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Un molfettese con Guglielmo Marconi, la mostra-convegno su Vincenzo Rutigliano
20 ottobre 2012

MOLFETTA - Un molfettese collaboratore di Guglielmo Marconi (nella foto): Vincenzo Rutigliano primo cittadino di Molfetta a esercitare il lavoro di radiotelegrafista. Sarà lui il protagonista della mostra-convegno «Marconi-Molfetta e il Mare» organizzata dall’Associazione Eredi della Storia, in collaborazione con la Fondazione Anmig e la Marina Militare.
Oggi alle 18 nella sala consiliare di Palazzo Giovene le associazioni illustreranno la storia di Vincenzo Rutigliano, nato a Molfetta l’11 gennaio 1905. Pioniere della radio, fu il primo a realizzare l’impianto di amplificazione della cattedrale di Terlizzi, quello dell’istituto Manzoni di Molfetta e il primo impianto di radiologia del dott. Nicola Maggialetti.
Al convegno innerveranno il maresciallo primo capo e luogotenente Filippo Pacelli, curatore del Museo Marconiano di Ancona, Michele Spadavecchia, presidente degli Eredi della Storia, il sindaco di Molfetta, Antonio Azzollini, e il comandante della Capitaneria di Porto di Molfetta, capitano di fregata Alessandro Ducci. Modera Francesco De Bartolo, responsabile del gruppo CulturAttiva.
La mostra, organizzata nella Sala dei Templari in piazza Municipio, sarà inaugurata dal comandante Ducci e resterà aperta fino al 3 novembre (giorni feriali dalle 18 alle 20 e festivi dalle 10 alle 12.30 e dalle 18 alle 22).
 
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Allora una bella rinfrescata alla memoria! – Il 12 dicembre 1901, viaggiando alla velocità di 300.000 chilometri il secondo e cioè alla velocità della luce, la lettera S dell'alfabeto telegrafico Morse (tre punti) attraversò per la prima volta l'Atlantico non in un cavo sottomarino transoceanico, ma nel cielo, nell'etere. Per trentadue volte in un minuto la S fu trasmessa da Poldhu (Cornovaglia, Inghilterra meridionale) a Saint John di terranova (Canada). Le antenne trasmittenti erano numerose, alte e potenti. Quella ricevente, leggera e aerea, era appesa a un cervo volante. Un vento teso, freddo, rabbioso spazzava le coste di Terranova, flagellate dalle onde. All'interno di una piccola costruzione, chiamata Torre Cabot, erano al lavoro un giovane italiano che matematico e fisico non poteva definirsi poiché non era neppure diplomato, il bolognese Guglielmo Marconi, e i suoi assistenti canadesi Kemp e Fulton. Quando il primo impulso radio della S scavalcò l'Atlantico, Kemp trasalì. Anche Marconi lo udì benissimo, ma per conferma chiese gentilmente: “Ha sentito qualcosa, signor Kemp?”. “Forte e chiaro, maestro!”, rispose entusiasta l'altro. Poi, in rapida sequenza, pervennero le successive trentuno S, “una lettera”, come fecero subito notare i giornali dell'epoca, “che è tra le più difficili a trasmettersi”. Era nata finalmente la radiotelegrafia a grande distanza. L'inventore del telegrafo senza fili, esclamò: “Ho dato al mondo un bel dono di Natale”. E il mondo intero non ebbe dubbi sull'impresa del giovane scienziato autodidatta italiano, a esclusione di Thomas Edison che così, sospettosamente, la commentò: “In omaggio al mio nome, crederò quando avrò le prove palpabili. Certo, è una cosa meravigliosa far trasvolare il proprio pensiero attraverso gli oceani come il guizzo di un lampo. Basta solo che non venga intercettato.” Il governo italiano non aveva mai preso sul serio gli studi del giovane Marconi. Nato a Bologna il 25 aprile 1874, figlio di un agiato proprietario terriero, Giuseppe, e della sua seconda moglie, l'irlandese Annie Jameson. Quel bimbo apparentemente fin troppo serio, timido e remissivo, era tutto il contrario di ciò che sembrava, ossia un ribelle, un indocile, un contestatore, refrattario a qualsiasi tipo di educazione conformista. Il primo giorno di scuola, a Casalecchio di Reno, si fece espellere, piccolo com'era, per non essere scattato sull'attenti all'apparire del maestro e per essersi rifiutato di riempire la sua prima pagina di quaderno di puntini e lineette: cose inutili per il giovane Marconi!
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