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Sonnambuli rassegnati al peggio
15 dicembre 2023

“La dittatura perfetta avrà sembianza di democrazia. Una prigione senza muri nella quale i prigionieri non sogneranno di fuggire. Un sistema di schiavitù dove, grazie al consumo e al divertimento, gli schiavi ameranno la loro schiavitù”. Questo fu scritto da Aldous Huxley (1894-1963) scrittore e filosofo britannico, protagonista della narrativa distopica, come lo stesso George Orwell col suo 1984, scritto nel 1949, ma il futuro ci riserva sempre sorprese. E le intuizioni di certi scrittori, spesso considerate ardite per la loro epoca, si rivelano se non profetiche, quantomeno premonitrici di un presente abbastanza controverso. Huxley parla di una postdemocrazia: «La postdemocrazia e la democrazia si differenziano per molti aspetti. Il primo e più visibile è che in postdemocrazia lo scopo è il profitto e coinvolge sparute minoranze, mentre in democrazia sono la libertà e i diritti che interessano l’universalità dei cittadini». In pratica, nella postdemocrazia non serve il consenso popolare, ma l’accettazione passiva del sistema, la neutralizzazione dei cittadini, del loro spirito reattivo, dell’esercizio dei diritti. Ecco la grande differenza la democrazia significa partecipazione popolare, mentre la postdemocrazia si caratterizza proprio per l’assenza: servono solo consumatori acritici e disinteressati ai propri destini e a quelli del loro Paese. Huxley nella sua visione distopica immaginava che negli anni futuri a quelli in cui lui ha vissuto, sarebbe stato inventato un farmaco per spingere la gente ad amare la propria condizione di servi, facilitando la nascita di dittature «senza lacrime; una sorta di campo di concentramento indolore per intere società in cui le persone saranno private di fatto delle loro libertà, ma ne saranno piuttosto felici». Ma nemmeno la più pessimistica previsione distopica avrebbe potuto prevedere che l’uomo potesse arrivare a questo risultato senza farmaci. Era una considerazione un po’ pessimistica. Le parole del filosofo britannico ci sono venute in mente leggendo l’ultimo rapporto Censis, che ogni anno propone un quadro generale della situazione sociale, demografica e lavorativa italiana. Nel 2023 ci viene presentato un Paese di cittadini delusi, sfiancati, demoralizzati che continuano a vivere per inerzia in attesa di tempi migliori. «L’Italia – dice il Censis – è un Paese dove i cittadini sono “sonnambuli” che rimangono inermi di fronte alle paure sul futuro, dal totale tracollo economico a una guerra mondiale… Alcuni processi economici e sociali largamente prevedibili nei loro effetti, sembrano rimossi dall’agenda collettiva del paese, o comunque sottovalutati, benché il loro impatto sarà dirompente per la tenuta del sistema». Sconfortante. Gli italiani appaiono impauriti, rassegnati, indolenti, incapaci di vedere i cambiamenti, con una «insipienza diffusa», come la definisce Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis. C’è un preoccupante appiattimento verso il basso che ha conseguenze anche sul piano economico, sulla spesa pubblica e sulla competitività del sistema produttivo. Questo ha portato a una contrazione dei consumi (vedi il rapporto trimestrale della Banca d’Italia pugliese, che riportiamo ampiamente in altre pagine), ma soprattutto a una scarsa propensione al miglioramento delle proprie condizioni anche economiche. Una volta si sarebbe parlato di maggioranza silenziosa protagonista degli anni Sessanta e Settanta. Oggi siamo di fronte ad una maggioranza addormentata e rassegnata? Secondo Marcello Veneziani siamo di fronte più che a un fenomeno di sonnambulismo a uno di impotenza: gli italiani si sentono impotenti e depressi. E la conferma viene dalla scelte politiche operate in questi ultimi anni dopo la fine delle ideologie e il senso di appartenenza che rappresentava gli italiani e le classi sociali fino a una decina di anni fa. E così, come ricorda il filosofo biscegliese, le abbiamo provate tutte: dall’antipolitica al populismo, dai 5 Stelle all’attuale destra sovranista, con risultati al di sotto delle aspettative (meno male che lo dice lui da uomo di destra). Ecco l’impotenza di vivere, che si accontenta dei cosiddetti «desideri minori», quegli spicchi di benessere quotidiano, che arriva a considerare che mettere il lavoro al centro della propria vita sia un errore (lo pensa l’87,3% della popolazione, secondo il Censis). L’«ipertrofia emotiva» (la percezione di continua e diffusa emergenza che ripiegando su se stessa, impedisce poi di individuare ciò che lo sia realmente) e il sonnambulismo, infatti sono un mix che può generare effetti diabolici, dice Walter Veltroni, guai grossi per la comunità e la democrazia se la paura e l’ansia, sentimenti di questo tempo, agiranno in una prateria sprovvista di razionali speranze (basti pensare alla follia propagandistica di Trump che raccoglie sempre più consensi negli Stati Uniti che da tempio della democrazia, rischiano di diventare un nuovo esempio di dittatura consenziente, anche se inconsapevole, ndr). Una fotografia per nulla rassicurante, che dimostra l’estrema fragilità di un’Italia che si allontana dalla politica e soprattutto dalla partecipazione e dal voto, un’Italia indebolita e insicura in cui giocano un ruolo importante anche pregiudizi e soprattutto la disinformazione imperante. Eppure Papa Francesco, profeta inascoltato come fu don Tonino Bello, ogni giorno ci invita alla speranza. In questo “mercato dell’emotività” che caratterizza la società italiana, sugli argomenti razionali prevalgono continue scosse emozionali. Trovano perciò terreno fertile – dice il Rapporto – paure amplificate, fughe millenaristiche, spasmi apocalittici, l’improbabile e il verosimile. L’84% degli italiani è impaurito dal clima ‘impazzito’; il 73,4% teme che, nei prossimi anni, i problemi strutturali irrisolti del nostro Paese determineranno una crisi economica e sociale molto grave, con povertà diffusa e violenza; il 73% è anche convinto che gli sconvolgimenti globali intensificheranno i flussi migratori al punto da non renderli più gestibili; il 53,1% teme che il colossale debito pubblico provocherà il collasso finanziario dello Stato; il 59,9% ha paura che scoppierà un conflitto mondiale che coinvolgerà il nostro Paese. Inoltre: il 59,2% ritiene che l’Italia già attualmente non sia in grado di proteggersi da attacchi terroristici di stampo jihadista, mentre il 49,9% è convinto che essa non sarebbe capace di difendersi militarmente se aggredita da un Paese nemico. Anche sul fronte del welfare prevale il pessimismo: il 73,8% degli italiani teme che negli anni a venire non ci sarà un numero sufficiente di lavoratori per pagare le pensioni e il 69,2% pensa che non tutti potranno curarsi, perché la sanità pubblica non riuscirà a garantire prestazioni adeguate. Le previsioni non aiutano: nel 2050 ci saranno 8 milioni di persone in età lavoro in meno. Ma, malgrado questi timori, il Censis rileva una paralisi piuttosto che una mobilitazione di risorse per la ricerca di soluzioni efficaci. Ecco il “sonnambulismo”, di una società “precipitata in un sonno profondo del calcolo raziocinante che servirebbe per affrontare dinamiche strutturali dagli esiti funesti” e “cieca davanti ai presagi”. E le previsioni non aiutano: nel 2050 l’Italia avrà perso complessivamente 4,5 milioni di residenti. La flessione demografica sarà il risultato di una diminuzione di 9,1 milioni di persone con meno di 65 anni e di un contestuale aumento di 4,6 milioni di persone con 65 anni e oltre. Ci saranno quasi 8 milioni di persone in età attiva in meno. Abbiamo letto da qualche parte che sta prevalendo la “dittatura della mediocrità” e il governo Meloni ne è una evidente conferma per la sua incapacità di guidare una transizione da un ciclo storico ad un altro. L’ignoranza sul tema immigrazione è l’aspetto più evidente, ma la destra al potere preferisce cavalcare la paura, incapace di leggere le cifre che ci raccontano il futuro: quest’anno 36mila giovani sono espatriati (anche per colpa dell’ascensore sociale rotto dalla politica). Per cui il vero problema è l’emigrazione degli italiani, non l’immigrazione degli stranieri dei quali abbiamo bisogno per far funzionare l’economia e aumentare le risorse dell’Inps per le future pensioni. Accanto a questo è necessario ridurre o cancellare (come ha fatto la Germania) lo squilibrio Nord-Sud, mettendo da parte le velleità suicide della Lega e l’autonomia differenziata. In conclusione: solo pessimismo? No, siamo ottimisti per natura, anche se i giovani ci sembrano poco impegnati e poco partecipativi. Qualche sintomi di risveglio si può avvertire con le manifestazioni sindacali di piazza e la partecipazione corale alla lotta al femminicidio (fenomeno in crescita proprio perché generato da quel sonnambulismo deleterio) con il movimento di popolo conseguente all’omicidio della povera Giulia Cecchettin. Nella nostra vita umana e professionale ci siamo sempre dati l’imperativo di indignarci ogni giorno, continuiamo a farlo tuttora perché crediamo che sia l’antidoto non solo al sonnambulismo, ma anche ai tentativi di manipolare le nostre coscienze. Resistere, resistere, resistere per restare liberi e democratici. © Riproduzione riservata

Autore: Felice de Sanctis
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