Voci libere: storie di ordinaria tortura
L’impegno di Amnesty International a Molfetta
“La vita sta pian piano tornando in città, anche se molti muri e porte
sono ancora pieni di pallottole. Ci sono anche molti più mendicanti per
strada, fra cui tanti orfani. Durante l’attacco dei ribelli l’anno
scorso, centinaia di persone sono state uccise; a molte altre sono
stati tagliati via gli arti o sono stati cavati gli occhi. Molti dei
mendicanti per strada sono mutilati”. Ecco le dure parole di Isaac
Lappia Presidente di Amnesty International in Sierra Leone. A migliaia
di chilometri di distanza il gruppo Amnesty Italia 236 di Molfetta,
insieme ai gruppi di Prato e Palermo, si sta occupando del caso.
L’obiettivo è l’Istituzione di una Corte Speciale per la Sierra Leone,
sulla base di una decisione del Consiglio di Sicurezza dell’O.N.U
dell’agosto 2000. Il metodo utilizzato da Amnesty per la realizzazione
di questo obiettivo è la RAN (reti di azione regionali). Le Regional
Action Network sono una delle tante tecniche adottate da Amnesty, per
difendere coloro che sono vittime di violazioni di Diritti Umani. Lo
strumento per creare sempre più “Voci Libere”, in questo caso è un
lettera contenente un appello circostanziato, firmata da un singolo
cittadino ed inviata al Governo o alla parte politica che calpesta i
fondamentali Diritti dell’Uomo. La RAN altro non è che un mezzo di
denuncia e di risoluzione pacifica di ogni tipo di conflitto, come
quello che per nove anni ha insanguinato la Sierra Leone, un tentativo
per sanare un bilancio di centinaia di morti e vittime di amputazioni.
I diamanti della Sierra Leone, ecco i principali colpevoli di una delle
guerre civili più brutali dell’ultimo scorcio di secolo. Un conflitto
che non avrà mai fine se non si riesce a portare in tribunale gli
artefici di queste brutalità.
La guerra civile ebbe inizio nel 1991, in concomitanza con l’arrivo
della vicina Liberia dei ribelli del Fronte Rivoluzionario Unito. Dopo
qualche mese, un colpo di stato militare ha portato al potere il
Consiglio Nazionale Esecutivo Provvisorio (NPRC), che ha dominato il
paese fino al 1996. Gli anni di Governo del NPRC sono stati segnati da
violenti scontri con il Fronte Rivoluzionario Unito. Nel marzo del
1996, segue alla dittatura militare dell’NPRC un Governo civile
guidato dal presidente Kabbah, vincitore delle elezioni parlamentari di
quell’anno.
Dopo le elezioni sono continuati gli scontri tra il Fronte
Rivoluzionario Unito e i soldati governativi alleati con le forze di
Difesa Civile composte dai Kamayor (cacciatori tradizionali) fedeli al
Presidente.
Nel novembre del 1996 è stato ratificato un trattato di pace che
prevedeva l’intervento di un gruppo internazionale il cui specifico
compito era quello di controllare il rispetto degli accordi: il cessate
il fuoco, il disarmo e la smobilitazione.
Dopo circa sei mesi il governo del Presidente Kabbah è stato destituito
con un colpo di stato militare guidato dal Consiglio Rivoluzionario
delle Forze Armate, che successivamente ha raggiunto un accordo con i
ribelli del Fronte Rivoluzionario Unito. Il nuovo regime prevedeva:
Costituzione sospesa, i partiti politici soppressi, manifestazioni
pubbliche proibite.
Nel febbraio 1998 un nuovo contingente militare, il Gruppo di
monitoraggio per il cessate il fuoco ha costretto i “golpisti”; ad
abbandonare il potere permettendo al presidente Kabbah di riprendere le
sue funzioni. I militari riorganizzatisi dopo la perdita del potere
hanno iniziato ad avanzare verso la capitale del paese, occupandola nel
gennaio del 1999.
Il 7 luglio dello stesso anno è stato raggiunto un accordo di pace tra
il Governo e l’opposizione armata, che prevedeva un’amnistia per tutti
i crimini compiuti dal 1991 fino a quel momento, in più le parti in
causa hanno deciso di costituire una commissione per la riconciliazione
e la verità per far luce su quanto accaduto durante i nove anni del
conflitto senza però attribuire a tale commissione potere giudiziario.
Dopo l’accordo i capi delle fazioni in lotta Sankok e Koroma hanno
rivestito incarichi ufficiali all’interno del Governo, ciò nonostante
le loro rivalità politiche si sono nuovamente trasformate in una
violenta lotta armata.
Per porre fine alle ostilità nell’agosto del 2000 il Consiglio di
Sicurezza dell’O.N.U., ha deciso di istituire la Corte Speciale per la
Sierra Leone, i lavori stanno procedendo lentamente, soprattutto per
mancanza di fondi che dovrebbero essere recuperati sulla base di
contributi volontari degli Stati membri. In seguito a questa decisione,
a più di un anno dalla risoluzione la sua realizzazione non è ancora
iniziata.
Clara Spagnoletta
Martedì 27 novembre a cura di Amnesty Gruppo 236 Molfetta
Incontro con il giornalista Ray Choto, torturato in Zimbabwe
Nella sala Turtur il Gruppo 236 Molfetta di Amnesty International in collaborazione col periodico "Quindici" organizza, per martedì 27 novembre alle ore 19, un incontro dal titolo: "Voci libere: storie di ordinaria tortura"; con Ray Choto (nella foto), Segretario Generale "Associazione dei Giornalisti indipendenti dello Zimbabwe" (la traduzione simultanea verrà effettuata da Gaetano Cataldo).
Interventi di Clara Spagnoletta - Referente educazione diritti umani Gruppo Amnesty 236 e del Dott. Felice de Sanctis – Direttore periodico "Quindici" e giornalista della “Gazzetta del Mezzogiorno”.
Durante l'incontro verrà allestita la mostra fotografica e proiettato il video: "Non sopportiamo la tortura".
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Ray Choto è caporedattore di "The Standard" (giornale dello Zimbabwe) attualmente Segretario Generale della "Associazione dei giornalisti indipendenti dello Zimbabwe". Il giornalista, può essere considerato un simbolo della lotta pacifica per la libertà di stampa. Arrestato nel gennaio 1999 a seguito di un articolo circa un presunto tentativo di colpo di stato militare, accusato di "pubblicazione di notizia falsa in grado di causare allarme e sconforto" è stato sottoposto ad atroci torture in un carcere militare. E' stato rilasciato due giorni dopo l'arresto, in seguito alle proteste di Amnesty International.
Amnesty International ritiene fondamentale svolgere un opera di promozione e di educazione ai diritti Umani perché "se i diritti umani devono essere rispettati, essi devono essere conosciuti e compresi da tutti. E' solo con la pressione di una opinione pubblica informata che i governi possono essere pacificamente persuasi a convertirsi dall'oppressione e a rispettare la dignità dell'uomo e i diritti dell'individuo, dei gruppi e delle comunità”.