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Natale 2025 – Parlare di vita
25 dicembre 2025

 Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore (Vangelo di Luca, capitolo secondo, versetti dieci e undici). L’angelo del Signore sveglia i pastori con una notizia straordinaria: c’è una vita che nasce. Si può dire che l’annuncio di questa vita è la risposta al timore, quello dei pastori svegliati da una luce, da una voce. È anche la risposta ad ogni uomo o donna che vive sulla terra, svegliata dal timore, ogni timore, persino dal timore della vita stessa.

 

Il Natale è contemplare la vita di un bimbo che nasce tra le braccia di una madre, la gioia di una madre dopo il dolore del parto che fissa lo sguardo sulla sua creatura, vita dalla sua vita. E dopo che si è contemplato la Madonna con Bambino, la mamma con il figlio, si va e si annuncia la vita. Finisce la contemplazione e comincia la parola. Finisce la stasi e comincia il movimento: il movimento della vita che parla di vita. Lo si fa con la semplicità dei pastori, con l’altezza divina degli angeli, ma lo si fa anche con l’innocenza dei bambini, con l’inquietudine dei giovani e con l’apparente irrazionalità degli adulti che credono ancora nella vita.

 

Ma ha senso parlare di vita in tempi di morte? Ha significato celebrare la vita mentre il mondo oggi celebra con la guerra la vittoria della morte? E dunque, ha senso annunziare il Na- tale come vittoria della vita sul male e sulla morte quando i segni della vita così piccoli e fragili come le membra di un bimbo che nasce vengono soppiantati dai segni forti, potenti e indelebili della morte?

 

Il Natale porta con sé questa contraddizione. Il Dio Bambino nasce nella precarietà di un tempo e di uno spazio. C’è da assolvere un obbligo di censimento ed è il tempo meno opportuno per generare; tutte le case sono piene e non c’è uno spazio dove poter partorire e alla fine si trova una stalla. Senza parlare poi delle fasce che avvolgono il Bambino a Betlemme; esse richiamano le fasce che avvolgono il Cristo nel sepolcro. Ed è proprio vero che dietro ogni mamma che genera un figlio c’è una croce ovvero una vita che è destinata a portare i segni della sofferenza e del dolore. Quasi a voler dire: per ogni vita che nasce c’è un’esperienza di esistenza toccata dal male. E allora che si fa? Si continua a generare e dunque a par- lare di vita o si zittisce la vita, non la si annuncia, non la si genera?

 

Il Natale è l’assurdo amore di Dio che incontra il cosciente male dell’uomo. Dio è ben consapevole di incontrare il genere umano diviso, disperso nelle sue avversità e contraddizioni. Ma proprio per questo nasce. Sa bene di trovare sulla terra male e morte. Ma proprio per questo nasce. Dunque, chi celebra il Natale oggi e con fierezza, con gioia e consapevolezza parla di vita non sta sbagliando. Non è fuori luogo né fuori tempo. Sono il luogo e il tempo di Dio. Chi celebra il Natale oggi non è in preda all’illusione o alla gioia facile. Egli non si illude che con il Natale tutto il male del mondo finirà e anche velocemente. Non è un ingenuo, è un credente. Crede nella Vita, parla della vita, annuncia la vita, difende la vita e permette alla vita di vincere. Perché la vita vince sempre.

Auguri.

Vincenzo Di Palo

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