A Molfetta torna a fare capolino la politica per passione
La folla che ha accompagnato la prima uscita pubblica di Giovanni Infante come candidato sindaco fa ben sperare. Sinceramente, ho difficoltà a ricordare tanta gente ad un comizio organizzato da Rifondazione comunista, e non vuole essere questa una nota di demerito nei confronti del partito, che anzi ha sempre mostrato grande tenacia e capacità di radicamento territoriale. Forse, però, neanche quando Gianni Porta, 5 anni fa, è stato candidato sindaco dell’intero centrosinistra (ad esclusione del PD, che ha sostenuto Tommaso Minervini) c’è mai stata tanta gente a Corso Umberto. Ed è solo la prima iniziativa della campagna elettorale. Tutto questo è incoraggiante da diversi punti di vista, che eccedono il posizionamento rispetto agli schieramenti in campo e che investono, piuttosto, la capacità della cittadinanza di attivarsi in vista della realizzazione bene comune. Negli ultimi tempi abbiamo assistito, purtroppo, ad un appiattimento dei ragionamenti e delle strategie politiche sul mero calcolo matematico. Con questo non voglio sminuire la matematica, che anzi è fra le discipline che più mi affascinano per la sua capacità di astrazione, e quindi di creare oltre il dato materiale. In questo caso, però, parliamo di una matematica spicciola, che fa i conti sulle persone, semplificando ed isterilendo i fattori in gioco. Perché basare tutto sul calcolo dei voti sminuisce non solo il valore della politica, ma anche delle persone stesse. Le considera dentro pacchetti di voti trasferibili da una parte all’altra, ne annulla personalità, desideri, aspettative, le riduce a variabili dipendenti della scelta di qualche altro. La composizione degli schieramenti in vista di queste elezioni amministrative va quasi sempre letta all’interno di questa grammatica. Del resto, è vero che quasi sempre questa lettura funziona, che nella maggior parte dei casi c’è poco da fare: i voti sembrano incollati a certe persone, i cosiddetti “portatori” di voti, e non sembrano esserci fattori in grado di smuoverli. Può succedere di tutto, la situazione non cambia. Questo sicuramente soprattutto per merito dei candidati in oggetto, che evidentemente sanno coltivare la propria base sociale. Eppure nel frattempo aumenta l’astensionismo, ma soprattutto, una volta ogni tanto – molto raramente in verità – scatta qualcosa. Succede che tutte quelle dimensioni che quel modo di fare politica rimuove, riconducendo tutto al calcolo dei pacchetti di voti, vengano fuori, facciano irruzione e scompaginino le carte. Emerge il voto come variabile impazzita, la politica del desiderio e delle passioni, che esplodono oltre ogni tentativo di calcolare, comprimere, manovrare, veicolare. Lo abbiamo visto in passato, è stato raro, ma è successo, ed è stato bello. La vittoria di Guglielmo Minervini nel 1994, la rimonta di Paola Natalicchio nel 2013, che al ballottaggio ha capovolto ogni pronostico inziale, sulla scia dell’entusiasmo. In queste rare situazioni, come una chimera, è apparsa un’altra direzione, un’altra grammatica possibile. Non c’era più calcolo che reggeva, la politica aveva intercettato l’onda dell’entusiasmo, la voglia dei cittadini di cambiare, di decidere in prima persona il proprio futuro, come membri di una collettività. Non contavano più le promesse, le amicizie, i voti già dati e calcolati. Si è votato per cambiare rotta, con gioia, senza pensarci. Non sempre il futuro di queste amministrazioni è andato come sperato, ma questo è un altro discorso. La partecipazione al primo comizio di Giovanni Infante ha riacceso qualche scin- tilla. Non intendo dire, con questo, che gli altri schieramenti non siano animati dalla passione, che all’interno di essi non ci siano persone che fanno politica per vocazione, senza altri fini, ci mancherebbe! Ci sono tanti amici e amiche che so che amano la politica e si candidano per servire la città. Tuttavia, a prevalere, in molti casi, soprattutto nella definizione di strategie e schieramenti, è ancora quella logica del calcolo, quel primato di una matemati- ca spicciola, che fa i conti sulle persone come fossero birilli o soldatini. E allora ci piace pensare che quei bi- rilli, ad un certo punto, come già è ac- caduto, mostrino a tutti quanto è bello essere persone pensanti, che gioiosamente, e un po’ follemente, decidono e si autodeterminano. Oltre i calcoli, oltre le previsioni, perché anche la statistica, spesso, fa i conti senza l’oste. E nell’urna non c’è nessuno a controllare: è questa la grande sfida, e anche la grande bellezza. È il fatto che alla fine “people have the power”, come recita uno verso di una straordinaria canzone di Patti Smith, che a Molfetta abbiamo avuto modo di innalzare come manife- sto sulle barricate, contro la politica dei padroni.