Sono passati 30 anni dall’affondamento del peschereccio “Francesco Padre”. Il ricordo del sindaco Minervini
MOLFETTA - Agli inizi degli anni ‘90 molti pescherecci quotidianamente raggiungevano le acque del Montenegro, notoriamente più pescose di quelle italiane. Nella notte tra il 3 e il 4 novembre 1994, il peschereccio di Molfetta “Francesco Padre” era là, con a bordo cinque uomini e un cane (il comandante Giovanni Pansini, 45 anni, Luigi De Giglio, 56 anni, Saverio Gadaleta, 45 anni, Francesco Zaza, 31 anni e Mario De Nicolo, 28 anni con il loro cane Leone).
Poco dopo la mezzanotte, la barca affondò portandosi giù i loro corpi. A causa di un gioco di guerra in tempo di pace il calendario del tempo di cinque famiglie di pescatori pugliesi, quella notte è stato arrestato per sempre; e così, le lancette degli orologi sono state inceppate inesorabilmente, in quelle case di onesti lavoratori del mare.
A distanza di 30 anni da una tragedia, ancora senza colpevoli e di cui "Quindici" si è occupato diffusamente, riportiamo oggi il ricordo del sindaco Tommaso Minervini: «E sono trenta. Tanti sono gli anni trascorsi dall’affondamento del motopesca Francesco padre avvenuto al largo delle coste del Montenegro, nella notte tra il 3 e il 4 novembre del 1994. Una notte tragica che ha strappato le vite a Giovanni Pansini, Saverio Gadaleta, Luigi De Giglio, Francesco Zaza, Mario De Nicolo, capitano/armatore e componenti dell’equipaggio del motopeschereccio “Francesco padre”, e a Leone, il cane di bordo. All’epoca c’era l’embargo alla ex Jugoslavia. Per quelle morti nessuno ha pagato.
Quella tragedia ha profondamente segnato l’intera comunità. Nessuno riuscirà mai a dimenticare quanto è accaduto e fa male la consapevolezza che le profondità del mare saranno per sempre l’ultimo rifugio per i resti umani dei componenti dell’equipaggio del Francesco padre e della loro mascotte, Leone. In occasione del 25esimo anniversario di quella tragedia ho avuto modo di incontrare i parenti di quegli uomini che al mare hanno immolato la loro vita. Nei loro sguardi ho letto il dolore, quello più intenso e profondo, che nasce dalla certezza che non potranno mai recuperare le spoglie mortali dei loro cari ormai sepolte nel mare.
E non posso non ricordare, in questa circostanza, la tragedia del rimorchiatore Franco P che, maggio di due anni fa, si inabissò al largo delle coste baresi. A bordo, tra gli altri, c’erano Mauro Mongelli di 59 anni e Sergio Bufo di 60 anni, entrambi di Molfetta, rispettivamente direttore di macchina e nostromo, anche loro ingoiati dal mare.
Rinnovo alle famiglie di questi uomini la mia vicinanza e quella della intera comunità».