"Sistema Trani": sentenza di condanna per magistrati, avvocati (c’è anche uno di Molfetta) e imprenditori
Il Tribunale di Trani
TRANI – Concluso il primo grado del processo al cosiddetto “Sistema Trani” che ha visto coinvolti magistrati, avvocati (anche uno di Molfetta) e imprenditori.
La condanna più pesante, 10 anni, è stata inflitta all'ex pm Antonio Savasta con 10 anni, al termine del rito abbreviato, mentre per il sostituto procuratore Luigi Scimè (oggi in servizio a Salerno) la condanna è di 4 anni; infine per l’avv. Ruggiero Sfrecola 4 anni e 4 mesi e Giacomo Ragno di Molfetta 2 anni e 8 mesi; infine 4 anni per l'immobiliarista barlettano Luigi D'Agostino.
Giacomo Ragno è stato, invece assolto «per non aver commesso il fatto» dal concorso in calunnia e falsa testimonianza, ma per lui è stata disposta la confisca di 224mila euro.
Le accuse sono quelle di aver fatto parte, a vario titolo, di un sistema di corruzione messo in piedi da magistrati e imprenditori, nel quale i primi sarebbero stati pagati per dirottare indagini e processi. Secondo la Procura di Lecce, ad organizzare il sistema erano Savasta e l'ex giudice Michele Nardi, che viene giudicato in un altro processo con rito ordinario, insieme ad altre quattro persone.
Questi i capi d'imputazione: 14 quelli contestati solo a Savasta dall'associazione a delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari alla truffa, calunnia, falso ideologico commesso da pubblico ufficiale, falso in atto pubblico, induzione a rendere false dichiarazioni all'autorità giudiziaria.
Per Luigi Scimè l’accusa era di corruzione in atti giudiziari, in relazione alle presunte dazioni di denaro che avrebbe ottenuto dall'imprenditore Flavio D'Introno. L'avv. Giacomo Ragno di concorso in calunnia e falsa testimonianza, oltre che di concorso in corruzione, per aver procacciato un testimone compiacente, incaricato di rendere false dichiarazioni nell'ambito di un procedimento penale. L'avvocato Sfrecola di concorso in corruzione e falso.
La sentenza non è definitiva e sicuramente quasi tutte le persone condannate in primo grado faranno ricorso alla Corte di Appello.