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“Rifarei tutto, perché tutto andava fatto”, a Molfetta Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace
Mimmo Lucano e Gabriele Vilardi
01 ottobre 2020

MOLFETTA - “Rifarei tutto perché tutto andava fatto”. Confessa di sentirsi, a volte, imbarazzato da tanta solidarietà, non accetta che Riace assurga ad esempio di accoglienza ed integrazione, destinata a rimanere oggetto di studio di tesi di laurea, commissioni estere.

“Riace è la contestazione all’atavico senso di impotenza del tanto le cose non cambieranno mai, che è possibile seminare legalità in terre occupate dalle mafie, che amministrare è possibile. Avevo voglia di raccontare, perché tutti abbiamo il diritto di comprendere quello che succede, sono storie di vita che hanno un valore straordinario perché di valenza collettiva. Volevo raccontare il mio punto di vista, raccontare la realtà in maniera diretta. Poco importa cosa deciderà il Tribunale”.

Il viaggio di Domenico Lucano, di Riace e dell’utopia della normalità, finalmente giunge a Molfetta, per un evento organizzato da Tesla (Tempi e Spazi Liberamente Attivi), Libreria “Il Ghigno” e Le Macerie - Baracche ribelli. Mimmo Lucano è stato per 15 anni sindaco di Riace, modello studiato per buone pratiche che hanno valorizzato l’accoglienza degli immigrati, trasformandola in risorsa per un paese a rischio di spopolamento. Usa parole semplici e di grandezza incommensurabile nel dialogo con Gabriele Vilardi, attivista, che pone le domande che tutti vorrebbero fargli: Come stai? Quale è il sentimento che provi in questo Tour di presentazione del tuo libro “Il Fuorilegge”?.

E Mimmo parla, ripercorre la sua, la storia di Riace e… incanta. “La colpa è del vento, che nel luglio del 1998, fece approdare a Riace una nave di profughi del Kurdistan, evento scatenante di una volontà di mettersi in gioco, di far sì che sì che la politica non rimanesse solo teoria ma occasione nella realtà, rimanendo coerenti. Riace contava 1.500 abitanti distribuiti tra il centro storico e la Marina. Ho iniziato come consigliere comunale di minoranza, portando nel cuore il ricordo di Peppino Vallerioti, assassinato perché voleva costituire cooperative per la gestione di servizi nella Piana di Gioia Tauro, feudo delle famiglie di ndrangheta.

Eravamo una lista piccola, di gente semplice, come lo era Rocco Gatto, il mugnaio che si oppose alla chiusura decretata per lutto dalla ndrangheta per uno dei propri affiliati, assassinato. Gatto non abbassò la saracinesca e pochi mesi dopo fu assassinato. Oggi le organizzazioni mafiose non uccidono perché non c’è più consenso sociale. C’è però una destra reazionaria che, a tutti i livelli, imperversa anche nel Sud Italia, una Lega che rischia di insediarsi anche nel Comune di Reggio Calabria.

Sono stato oggetto di ritorsioni, non con attentati ma attraverso la macchina del fango. Lo stop, decretato dall’allora vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri, alla messa in onda della fiction sull’esperienza di Riace, è emblematico di una censura: oscurare l’esperienza di accoglienza di Riace, non rendere pubblico il modello economico legato al popolamento di un paese grazie a profughi e immigrati, risorsa e non nemico da odiare”.

Riace non è unico paese a rischio di spopolamento. Molfetta vive un’esperienza simile, in poco tempo ha perso mille abitanti, con una illogica e ingiustificata costruzione di nuove abitazioni, talune sulla costa, continua Gabriele Vilardi.

“Mi sono sempre considerato un infiltrato nelle Istituzioni, un sognatore che ha creduto nell’accoglienza come occasione di sviluppo. A seguito dell’azione giudiziaria nei miei confronti, Riace è tornata a spopolarsi, i laboratori sono stati abbandonati, gli spazi rimasti vuoti sono stati occupati dalla mafia. Sono stato accusato di tutto, di volermi arricchire ma quando hanno appurato che sul mio conto corrente erano depositati solo 300 euro, hanno detto che avevo ambizioni politiche, ma io sono così e perché faccio mio gli insegnamenti di Dino Frisullo e padre Alex Zanotelli: essere come gli ultimi, come loro, essere chiesa vicina, per una sinistra utopica vicina al Vangelo.

Non so come si evolveranno i procedimenti giudiziari. Ho diversi capi di imputazione. Sono stato denunciato per aver emesso la carta di identità ad un bambino figlio di immigrati di quattro mesi. Aveva un problema di salute e non poteva accedere alle cure in mancanza della tessera sanitaria. Quale è il mio crimine nell’aver garantito un diritto sacrosanto ad un neonato?”

A Riace è stata tentata un’evangelizzazione, ma è stato scelto Barabba”. (Vinicio Capossela)

L’abbraccio della piazza di Molfetta dimostra, se ma ce ne fosse bisogno, che non tutti scelgono Barabba. C’è chi fa il tifo per un uomo che mette in pratica il vangelo, l’unico, quello dell’umanità, quello secondo cui non esistono razze, il suo vangelo. Un’iniezione di speranza.

Grazie Mimmo.

© Riproduzione riservata

Autore: Beatrice Trogu
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