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Vincere l’indifferenza, il populismo e la xenofobia
15 gennaio 2017

I morti nel mar Mediterraneo che si aggiungono a quelli ai confini della ‘fortezza Europa’ ci ricordano che il primo naufragio è stato quello delle coscienze. Ancora oggi le parole di Don Luigi Ciotti riecheggiano nelle orecchie e nei cuori delle circa 10 mila persone che parteciparono alla Marcia della Pace tenutasi a Molfetta poco più d’un anno fa. Sono parole forti e profonde, come forti e profonde sono le assurdità che portano tantissime persone a fuggire per via mare e terra per cercare di sopravvivere a viaggi di speranza, tra guerra e fame. Purtroppo non tutti riescono in questa impresa e si trovano in balia delle onde a lottare per non morire, senza qualcuno che possa intervenire per impedirlo. Solo nel 2016 ben 5000 esseri umani hanno subito questo destino, morire, 14 al giorno. Così come è raccontato nel libro di Stefano Catone “Nessun Paese è un’ Isola”, le migrazioni via mare verso l’Italia hanno ormai alle spalle una lunga storia iniziata nei primi anni Novanta, in corrispondenza del collasso del regime comunista albanese e del conseguente famoso arrivo della nave mercantile Vlora, carica di circa 20.000 persone nel porto di Bari. Da quel momento in poi, in base soprattutto a destabilizzazioni politiche e belliche, ci sono stati picchi di arrivo sino ai 181.000 del 2016. Di quest’ultimi ben 176.554 sono entrati di diritto nel sistema di accoglienza italiano e redistribuiti in gran parte (137.218) nelle strutture temporanee o Cai (centri d’accoglienza e identificazione), 23.822 negli Sprar (il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati),14.694 nei Centri di prima accoglienza, 820 nei famigerati hot spot. In Puglia, attualmente, il 7% dei migranti totali giunge via mare e viene accolto secondo le modalità espresse dal Piano d’Accoglienza del Ministero dell’Interno. Solo 2.625, su 12.136, hanno usufruito del modello di protezione Sprar, ritenuto migliore rispetto agli altri per una serie di punti di forza: - accoglienza diffusa, in cui la scelta di lavorare con piccoli numeri permette di avere un impatto minimo sulle comunità locali; - trasparenza. Il Servizio centrale ha l’obbligo di verificare l’andamento dei progetti e se i servizi previsti vengono erogati, controllando anche le rendicontazioni; - partecipazione attiva da parte dei Comuni che diventano titolari dei progetti anziché subirli tramite bandi diretti Prefettura – gestore, così come accade nei Cas. Sono 74 i progetti di cui gli enti locali pugliesi sono titolari, e fra questi esiste quello del Comune di Molfetta. Con adesione al bando per delibera n° 219 del 12.11.2015 e la successiva aggiudicazione del servizio alla Soc. Cooperativa Sociale Oasi 2, anche la città di Don Tonino Bello ha visto promuovere un metodo di solidarietà più vicino ai bisogni di chi chiede protezione internazionale e intende crearsi una propria vita dopo esser stato costretto ad abbandonare la propria terra natia. Dai dati trasmessi dal referente territoriale del progetto, Molfetta sta accogliendo 25 migranti sia con permesso di soggiorno che nella condizione di richiedenti asilo. I beneficiari provengono soprattutto dall’Africa settentrionale e da aree segnate dalla guerra al terrorismo come Gambia, Ghana, Costa d’Avorio, Camerun, Pakistan, Afghanistan, Nigeria, Togo e Mali e sono ospitati in cinque appartamenti dislocati nel tessuto urbano in aree estremamente centrali, requisito che favorisce i percorsi di integrazione. Ad oggi i feedback della Comunità sono estremamente positivi. Accogliente e inclusiva, anche dal lato amministrativo è pronta ad inserire nuove procedure di riconoscimento favorendo la messa in atto di soluzioni diverse da quelle conosciute. Molfetta, una città dal doppio volto, che accoglie a oggi 1.464 cittadini di nazionalità diversa da quella italiana, la cui comunità più numerosa è albanese (44.2%), seguita da quella rumena (18,5%) e afghana (5.3%) e che si mostra in tutta la sua bestialità in molte occasioni attraverso i social network. Notizie non verificate, pagine che Discutono poco ma che sentenziano molto, diventano per alcuni l’altoparlante per riproporre storture e luoghi comuni, utilizzando la parola clandestino come sinonimo di rifugiato o richiedente asilo, parlando di luoghi di lusso messi a disposizione a discapito degli italiani indigenti (lo slogan”aiutare prima gli “italiani”) fomentando una guerra tra poveri, o raccontando la storia dei 35 euro al giorno regalati dallo Stato ai profughi, tralasciando di dire tutta la verità su queste erogazioni, e su chi ne lucra. Eppure la realtà dei fatti è che esiste nella vita vera e di tutti i giorni un substrato cittadino solidale, generoso, capace di organizzarsi in Forum, partecipare attivamente ad iniziative solidali come l’ Ostello d’accoglienza, capace di creare spazi di gioco e formazione, sostenere modelli di seconda accoglienza, informare la propria comunità andando oltre la disinformazione martellante e persistente di alcuni media, prendendo anche parte alla “Marcia della Pace” diocesana che si terrà a Molfetta il 29 gennaio su proposta del Vescovo Domenico Cornacchia. Ed è proprio questo tipo di comunità che costruisce ponti e che non si stanca mai di generare le basi per la convivenza tra popoli e la Pace che , come disse Don Luigi Ciotti durante la Marcia della Pace poco più d’un anno fa, “è in grado di graffiare le nostre coscienze”.

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