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Rotary Club di Molfetta tra solidarietà e cultura Il Pulo di Molfetta nella narrazione dell'archeologo Nicola de Pinto e la consegna del defibrillatore alla Cooperativa Oasi 2
23 giugno 2022

MOLFETTA – Si è svolto all’insegna della solidarietà e della cultura il recente incontro promosso dal Rotary Club di Molfetta presso la sala convegni Palato. Due momenti di grande coinvolgimento nella serata che si è aperta con la consegna di un defibrillatore alla Cooperativa Oasi 2. Si è trattato di un service (azione sodale e solidale dei soci), all’insegna del motto scelto per l’anno sociale dal presidente Felice de Sanctis “Accogliere e condividere in amicizia”, temi che rientrano in pieno nella filosofia dal Rotary International che, nei prossimi anni, porrà l’attenzione su diversità, equità, inclusione.

L’iniziativa di servizio è stata realizzata in collaborazione con la Croce Rossa Italiana –Comitato di Molfetta, i cui volontari si occuperanno della formazione per il corretto uso del prezioso strumento salvavita.

Alla cerimonia di consegna hanno preso parte la vicepresidente della Cooperativa Oasi 2 Ilaria Chiapperino due giovani migranti, originari del Gambia, Camara Bangali e Bojang Ebrima., e il presidente della Croce Rossa Italiana – Comitato di Molfetta Giovanni Spagnoletta.

«Tutti i giorni ci si spende per dare accoglienza, una accoglienza dignitosa – ha dichiarato Ilaria Chiapperino – una accoglienza che accompagni le persone in un inserimento socio-lavorativo. Il vostro contributo è prezioso perché tante volte si fa fatica a consentire, alle persone straniere che abbiamo nel nostro territorio, l’accesso ai servizi sanitari. Poter disporre di un defibrillatore che, all’occorrenza, possa essere utile a preservare la vita dei nostri ospiti è una risorsa».

Oasi 2 è un’associazione che a Molfetta, col progetto SAI, si occupa di persone richiedenti e titolari di protezione internazionale, persone che, prevalentemente, giungono dal continente africano. L’auspicio è che si possano avviare collaborazioni con chi risiede sul territorio.

Successivamente l’attenzione si è spostata su quella che il presidente de Sanctis ha definito «la meraviglia del Pulo», se ne consideriamo le peculiarità geologiche, storiche, archeologiche, naturalistiche.

L’archeologo Nicola de Pinto ha tenuto l’interessante conversazione incentrata sul tema “Il Pulo di Molfetta: rituale, costruzione e percezione del culto”.

Felice l’intuizione di creare un confronto tra le peculiarità di uno dei siti più identificativi del nostro territorio e quelle di altri siti regionali e internazionali. Scelta dettata dal fatto che da circa 30 anni il Pulo di Molfetta non è oggetto di ricerca archeologica sistematica, a differenza di quanto accade in tanti altri contesti, come Siponto, Monte Sannace, Egnazia, Vieste, Torre Santa Sabina, Santa Maria di Agnano (Ostuni).

Partendo dall’evoluzione del pensiero in ambito storico e archeologico (il passaggio dalla storia degli eventi a quella dell’economia e del sociale, in altre parole del quotidiano di cui furono fautori gli studiosi della Nuova Storia, in particolare Bloch e Fevre, succedutisi alla direzione della rivista francese Annales, e lo spostamento dell’attenzione dai meri aspetti estetici dei reperti a quello per il contesto in cui vengono rinvenuti), ha accompagnato l’uditorio in un viaggio attraverso i millenni seguendo le tracce delle attività dell’Uomo e della suo mondo ideologico, della sua “spiritualità”.

Il dottor de Pinto, il quale, con la collega Alessia Amato, è stato incaricato della sorveglianza archeologica nel sito durante i lavori di messa in sicurezza, fase in cui sono emersi importanti elementi, si è soffermato, in particolare, sul sito di Santa Maria di Agnano ad Ostuni, di cui ha ripercorso le vicende storiche, partendo dal XVIII secolo, quando era proprietà del Vescovo di Ostuni, che fece costruire una piccola cappella.

Ci sono tracce di elementi differenti, si tratta chiaramente di materiale riutilizzato (il dott. de Pinto ha sottolineato la presenza di tracce di affreschi ormai decontestualizzati), proveniente da precedenti cappelle. Seguendo un percorso a ritroso nel tempo, si scoprono la presenza dell’affresco rupestre della Vergine con Bambino e la notizia che, nel X secolo, era presente una necropoli cristiana.

A tale proposito, come non evidenziare similitudini col il Pulo, sul cui ciglio sorgeva il convento dei Frati Cappuccini e all’interno della Grotta n. 1 è stata scoperta una sepoltura comune, datata al XVI sec.?

Tornando ad Ostuni, nella stessa grotta è stata rinvenuta, dal prof. Donato Coppola, una delle più significative sepolture databili al Paleolitico superiore, scientificamente indicata come Ostuni 1.

Si tratta di una gestante, deceduta presumibilmente all’ottavo mese di gravidanza (l’ultimo per i Cro-Magnon), come ha dimostrato la presenza dei resti del feto.

La donna presentava sul capo una calotta di conchiglie, dipinte con ocra, bracciali: in altre parole doveva apparire del tutto simile alla famosa Venere di Willendorf ma anche a tutta una serie di statuette rituali raffiguranti la dea madre.

Facile cogliere analogie almeno con il più piccolo degli idoletti ritrovati al Pulo di Molfetta, che mostra incroci di linee tali da far pensare a una cuffia stilizzata.

Più volte si è parlato dei due idoletti, oggi esposti a Palazzo Simi, una delle sedi della Soprintendenza ai Beni Archeologici di Bari, nell’ambito della mostra “Sussurri dalla Terra. L’archeologia che non ti aspetti”.

Meno conosciuti sono altri reperti, emersi sempre durante la pulizia del sito, come un frammento con decorazione a ovuli, simile a quella che, solitamente, decorava l’architrave di antichi templi, o un peso da telaio utilizzato solo come simbolico dono alla divinità (essendo privo di foro non poteva essere utilizzato realmente). A quale divinità potevano fare riferimento? La risposta viene da un frammento in ceramica a vernice nera con un’incisione che riporta il nome di Tabaras, che richiama il culto di Demetra; culto che, solitamente, era celebrato in grotta.

Ancora similitudini con Ostuni, dove è stato ritrovato il themenos (recinto sacro) di un santuario messapico con diversi reperti, tra i quali diversi frammenti con iscrizioni che riportano al culto di Demetra e di Persefone.

Dalla conversazione sono, dunque, emerse numerose analogie e, come ha evidenziato il dottor de Pinto, tali parallelismi potrebbero portare a nuove ipotesi sulle genti che hanno abitato il nostro territorio e le interazioni tra esse e con l’ambiente.

Una storia mai raccontata della nostra città, una realtà greca o magno greca a Molfetta? Un emporion legato a scambi commerciali con Micenei? Una ulteriore conferma di Molfetta come porto per le comunità residenti nell’area murgiana, a partire dalla vicina Ruvo?

Le ipotesi e i campi di indagine possono essere molteplici ma l’unico strumento per sperare di poter rispondere, scientificamente e senza preconcetti, a tali quesiti rimane la ricerca.

Sarebbe auspicabile una ripresa degli studi sistematici, magari una nuova campagna di scavi che aiuti a far luce su chi erano i nostri progenitori e a capire meglio noi stessi.

L’incontro, in realtà, è proseguito nella mattina successiva con la visita alla dolina. I soci del Rotary Club, accompagnati dalla guida Daniela, professionale e competente, si sono immersi nella natura, nella storia del sito e, perché no, nei ricordi d’infanzia quando entrare nel Pulo era una avventura.

@Riproduzione riservata

Autore: Isabella de Pinto
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