A Gabriella Caputi la borsa di studio Walter Palombella
Walter Palombella Diciotto marzo 2001, trentuno marzo 2007. Sono passati sei anni dalla tragica scomparsa di Walter Palombella e i genitori, come ogni anno da quel 2001, anche in questo hanno voluto rinnovare il ricordo del loro giovane figlio in quanti lo conoscevano, stimavano e in chi, soprattutto, ha seguito le sue orme scolastiche. Ed è proprio nella sala Finocchiaro, nella Fabbrica San Domenico, che la famiglia Palombella, con il patrocinio del Rotary International, sezione di Molfetta, ha consegnato sabato 31 marzo la borsa di studio in nome di Walter, ad una giovane e promettente ragazza, Gabriella Caputi, che, diplomatasi con il massimo dei voti presso il liceo classico di Molfetta, ha scelto di proseguire i suoi studi universitari in campo umanistico, iscrivendosi al primo anno della facoltà di lettere di Bari, curriculum cultura letteraria dell'antichità. Inevitabile è stato il ricordo di Walter nelle parole del padre, nonché presidente del Rotary di Molfetta, dott. Luigi Palombella, il quale ha rievocato le qualità fisiche ed intellettuali del figlio, che “riusciva bene in tutte le cose che faceva”, dallo sport allo studio, che irradiava vitalità a quanti lo circondassero. Inevitabile e consueto, come ogni anno, è stata anche la focalizzazione su quella che è stata la passione portante nella vita di Walter. L'amore per i classici, per quel mondo latino e greco che stimolava i suoi studi, le sue ricerche, e il suo cuore. E proprio intorno a questa tematica, così complessa e piacevole al tempo stesso, si è snodato l'intervento della professoressa Rachele Tateo, ospite dell'incontro, nonché preside e docente di latino e greco in pensione. La particolarità del discorso affrontato è risieduta essenzialmente nella contestualizzazione e modernizzazione che la professoressa ha fatto della classicità, analizzando a tal proposito la figura di Senghor, meglio conosciuto come primo presidente del Senegal, che attraverso la sua attività e il suo impegno politico, ma anche culturale con le sue liriche, ha portato all'attenzione dell'occidente la questione africana, servendosi di importanti strumenti interpretativi, mutuati proprio del mondo classico, così apparentemente lontano dalla sua Africa, ma in realtà così universalmente radicato in tutto il mondo. Anche lui fu colpito dalla perdita del figlio ventitreenne nel 1983 e, in seguito a questa disgrazia, scrisse un'elegia, che può essere considerata la summa del suo pensiero, del suo impegno per la collettività e del suo profondo sostrato, africano e classico. Senghor proveniva da una famiglia facoltosa, commerciante di arachidi, cattolica, ma anche saldamente ancorata alle tradizioni animiste del suo villaggio, da una famiglia grazie alla quale ebbe la spinta di partire per l'occidente europeo e affermare i suoi ideali, fondati sulla Negritudine, neologismo da lui creato. Negritudine è dialogo, sensibilità africana, maniera di essere africano, che non può e non deve prescindere dal rapporto con la classicità. Per Senghor, la conoscenza del latino e del greco, lingue ricchissime semanticamente, non può che essere utile per il Senegal, paese che ha bisogno di regolarità ed efficienza, tipiche classiche, per razionalizzare la visione del mondo africana. Queste, per Senghor, sono lingue che l'africano che si affaccia alla civiltà deve sapere. Lingue che Walter conosceva alla perfezione e amava. Lingue che sono la base fondante degli studi intrapresi dalla giovane e brillante Gabriella Caputi, neo- premiata per questa sesta edizione della borsa di studio “Walter Palombella”.
Autore: Gagriella Valente