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Sgomberate abitazioni occupate abusivamente dalla famiglia Parisi a Molfetta. All'interno anche pezzi di artiglieria pesante e materiale di pregio di ristrutturazione
02 luglio 2025

MOLFETTA – Brillante operazione di sgombero di 2 alloggi popolari occupati illegalmente: ieri in campo oltre 80 tra agenti della Polizia di Stato dei carabinieri, della polizia locale dei Vigili del Fuoco, accompagnati dal personale di Arca e Comune, diretti dalla Procura della Repubblica di Trani.

Gli abusivi sarebbero familiari e persone vicine alla criminalità locale: il 52enne molfettese Michele Parisi, alias «U Francesin», la moglie e i figli.
Alle 7 di ieri mattina è iniziata questa operazione di sgombero di alloggi pubblici in via Hugo, di Arca Puglia Centrale, e l'altro in via San Pietro, del Comune di Molfetta.
Ad essere interessati sarebbero gli stessi soggetti già coinvolti nelle operazioni contro lo spaccio di stupefacenti a Molfetta negli anni '90 e protagoniste del discusso matrimonio (cavalli bianchi e carrozze, suonatori di tromba e quant’altro) del 14 maggio 2022.

All’interno dell’appartamento di via Hugo, è stato trovato un vero e proprio cantiere, ovviamente abusivo, con grosse opere di ristrutturazioni per trasformare l’alloggio popolare in un’abitazione di lusso, utilizzando materiale di pregio. Nella casa c'era anche artiglieria pesante: un obice, una specie di cannone-mortaio, sequestrato dalla Procura.

E’ emerso anche un altro particolare inquietante: questo appartamento era stato già assegnato con le chiavi all’avente diritto, che però si è trovato la strada sbarrata dagli abusivi.

L’altro appartamento era occupato dal figlio di Parisi (quello del matrimonio in carrozza e sfilata cittadina non autorizzata) e dalla moglie incinta alla quale è stata offerta la possibilità di alloggiare in una comunità protetta per portare avanti la gravidanza in sicurezza. Pure in questo alloggio erano state fatte delle ristrutturazioni inserendo anche una vasca di idromassaggio.

Il danno stimato per l’occupazione abusiva sarebbe di 90mila euro.

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PERCHE'' OCCUPARE UNA CASA SE NON TI MANCANO I SOLDI? Perché avere soldi non significa automaticamente avere accesso a una casa. In molti casi chi ha una disponibilità economica non riesce comunque ad affittare una casa: mancano garanzie, un contratto di lavoro stabile, una storia creditizia “pulita”. Peggio ancora se hai un cognome che suona straniero, un soprannome che ti marchia o, peggio ancora, un passato in carcere. E allora la casa la occupi, non per scelta, come se l’illegalità fosse scritta nel DNA di qualcuno, piuttosto, perchè le alternative legali sono chiuse, impraticabili o umilianti. Questo non giustifica, ma spiega. La società, in molti casi, non prevede vie di reinserimento reali, e allora l’occupazione diventa per alcuni l’unico modo per avere un tetto. Se hai una condanna alle spalle, entri in una categoria socialmente marchiata a fuoco. Nessuno ti affitta casa. Nessuno ti assume. Nessuno ti crede. A quel punto, non è questione di soldi, ma di dignità e possibilità. E se la società ti chiude tutte le porte, può diventare più “logico” occupare abusivamente una casa piuttosto che vivere in strada. Non serve solo repressione. Serve politica abitativa, inclusione sociale, percorsi di reinserimento veri. Servono regole giuste, ma anche occhi aperti sul mondo reale. Quando il sistema legale esclude invece di includere, non resta che la marginalità. E da lì, spesso, nascono gli atti che chiamiamo “devianza”. In sintesi: non sempre si occupa perché si vuole delinquere, ma spesso perché non si vede un’altra via. E questo, più che colpa di singoli, è fallimento di tutti, in primis della politica. In questo contesto, colpisce (e indigna) leggere sul profilo social ufficiale del sindaco di Molfetta, un ex educatore carcerario, la frase: «Questo è il frutto dell''impegno e della collaborazione tra le Istituzioni.» Un sindaco che conosce il mondo del carcere dovrebbe sapere meglio di altri che la vera giustizia non si misura con la repressione, ma con la capacità di restituire opportunità. E invece, la risposta è una scrollata di spalle e un post celebrativo. Come se chi occupa una casa fosse solo un fastidio, e non la prova vivente del fallimento di un sistema. Se davvero si vuole “collaborare tra istituzioni”, si inizi a garantire diritto alla casa, al lavoro, alla dignità. E a tacere quando non si ha niente da dire, se non frasi buone per una bacheca, ma inutili per chi vive ai margini.
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