La leggenda di San Nicola e le tre figlie (II parte)
Il racconto
L’uomo che un tempo era ricco e che era caduto con la sua famiglia nella più tetra miseria e che non poteva sposare nessuna delle tre figlie; avendo ascoltato la più dolce delle tre, Serena, si era d’un colpo quietato. Catena, la primogenita aveva speso parole molto dure con suo padre, altrettanto aveva fatto Clotilde non curandosi della sensibilità dell’anima di suo padre. Serena invece aveva liquidato le ombre di quel povero padre con una sola frase: «anche se domani non dovessimo restar con te, anche se ci venderai al peggiore padrone io so bene che l’avrai fatto per salvarci la pelle». Aveva così chiuso la porta cigolante e nel rezzo notturno s’era dissolta. Lui, passato l’esame di coscienza, esausto, era rimasto immobile sulla scarna sedia. Si era addormentato. Gli era venuto in sogno un Vescovo, l’aveva riconosciuto, aveva una mitra ed un bastone, gli si era piantato dinanzi agli occhi che nel sogno erano aperti e aveva pronunciato queste parole: «È importante l’atto del dono, e quando si dona bisogna farlo senza remore, senza senso di possesso. E si donano le cose a cui noi teniamo di più, poiché facile è donare quel che vorremmo buttar via, invece no! Bisogna donare quello di cui non possiamo fare a meno. E quando si dona bisogna farlo in segreto senza dar scandalo o dirlo ai quattro venti. Bisogna insomma separare se stessi dalle cose che si posseggono». Ah, che lezione! Il vescovo, con l’aria d’un Santo avendo disegnato nell’aria la croce Benedetta si era dissolto. L’uomo l’aveva chiamato per nome, chissà come e dove l’aveva appreso: «Nicola! Nicola! Che Pace mi hai donato! Non andar via! Non andar via!...». Neanche a dirlo dopo una manciata di secondi ecco Nicola, il Santo, il vescovo, la Leggenda! che appare alle spalle del padre delle tre figlie con una sacca di monete d’oro e le lascia nella mano destra di questi pronunciando queste parole: «Uomo del tuo tempo Tu hai conosciuto l’ipocrita ricchezza E l’aspra povertà Ed è per questo che hai pensato a cose di incredibile gravità. Tu sei mio Fratello amico mio E questo è il mio dono Così ha voluto Dio». Fa ancora tre volte il segno della croce e scompare anche lui come inghiottito nel buio. Al suo risveglio, tramortito, l’uomo come in preda ad un estatico turbamento sente d’avere in pugno qualcosa che non è la solita aria fritta o la solita moneta avuta per pietà o per carità, no! C’erano tre grandi monete d’oro luccicante a riverberare nel pugno nodoso dell’uomo! «Oh Signore, le mie preghiere sono state esaudite, sono monete d’oro, sono monete d’oro… Clotilde, Clotilde, tu che sei la primogenita ti sposerai!!». Aveva subito chiamato Clotilde più che per condividere la gioia per avere l’esatta misura di quel miracolo e sapere che non di follia si trattava. Avevano danzato e festeggiato a loro modo per tutta la notte. Le tre sorelle felici di questo evento provvidenziale che sembrava promettere bene per il futuro. Qualcuno, in qualche parte del mondo s’era accorto di loro. Furono anche in breve celebrate le nozze di Clotilde ed il suo Paolo e, quella sera stessa il padre delle tre figliuole essendo rimasto solo aveva detto tra sé: «sarò felice questa notte per l’unione di Clotilde e Paolo ma sentirò anche l’amarezza per non poter aiutare le mie altre due dolcissime figliuole, Catena e Serena!». «Infatti padre, non so come tu abbia fatto ad avere quelle monete d’oro, ma ti dico di ricominciare a pregare, dille bene, indirizzale a tutti i Santi e al nostro Signore, ché anch’io ho da maritarmi…»; in effetti non era del tutto solo il padre delle ragazze; Catena trovava indegno che lei, secondogenita vedesse la sorella maggiore convolare alle nozze e non potesse fare altrettanto. S’era appostata quella birba per origliare e magari per scoprire un qualche inganno al quale il padre s’era potuto concedere. «Ehi Catena, dov’è la collana che tua madre prima di morire ti aveva regalato? » aveva chiesto il padre; attendendo prima di prorompere in un pianto liberatorio, Catena così gli aveva risposto: «Padre mio, io ti chiedo scusa, perché ho venduto la mia dignità… me ne avrebbero dato di monili e di gioielli, ma tutte le volte che incontravo quegli uomini la mia vista si offuscava e mi appariva dinanzi la figura di un pellegrino, con la barba lunga che aveva un lungo bastone in mano ed un crocifisso. E in quel momento mi venivano le lacrime agli occhi e non potevo non pensare a te padre, e a mamma!». Una grande ferita gli stava infierendo ma l’abbraccio del padre fu di gran lunga più repentino d’una ipocrita ramanzina. E durante il loro abbraccio era rispuntato Nicola il Santo che così aveva proferito: «la giovinezza e la vecchiaia! Il giovane avrà tempo per pentirsi Il vecchio non ha più tempo per rifarsi Se è vero che quel che è stato è stato Chi lo dice dimentica che a Dio solo a Dio Dobbiamo tutta la bellezza del Creato Imperscrutabilità del fato! E sia!… questo dono vi appartenga!». E aveva posto tra le mani incrociate dei due addormentati un altro sacchetto di monete d’oro. Immaginate i festeggiamenti quando anche Catena aveva scoperto che qualcuno era lì probabilmente tra loro a tendere non solo una mano ma anche tutte le ricchezze che cinque dita e un palmo potevano apportare. Una famiglia che solo qualche mese prima era in frantumi stava ricomponendosi mattone per mattone e questo grazie alla generosità e benevolenza di San Nicola! Ma alla festa, perché tutto si compisse ecco, mancava la figlia più dolce, la più generosa e paziente: Serena. «Serena, figlia mia, io penso che non ci possano essere fantasmi o spiriti benigni o maligni… qui si tratta di qualcuno che ben conosce la nostra situazione, la nostra famiglia e vuol farci del bene! Piuttosto quel che non capisco è perché non dirmelo, perché non mostrarsi cosicché io possa in un certo qual modo disobbligarmi. Io, io per ringraziare potrei mettermi a disposizione per qualsiasi cosa, diventerei uno sguattero perché grande è la gioia che mi ha donato»; «io credo invece Padre nei segni della Provvidenza, è stato un uomo, una donna, un amico chissà? Per me costui o costoro sono la Provvidenza…», aveva subito risposto saggiamente la più piccola. «e tu figliuola non mi chiedi se posso sposare anche te? Sei l’ultima rimasta no?, così c’era stato uno scambio di battute che sembrava una tenera scena teatrale: SERENA - io con te Padre sono felice. PADRE - E lo saresti anche con un marito ed una buona dote d’oro? SERENA - a me basta quello che ho Padre. Andiamo a dormire PADRE - no, no figliuola, io rimango qui come l’altra notte, e l’altra ancora. SERENA - ma cosa dici? PADRE - Va’ a dormire io resterò qui Detto questo s’erano separati. Ma questa volta il Padre accese le candele, aveva finto di dormire. San Nicola mentre gli stava donando il terzo sacchetto d’oro veniva questa volta scoperto dal Padre delle tre figlie: «ma… tu sei… Nicola! aveva esclamato con immenso stupore l’uomo. «sì sono io mio caro Sebastiano» gli aveva risposto serafico San Nicola. «Perché mi aiuti, a cosa devo tanta generosità? » incalzava, «A Dio, solo a Dio. Ti prego ora io Sebastiano, questo era il nome del padre: nessuno mai dovrà far sapere che sono stato io ad aiutarti. Nessuno. Poiché la Carità è da ritenersi un atto nobile solo se non si hanno campane da suonare. Si fa del bene agli altri e lo si fa in silenzio senza clamore. Dio sia con voi sempre». E si era dileguato ancora una volta dissolvendosi, polverizzandosi, scomparendo dalla vista dei profani mortali. Il Padre delle tre figlie era rimasto senza parole. Sua figlia Serena l’aveva abbracciato teneramente alle spalle e l’aveva messo con calma e pazienza a dormire sul suo grembo mentre una musica dolce irrompeva nella casa. Una nuova fortuna era cascata come la manna nella casa di quella famiglia benedetta. E già! I miracoli avvengono nel buio, in silenzio Difficile è crederci ma non ha importanza Il segreto della Fede è battere una strada Che di nome fa speranza! 2 – Fine © Riproduzione riservata