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La mercificazione della medicina: ritorna il comparaggio a Molfetta
11 giugno 2017

La malattia ha sempre due facce:

La prima corrisponde a ciò che il medico può diagnosticare  in modo oggettivo e impersonale  che rende ogni paziente “un caso clinico”, una componente della statistica medica, un’occasione per l’esercizio dell’arte” medica.

L’altra faccia è quella del vissuto del malato, laddove la malattia è un nuovo modo di esistere, una spiacevole percezione della propria identità, fisica e psichica.

L’uomo ammalato cerca un significato di ciò che gli sta accadendo trovandosi in una posizione di inferiorità rispetto a chi sta bene.

Gli impegni, gli interessi, le abitudini vengono improvvisamente abbandonati per entrare in un quotidiano diverso che coinvolge anche l’ambiente familiare e sociale in cui è inserito.

Si accusa la moderna medicina tecnologica di avere disumanizzato la pratica clinica e di avere indotto i medici a trattare i pazienti come oggetti.

Visitare gli ammalati non è una pratica obsoleta, ma sempre utile anche per una corretta diagnosi e la preparazione dei medici deve prevedere non solo “buoni medici” ma anche “medici buoni”

Il malato  a causa delle esigue disponibilità economiche  curato fittiziamente, perde prima il suo letto poi l’Ospedale ed alla fine la dignità,  illuso da una declamata medicina sociale inconciliabile.

Oggi il medico perseguendo i principi dell’efficienza, dell’efficacia ed accuratezza, recuperando i valori etici e deontologici deve preoccuparsi del modo di essere e di porsi oltre che del contenuto tecnico della sua professione perché il  paziente sia destinatario di una medicina il cui fine scientifico è la cura della malattia ed il cui fine antropologico è la cura  della persona.

Autore: Alberto Maggialetti
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