma in realtà si dimostra molto vicino ai due ex Dc, va sostenendo che il motore del progresso e dello sviluppo della città è stato sempre nel mattone. Signore perdona coloro che non sanno quello che dicono! Altre pressioni vengono dal centrodestra e da quel centro di scuola democristiana che si trasforma nel magma della politica ed è pronto, come nella peggiore tradizione dello scudo crociato, a preparare le imboscate al nemico di turno. La situazione più calda resta quella interna al Partito democratico diviso in tre correnti incapaci di esprimere al momento una sintesi politica. L’ultimo caso in ordine di tempo riguarda il consigliere comunale Roberto La Grasta che, il 23 dicembre scorso, ha formalizzato le dimissioni dalla presidenza della Commissione Affari Generali. Eletto con la lista civica “Signora Molfetta”, La Grasta ha compiuto una prima giravolta politica a novembre del 2013, iscrivendosi, a pochi mesi dalla sua elezione, al Partito democratico, con l’allora segretario Giulio Calvani. Le motivazioni espresse in un comunicato furono la volontà di impegnarsi all’interno di una organizzazione partitica di respiro nazionale rafforzando così il ruolo del partito (che passava a 8 consiglieri) a sostegno dell’amministrazione. E si schiera con Annalisa che, votando contro la propria maggioranza di centrosinistra, si è posta di fatto fuori del Pd, con buona pace del segretario provinciale Ubaldo Pagano, che, nelle sue contraddizioni, non sa che pesci prendere? Durante il passaggio delicato della scorsa primavera, che ha portato alla segreteria del PD Piero de Nicolo e messo fuori tutti i sostenitori di Guglielmo Minervini nelle elezioni regionali, Roberto La Grasta è stato molto attivo e vicino alle posizioni del nuovo segretario, con cui condivide la passione calcistica per il “Borgorosso”. Adesso questo legame, che sembra essersi incrinato a settembre con la nomina dei nuovi assessori del Pd e con l’aspettativa delusa che lo stesso La Grasta ha nutrito di essere indicato come assessore, (aspirazione che coltivava da tempo, già al momento del passaggio al Pd, come “Quindici” aveva già ipotizzato in passato con un articolo di Onofrio Bellifemine, articolo che ha provocato, inconvenienti del nostro mestiere, una reazione scomposta, stizzita e in-tollerante dell’interessato fino a toglierci il saluto e a cancellarci da Facebook: sic!), si sarebbe definitivamente spezzato. Come dimostra l’ultima lettera firmata da La Grasta con Annalisa Altomare e gli altri consiglieri del Pd acquisiti Sergio De Pinto e Lia De Ceglia, che accusa proprio De Nicolo di non aver condiviso alcuni passaggi di fine anno con il partito. Siamo dunque al repentino passaggio con armi e bagagli nel “gruppo di Annalisa”? Da “Signora Molfetta” alla Dc? Democrazia e cambiamento, il movimento presentato a dicembre dalla consigliera, sempre più agitata, del Pd, Annalisa Altomare. Roberto la Grasta avrebbe comunque rinnovato la tessera col Pd, ma questo contribuisce solo a complicare le cose. Forse la sua permalosità potrebbe essere sintomo di scarsa cultura democratica, di chi non sa accettare le critiche: sicuramente è una brava persona, ma probabilmente è più tagliato per fare l’avvocato che il politico. Se uno che decide di fare politica non accetta la legittima e costituzionale libertà di critica, è meglio che resti a casa e nessuno lo «disturberà» più. Il Partito democratico, intanto, dovrebbe essere forza di maggioranza, ma le ultime continue assenze in consiglio comunale mostrano che le cose non vanno proprio così. Piero de Nicolo aveva annunciato le dimissioni al 31 dicembre 2015, quindi oggi il partito dovrebbe essere senza guida e diviso tra il gruppo che ha espresso i due assessori e quello del mal di pancia, capeggiato da Annalisa Altomare, che già a luglio aveva chiesto tramite la segreteria provinciale di entrare in giunta per risolvere la crisi. Chissà cosa ne pensa ora il segretario provinciale Ubaldo Pagano, anch’egli snobbato più volte, come il segretario locale, che sembra avere difficoltà a controllare il partito. Ma vista la tenacia e la linea di rinnovamento del sindaco Natalicchio oggi la questione non riguarderebbe più le poltrone, ma il destino della stessa amministrazione che Annalisa d’Arco (leggi Lillino Di Gioia) vorrebbero a tutti i costi far cadere, complice l’avvicinarsi della finestra elettorale delle amministrative di maggio. Consegnando la città a mesi di commissariamento e blocco e stravolgendo la volontà popolare. Una scelta che risulterebbe irresponsabile, a danno della città, solo per soddisfare ambizioni politiche personali. Tra l’altro, è ormai evidente a tutti, come la questione non sia più politica, ma personale: di rivincita, per lei sulla Natalicchio e per Di Gioia sull’eterno nemico Guglielmo Minervini. E la città può subire le rivalse personali di dinosauri, bocciati ormai dall’elettorato, che non vogliono rassegnarsi all’oblio e rallentano il cambiamento in atto? È proprio vero: «Ogni società onora i conformisti vivi e i suoi rompiscatole morti», ammonisce ancora la McLaughline. Mentre il centrodestra, incapace di esprimere una reale alternativa, resta aggrappato alla balena bianca e alle uscite del solista stonato Mariano Caputo. Silenti Lia de Ceglia e il dott. Sergio de Pinto: non un commento da loro in conferenza stampa, non una adesione, ma documenti firmati in fotocopia (yes men?). Oggi il Dup, domani il regolamento della socialità, dopodomani il Piano urbano della mobilità sostenibile. Chissà cosa direbbero sul comparto 18, il cui accordo andrebbe ratificato in Consiglio. Forse non vogliono approvarlo, diversamente da quanto proclamano in pubblico, è solo una scusa per questione di poltrone fino al punto di volere la crisi amministrativa nello stile della peggiore Dc e della peggiore prima repubblica. Sono questi provvedimenti consiliari che languono in attesa di una sintesi politica tutta interna al Partito democratico. Hanno quindi un nome e un cognome i responsabili del blocco della città su queste tematiche, non le bugie proclamate sui manifesti di “Cambia verso” dalla coppia politica Di Gioia-Altomare, impegnati in una campagna acquisti, senza risparmi e con molte (false) promesse. Poi c’è il caso del consigliere Onofrio Pappagallo eletto anch’egli nella lista “Signora Molfetta”, che sembra accusare anch’egli spasmi assessorili e avrebbe deciso di prendere le distanze dal sindaco, non presentandosi in consiglio comunale. Anche lui è stato avvicinato dall’Annalisa d’Arco che sta raccogliendo le sue truppe per marciare alla conquista del palazzo, raccogliendo le firme per far cadere la sua amministrazione comunale? Una vergogna della quale la novella Pulzella, dovrà rendere conto alla città. Forse Annalisa spera nel martirio e nella santificazione, ma dovrà passare prima dal rogo. Inoltre, l’esperienza dimostra come i voltagabbana vengano sempre penalizzati dall’assessorato: forse dovrebbero tenerlo presente i malpancisti dell’ultima ora. Insegnavano le nostre nonne che chi troppo vuole, nulla stringe. L’amministrazione fa ciò che le compete per cambiare e mandare avanti la città, ma questa imbarazzante classe politica di centrosinistra non aiuta a finire i lavori nelle commissioni e approvare i provvedimenti la cui competenza spetta al Consiglio Comunale. Insomma, un meschino disegno: non la volontà di andare avanti, ma quella di paralizzare tutto per dare la colpa ad altri del blocco dei provvedimenti, nella speranza di guadagnare consensi politici ed elettorali. Così noi a Molfetta da una decina d’anni a questa parte, continuiamo a farci male da soli. Che si faccia presto chiarezza. Che i protagonisti di questa vicenda escano allo scoperto e dicano da che parte stanno: con il sindaco e l’amministrazione o all’opposizione. A cominciare da Roberto La Grasta per finire ad Annalisa Altomare, che ponga fine alla sua ambiguità. Perché i cittadini poi consapevolmente possano farsi una loro opinione. Il sindaco Paola Natalicchio, come rivelato in esclusiva e in anteprima nell’intervista sul numero del mensile “Quindici” di dicembre, è determinata e pronta eventualmente anche a una ricandidatura. Questa guerriglia di documenti, queste battaglie interne con cui si consumavano le segreterie e gli incarichi nella prima repubblica e in cui sguazzano oggi i protagonisti del Pd, per età anagrafica e trascorsi politici, pare faccia presa tristemente anche sui più giovani esponenti della politica locale. Intanto il sen. Antonio Azzollini, abbattuto dalle sue vicende politico-giudiziarie e dalla frantumazione del centrodestra, sembra essersi ringalluzzito grazie alle divisioni interne al Pd e spera in un accordo con Annalisa e Lillino per ritornare al potere. Del resto Azzollini è un campione di trasformismo. Anche qui, però, qualcuno ha sbagliato i suoi conti: il senatore alla fine metterà solo i suoi uomini fidati, come ci ha insegnato il “cerchio magico della Nutella” e tanti resteranno con un pugno di mosche in mano. La prima repubblica, come ci ricorda Checco Zalone, con la colonna sonora del suo film, non si scorda mai.

Autore: Felice de Sanctis
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