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Ancora spiaggiamenti di tartarughe e cetacei sulle coste di Molfetta
29 aprile 2014

MOLFETTA - Le mareggiate sono diventate per i tecnici la cartina tornasole per la definizione di quanto sta accadendo alla nostra fauna marina in particolar modo alle tartarughe ed ai cetacei.

Purtroppo le mareggiate, sia quelle invernali sia quelle estive, continuano a restituirci puntualmente decine e decine di carcasse di animali ed in primis le tartarughe. Si proprio loro. Quelle che facilmente possono trovarsi intrappolate nelle reti a strascico, nelle reti da posta oppure appese ad un amo. Il più delle volte, pescatori molto sensibili le riportano a terra, affidandole per le verifiche cliniche ai centri di recupero preposti, ma altrettanto spesso capita che vengano ributtate in mare, e lasciate al proprio destino: morte per annegamento!

A questo si aggiunge l’inquinamento del nostro mare, dai metalli pesanti alla plastica, tra le cause che assieme alla pesca al momento sono responsabili di questa ecatombe.

Ormai sono diventate tante, troppe: in soli due giorni nel tratto di costa di Molfetta ne sono state contate ben cinque. Tutti esemplari di grosse dimensioni, tutte femmine e, se fossero rimaste in vita, potenzialmente mature per la riproduzione. Sulla costa di Giovinazzo, invece, si è spiaggiato un tursiope di circa 3 metri, mentre una piccola tartaruga (23 cm di lunghezza carapace) è stata recuperata da alcuni cittadini in difficoltà lungo la costa di Cozze. Quest'ultima, che ritrovata in stato di ipotermia per il freddo di alcuni giorni fa, presentava anche amo e lenza che le fuoriesce dalla bocca.

Un quadro desolante per Pasquale Salvemini, responsabile del centro di recupero tartarughe marine di Molfetta, un contesto che dovrebbe vederci tutti protagonisti, dai pescatori in primis, alle istituzioni e ai cittadini nella salvaguardia di questa specie, in forte declino!

Ed è proprio per questo che il centro di recupero tartarughe di Molfetta in collaborazione con la Facoltà di Medicina Veterinaria di Bari, all’Università La Sapienza di Roma e all’Università di Camerino farà partite a giorni alcune azioni di ricerca proprio nell’Adriatico. Importanti risulteranno le collaborazioni con il servizio veterinario delle ASL locali, con le forze di polizia, a partire dalla Polizia Municipale, e con le Capitanerie di Porto.

Per gli esemplari morti saranno previsti prelievi di tessuto per analisi genetiche (da effettuare sulle carcasse in avanzato stato di decomposizione), necroscopia per accertare le cause di morte per le carcasse ancora in buone condizioni nonché prelievi di campioni per scopo scientifico che saranno elaborati dalle facoltà citate..

In questo caso sarà possibile indagare esclusivamente tramite individui morti sulle cause antropiche (ad esempio ami o lenze, annegamento, buste di plastica o per altri fattori antropici come le sostanze inquinanti). Inoltre, l’utilizzo di esemplari morti fornisce un importante contributo allo studio di altri aspetti biologici ed ecologici come la dieta e i siti di nidificazioni di origine degli esemplari, tramite l’esame del contenuto stomacale, il profilo isotopico, i marcatori genetici.

Insomma un importante passo verso la conoscenza più approfondita di questi animali.

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