Quella droga facile a Molfetta disgregatrice di una comunità
MOLFETTA - Spaccio di droga, è allarme rosso. A lanciarlo sulla Gazzetta del Mezzogiorno, è una mamma preoccupata della crescita del fenomeno, triste ricordo degli anni 90, quando Molfetta era diventata il supermarket della droga e furono necessarie due operazioni “Primavera” e “Reset” per debellare una situazione incancrenita.
Oggi non siamo, per fortuna, a quei livelli, ma non vanno sottovalutati alcuni segnali inquietanti, soprattutto per l’utilizzo di moderne tecnologie e, cosa ancora più grave, l’impiego di minori come pusher. Bici elettriche e monopattini sono diventati i nuovi veicoli della droga: veloci e insospettabili, cavalcati da adolescenti rampanti che consegnano la “merce” a domicilio, come una pizza ordinata sul web. Trainer della droga a caccia di denaro facile per soddisfare desideri e procurarsi abbigliamenti firmati, l’ultimo smartphone tecnologico dal costo proibitivo o per partecipare alle serate della movida.
Questi riders al servizio della delinquenza che non si espone e non rischia, anche per la scarsa punibilità dei minori, mette in difficoltà le forze dell’ordine che non sembrano ancora sufficientemente attrezzate ad affrontare la sfida tecnologica della criminalità organizzata. Da consumatori di sostanze “leggere”, dalla cannabis a marijuana e hashish gli adolescenti si trasformano in spacciatori veloci e alla luce del sole. La mamma preoccupata che ha lanciato l’allarme sostiene che i riders sono in movimento già dalla mattina, quando la gente esce di casa per andare al lavoro, anche gli adolescenti “terribili” si preparano alla loro giornata illegale che coinvolge soprattutto il centro: Corso Umberto, via Dante e Villa comunale, la stazione ferroviaria, oltre all’immancabile centro storico.
I genitori cominciano ad essere preoccupati per questo spaccio alla luce del sole con una rapidità ed efficienza che rendono i pusher difficilmente intercettabili. C’è chi sospetta che non si tratti di affari illeciti solo di famiglie malavitose, ma di un coinvolgimento diretto e indiretto (genitori inconsapevoli?) di insospettabili e cosiddette famiglie “per bene”.
I dati dell’uso di droghe in Italia sono allarmanti: quasi il 40% dei giovani tra 15 e 19 anni ha consumato almeno una sostanza psicoattiva illegale, con un aumento significativo rispetto agli anni precedenti. Il fenomeno non riguarda solo sostanze tradizionali come la cannabis, ma include anche nuove droghe sintetiche e pratiche alcoliche pericolose. La loro pericolosità è amplificata dalla facile accessibilità attraverso il web e dalla scarsa percezione del rischio tra i giovani.
Ciro Cascone, ex procuratore capo minorile a Milano ha sostenuto che “il desiderio di emergere sui social, con tante visualizzazioni, influisce sul tipo di droga scelta. Gli strumenti sono sempre più cinematografici: maschere che coprono tutto il volto per aspirare i principi della cannabis con sostanze sintetiche che li rinforzano, bong, spinelli elettronici, bevande fluorescenti, codeina spalmata sul gelato. L’obiettivo è raccogliere tante visualizzazioni. Il ventaglio di sostanze disponibili è infinito e si rinnova continuamente. Oggi i ragazzini si approvvigionano anche sul deep web, dove trovano stupefacenti a basso costo. Si formano quasi dei gruppi di acquisto, per comprare in quantità e a volte i post su Facebook o Instagram diventano veri e propri negozi online: si mette in mostra il consumo, ma in realtà si vuole anche vendere”.
“Il bong è sempre nello zaino” racconta un ragazzo di 15 anni, di un quartiere popolare di una grande metropoli italiana: “Fumiamo già dalle medie. Ci facciamo ogni pomeriggio. All’erba mescoliamo aromi, alcuni aggiungono delle sostanze sintetiche. Sempre diverse. Ce ne sono tantissime, scegliere dà l’illusione di libertà. Quasi tutti i pomeriggi, in giro, è un rito. A turno portiamo il bong nello zaino di scuola. È’ una grande pipa. Alcuni lo fanno solo per postare le foto nelle chat di WhatsApp, fa un bell’effetto se qualcuno ti riprende, facciamo i video e li postiamo”.
Siamo di fronte a un processo di disgregazione sociale e all’aumento della “cultura” dell’illecito. L’aumento della devianza ha, tra le altre spiegazioni, la mancata risposta delle istituzioni ai bisogni del territorio, come abbiamo sottolineato più volte. Le priorità per l’amministrazione comunale sembrano essere solo quella delle intercettazione dei fondi pubblici per aumentare il consumo di suolo e l’edilizia selvaggia, insieme ad opere pubbliche che non sono la priorità in questo momento.
A Molfetta, quasi in sordina, si sta sviluppando una criminalità minorile, favorita dalle insufficienti politiche sociali, anche se uno sforzo in tal senso va riconosciuto, ma non basta di fronte a uno sviluppo distorto, parassitario con una certa illegalità diffusa che si percepisce nell’atmosfera urbana.
Queste devianze si legano anche alle trasformazioni che si producono in un determinato tessuto urbano, come nuovi e caotici insediamenti abitativi senza servizi, col sospetto di speculazioni edilizie e riciclaggio di denaro sporco, come recenti iniziative della magistratura hanno ipotizzato.
La complessità sociale del fenomeno richiede interventi straordinari e prioritari per evitare lo sviluppo di una subcultura di appartenenza, la forma che assume la devianza quando dipende dai desideri di appartenenza a un gruppo sociale anche benestante, ma non sufficientemente capace di competere allo stesso livello economico. E’ questo l’effetto della disgregazione sociale e delle forme di ostentazione caratteristiche del mondo adolescenziale e non solo. Uno dei motivi significativi del consumo di droga fra adolescenti è la pressione dei pari, delle influenze sociali tra amici, conoscenti, scuola e comunità. La maggiore disponibilità e la facilità di reperimento delle droghe contribuisce alla loro diffusione.
Si cerca una via di fuga dalle responsabilità, per ritardare scelte e impegni in un territorio arido socialmente, dove solo il consumismo sembra avere un ruolo. Il successo da conseguire ad ogni costo: a scuola, sul lavoro, in società. Essere sempre all’altezza in ogni situazione, porta a cercare l’aiuto in qualche compensazione chimica.
I sociologi individuano la presenza, in un certo universo giovanile, di una componente nichilista, l’assenza di progettualità, la mancanza di intenzione “prestazionale”.
Il sociologo Kai Theodor Erikson sostiene che il comportamento deviante ha più possibilità di verificarsi quando le norme che regolano la condotta in un determinato contesto sociale, sono contraddittorie. I modelli che Molfetta offre sono fatti di ambiguità e di una nuova logica del profitto che passa dalla politica e dai modelli che questa propone. Il cosiddetto “ciambotto” che abbiamo inventato per definire le aggregazioni politiche al governo della città, ne è un esempio. L’amministrazione comunale sembra assente: altri problemi sono al centro della sua attenzione e, come sempre, non sono quelli legati ai bisogni del territorio, ma alla caccia e al mantenimento clientelare: dai voti dalle “famiglie politiche” ai singoli “signori delle tessere”, ma anche dai pacchetti clientelari pronti a spostarsi opportunisticamente da un fronte all’altro. Ecco che non si ha più il governo del territorio.
E così l’area del disagio cresce insieme a quel malessere diffuso della difficoltà a socializzare, all’isolamento che porta all’aggressività sempre più diffusa nella nostra società, alla violenza sulle cose e sulle persone. Sono tutti segnali di un malessere profondo degli abitanti di un territorio che non riesce a farsi comunità. Non bastano le parole di qualche amministratore per crearla, occorro atti concreti che non ci sono. A cominciare da una prevenzione, ampiamente insufficiente, all’incapacità delle istituzioni a realizzare proposte progettuali serie e coerenti e soprattutto accettate e condivise. Accanto a questa assenza istituzionale, va rilevata l’inesistenza di adulti disposti a valutare le capacità e i meriti dei giovani che hanno di fronte. Questo fa sì che il livello della qualità giovanile complessiva si riduca sempre di più e, a fronte delle eccellenze che esistono, ma abbandonano il territorio di origine, c’è la massa senza qualità e senza futuro, obiettivo del nuovo mondo delle devianze.
Ecco che l’appello della madre che si rivolge alle forze dell’ordine e ai servizi sociali, ma anche “a chi sa e chi può”, non può essere sottovalutato o considerato controproducente per l’immagine della città, ma accolto seriamente per affrontare il fenomeno in modo adeguato, prima che tutto sia irrimediabile e la metastasi criminale possa contagiare irrimediabilmente l’intera comunità.
Felice de Sanctis
Editoriale 9/25 rivista mensile “Quindici”
© Riproduzione riservata
Autore: Felice de Sanctis