Leggere i grandi poeti: Alessandro d'Avenia a Bari spiega perché e lancia una sfida ai giovani
BARI - ‘Talvolta la vita non la si vive, ma la si attraversa: ecco il rischio più grande in cui cadiamo quando siamo assorti dalla monotonia della quotidianità, fatta di gesti stanchi e azioni che finiamo col non reputare più nostre e nella quale, forse, la nostra presenza non conta molto’; la stessa quotidianità, rappresentata da allievi seduti ai propri banchi, muniti dei propri libri e dei propri zaini, con cui il 1 aprile, presso il Teatro Palazzo di Bari, si apre la presentazione del libro ‘L’ arte di essere Fragili’ di Alessandro d’Avenia, insegnante e scrittore siciliano, autore di altri romanzi che hanno riscosso enorme successo tra i ragazzi.
L’ incipit della rappresentazione è il suono della campanella, simbolo del richiamo alla quotidianità, ma non solo: la campanella è più di un richiamo, la campanella è una vera e propria chiamata; una chiamata ad essere presenti (dal latino ‘adsum’, di cui l’ ‘ad’ sottolinea che non basta la presenza fisica, ma è necessaria l’ attenzione) e a riconoscere la luce fra le tenebre. La chiamata è bellezza (non a caso un filosofo greco fa coincidere l’iniziale della parola ‘chiamata’ con l’iniziale dell’ aggettivo greco ‘kalos=bello’) e senza la bellezza, che in sé è tremenda ma è allo stesso tempo compimento, non c’ è vita: però, come sostiene d’Avenia, al giorno d’oggi essere chiamati è sempre più difficile per via degli schermi che, invece di mettere in pericolo, proteggono, impedendo le condizioni necessarie per ricevere questa chiamata, che comporta il rischio di rimanere feriti e delusi.
Ed è proprio su questo che lo scrittore fa leva, spiegando al pubblico, esterrefatto dalle sue notevoli abilità oratorie, come Giacomo Leopardi, oltre ad aver lasciato numerosi interrogativi, che permettono all’uomo di piegarsi su se stesso riflettendo sui propri passi, gli abbia insegnato ad affrontare il dolore e a trasformarlo in bellezza, nella quale la vita non ha bisogno di orologi, nella quale passato, presente e futuro sono racchiusi in un unico istante attraverso la metafora del ‘per sempre’.
D’ Avenia continua a tenere viva l’ attenzione dei presenti raccontando tre aneddoti significativi della sua adolescenza, durante i quali egli ha sentito di essere realmente presente alla vita e grazie ai quali ha capito che da grande sarebbe voluto diventare insegnante, nonostante le opinioni dei suoi compagni e le difficoltà elencategli dagli adulti; conclude il racconto di questi episodi affermando che essere presenti alla vita e a se stessi significa essere fedeli alla propria vocazione, accettando i propri limiti al fine di realizzare i propri desideri lottando continuamente.
A questo punto, facendo riferimento alla celebre poesia di Leopardi ‘L’Infinito’, in cui è presente un quindicesimo verso che fuoriesce dallo schema dei quattordici caratteristici del sonetto, lo scrittore sottolinea il fatto che non c’è infinito che non si confronti con il limite, oltre il quale si realizza il compimento. E il compimento rende felici. Ma qual è la chiave della felicità? Anche questa risposta d’Avenia la trova in Leopardi, che ha visto la salvezza in Antonio Ranieri, fedele amico che lo ha aiutato nei momenti di necessità: la felicità dipende dalla profondità delle relazioni che si tessono con il mondo.
Lo scrittore chiude la sua innovativa presentazione lasciando al pubblico un’immagine, quella della ginestra, un fiore tipico del deserto, e dice che essa è specchio di ognuno di noi; come la ginestra fa fiorire il deserto, poiché quello è il suo compito, così ciascuno di noi deve avere il coraggio di fare ciò per cui è stato chiamato, mostrando la propria fragilità, che non va confusa con l’autocommiserazione di se stessi, ma intesa come la capacità di spezzarsi per far del bene agli altri.
Prorompono applausi da ogni angolo del teatro: in ogni angolo qualcuno ha riconosciuto in Alessandro d’Avenia un esempio di vita, un uomo che ha saputo far tesoro delle proprie esperienze e dei propri libri, senza mai sfociare nel rischio di non cogliere l’essenziale: lo scrittore ringrazia tutti i presenti, ma precisa che il ringraziamento spetta a tutti i giovani, in quanto è l’adolescenza l’età fatta per le grandi cose e per le grandi sfide, una delle quali lanciata da lui stesso in quest’occasione: la sfida di percepire le parole che gli antichi poeti non hanno scritto e conservarle, portando avanti una missione come quella intrapresa da lui in questa tournée.
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