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Referendum. Ma anche NO
15 settembre 2020

Il 20 e il 21 settembre, a Molfetta così come in tutta Italia, saremo chiamati ad esprimere il nostro voto al referendum sul taglio dei parlamentari indetto dal Governo. Mentre i partiti politici a livello nazionale e locale sono presi dalle elezioni regionali e amministrative che si terranno negli stessi giorni, riteniamo che sia urgente, nelle ultime settimane decisive e che precedono il voto, una mobilitazione politica, culturale, generazionale. Siamo ragazzi e ragazze che credono fortemente in valori e parole come partecipazione, democrazia e sovranità popolare; che sentono di dover difendere il presente per impegnarsi a migliorare il futuro del prossimo a partire da quello dei nostri coetanei, sempre più schiacciati da chi lentamente sta divorando orizzonti e futuro. Siamo giovani che sentono il dovere civico di diffondere le ragioni del NO attraverso tutti i canali possibili, e informare i cittadini di questo importantissimo momento elettorale che potrebbe determinare in peggio il futuro del nostro Paese e delle generazioni a venire. Sappiamo che ogni voto è importante, ogni indeciso potrebbe essere decisivo questa volta, dal momento che il referendum è di natura confermativa (il quarto in tutta la storia della Repubblcia Italiana) e che quindi non prevede alcun quorum da raggiungere, per questo proveremo a spiegare nel modo più semplice e completo possibile gli effetti disastrosi del Si. TAGLIO DI RAPPRESENTANZA E NON DI COSTI Se dovesse prevalere il SI, la riforma comporterebbe la revisione degli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione. La modifica più importante sarebbe la riduzione del numero dei deputati e dei senatori, rispettivamente da 630 a 400 e da 315 a 200. Alla Camera, i seggi continuerebbero ad essere assegnati in proporzione alla popolazione di ognuna delle 28 circoscrizioni alla Camera, mentre al Senato su base regionale. Le circoscrizioni di Camera e Senato avrebbero meno eletti rispetto ad oggi e questo andrebbe ad indebolire la rappresentanza degli eletti nel Parlamento dato che i territori sarebbero di fatto meno rappresentati, e non meglio. In numeri: se passasse la riforma, il numero di abitanti per parlamentare passerebbe da 96.006 a 151.210 per la Camera, da 188.424 a 302.420 per il Senato. Chi sostiene il SI argomenta, inoltre, affermando che la riduzione del numero dei parlamentari porterebbe ad un risparmio economico per lo Stato, rendendo al tempo stesso più efficiente il lavoro delle due camere. Ma in realtà il risparmio complessivo ammonterebbe a soli 57 milioni di euro all’anno, meno di un caffè a cittadino, 285 milioni a legislatura, ovvero lo 0,00a7% della spesa pubblica italiana: cosa ben diversa rispetto a costi ben più alti come quelli degli emolumenti dei parlamentari o settori come quello militare che ogni anno comporta spese pari a 27 miliardi di euro, in aumento negli ultimi tre anni. I PEGGIORI IN TUTTA EUROPA Il numero di deputati per 100 abitanti scenderebbe da 1,0 a 0,7 diventando il più basso di tutta l’Unione Europea. Il sistema istituzionale, basato per sua natura su una democrazia rappresentativa, sarebbe per di più messo a rischio attraverso una riduzione che lascia inalterato legge elettorale, regolamenti parlamentari, lasciati alla propaganda del “dopo” e del “faremo”. ATTACCO AL PRINCIPIO DEL PLURALISMO Al Senato, la maggioranza delle regioni italiane, tranne quelle più popolose, non eleggeranno più di 4 senatori, nei collegi proporzionali, e pari a 3, fissato per legge, nei collegi uninominali. Questo renderà molto più difficile ottenere seggi per i partiti minori che potrebbero essere esclusi dall’arco costituzionale e dal dibattito politico, cosa che andrebbe de facto contro lo spirito e principio pluralista della Costituzione. ISTITUZIONI E CITTADINI SEMPRE PIU’ LONTANI Con la riforma si andrebbe ad incrementare il distacco tra istituzioni pubbliche e cittadini dato che si indebolirebbe il legame territoriale tra eletti ed elettori. I parlamentari sarebbero scelti dai vertici dei partiti nelle liste bloccate più agilmente di come avviene nell’attuale sistema vigente, premiando i capibastone e i portatori di voti sacrificando le competenze. Un Parlamento con meno eletti, nominati dall’alto, creerebbe un club esclusivo in cui concentrare il potere, agevolando l’attività di lobbying sui parlamentari rendendola, di fatto, più economica e diretta. MENO NON VUOL DIRE MEGLIO In merito alla presunta efficienza, le commissioni parlamentari, cuore dell’attività delle due camere, sarebbero fortemente limitate. Il risultato sarebbe il peggioramento della qualità delle leggi, oltre che tempi più lunghi per il completamento dell’iter legislativo. Paradossalmente, ogni singolo parlamentare sarebbe caricato di una maggiore mole di lavoro e questo ne andrebbe a penalizzare la produttività. Questa proposta di riforma non è altro che un modo per istituzionalizzare una pratica sempre più frequente negli ultimi decenni: trattare il Parlamento come la costola su cui mantenere in piedi il governo o, peggio, uno strumento meramente formale attraverso il quale approvare in fretta decreti- legge mettendo la fiducia, senza garantire un’ampia discussione ai rappresentanti dei cittadini. IL POPULISMO NON È IL SALE DELLA DEMOCRAZIA Questa riforma è l’emblema dell’antiparlamentarismo e del populismo. Da un lato il paradigma dell’efficienza, dall’altro la lotta sgrammaticata e antidemocratica a quella che viene definita “casta”. Invece, la riforma potrebbe provocare dei gravi deficit alla nostra democrazia rappresentativa. Diminuiranno le soglie di voti previste per importanti decisioni, l’elezione del Presidente della Repubblica, le altre riforme costituzionali e la fiducia al governo. Questi aspetti meriterebbero degli urgenti correttivi, vagamente promessi dai fautori della riforma, ma ad oggi tutt’altro che definiti, come la nuova legge elettorale. Crediamo nel rispetto della Carta Costituente, nelle istituzioni democratiche e nella dignità della politica. La democrazia rappresentativa non sarà il sistema perfetto ma è un patrimonio di grande valore da difendere mentre nel Mondo crescono e si diffondono forme sempre più distorte di democrazie, simili a totalitarismi e dittature parlamentari. Crediamo che il Parlamento vada difeso in quanto unico luogo in cui il cittadino è democraticamente rappresentato. La democrazia ha un costo e l’efficienza economica non può essere l’unico criterio su cui fondare la rappresentanza politica. E come abbiamo visto, non sarebbe nemmeno opportuno parlarne a proposito di questa revisione. Per questo abbiamo deciso di mobilitarci, di far sentire la nostra voce e quella di una generazione intera che crede nella buona politica. La Politica del territorio, delle relazioni umane, delle associazioni di volontariato e culturali. Tutte quelle realtà che con un Parlamento accessibile a pochi non avrebbero più la possibilità di candidare un loro rappresentante dal basso. Il 20 e il 21 settembre è compito di tutti i cittadini andare a votare. Non è previsto alcun quorum per rendere valido l’esito della consultazione. Un motivo in più per non restare a casa e dire la nostra. C’è in gioco il futuro del Paese, il futuro di tutti noi.

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