L’immagine del presepe in tempo di guerra
Un simbolo diverso del Natale
Si avvicina un altro Natale, e già si respira quell’aria che ci avvolge, da quando eravamo bambini, in una sottile attesa. Certo i tempi cambiano, e molto rapidamente, e la nostra storia personale si immerge nella grande Storia collettiva che ha, al contrario, un’altra aria, che con la prima tende a confondersi: l’angoscia per il presente (dominato da guerre, violenze, crudeltà inaudite) e per il futuro (distruzione del nostro ambiente e del nostro pianeta). Tuttavia le nostre strade, i negozi, si rivestono delle luci della speranza, con abeti veri o finti e si rinnova un rito, ormai consolidato da anni, anche nelle nostre contrade. E c’è ancora chi non rinuncia ad allestire il presepe. Nelle proprie abitazioni, in alcune sedi di socializzazione, nelle chiese. Sì, ma quale presepe? E’ invalsa da tempo l’abitudine di rifare il presepe con elementi “sociali” (i cosiddetti “presepi attualizzati”, che riproducono scene e personaggi dei nostri giorni). Composizioni, in cui si vogliono far emergere, ad esempio, elementi della città antica, in questo caso Betlemme, assieme a quelli delle città diventate, man mano, diverse con il passare dei secoli, e nelle quali si ritiene giusto inserire simboli che a questa modernità si riferiscono. Chi non ricorda di aver visto direttamente o in immagini fotografiche i presepi napoletani dell’Ottocento, conservati a San Martino e ancora oggi reperibili riprodotti con grande abilità, a Napoli, nelle botteghe di San Gregorio Armeno? Invece dei pastori tradizionali, per fare un esempio, ci sono scugnizzi che si dirigono verso il luogo della Natività di Cristo. Sono presepi in cui, lungo le strade o nelle piazze, si incontrano botteghe e rivendite colme di ogni ben di Dio (in opposizione alla fame del popolo) e che, prima dell’avvento degli ipermercati, punteggiavano la vita di ogni giorno, e che oggi si possono forse solo ritrovare solo nei mercati settimanali o nei campers dei fastfood. Indiscutibilmente non ricordano la Galilea di 2000 anni fa. Sorge, tuttavia, spontanea una domanda: siamo convinti che i presepi debbano essere, per forza, una copia esatta di un avvenimento in cui noi non ci siamo stati direttamente e che oggi, comunque, sarebbe sempre frutto della nostra fantasia, se non in casi ormai spesso consueti più simili alla spettacolarizzazione, piuttosto che essere il “ricordo figurato”, spiritualmente più fedele al messaggio che Francesco volle fosse ricordato per sempre?Il presepe, con la Natività, non deve forse richiamare alla memoria il significato profondo della nascita di Gesù, un invito a una vita dedicata ad amare gli altri, che non si è perso con l’andare del tempo e di cui oggi più che mai sentiamo il bisogno? Ma quanti nel fare il presepe oggi si pongono la domanda come era la Terra di Gesù? Intanto nel I sec. era divisa in tre regioni Galilea, Samaria e Giudea; che Betlemme era in Giudea e si trovava all’interno e un po’ più a nord di Gaza e che Nazareth era molto più a Nord, verso l’attuale Libano, in Galilea. E se volessimo “attualizzarlo” oggi, proprio lì, in quelle terre martoriate, che aspetto avrebbe il presepe di oggi? Sapete? La risposta me l’hanno data per caso i miei vicini di casa: Angelo e Angela, che ormai anziani, tutti gli anni allestiscono il loro presepe, soprattutto in attesa di trascorrere le festività assieme ai loro nipoti. Così, anche quest’anno, ci hanno messo tutto il loro impegno, proponendo la versione tradizionale: grotta e Gesù Bambino, con Maria, Giuseppe, asino e bue, stella cometa, pastori, pecore, galline, montagne di carta marrone, un laghetto-specchietto e casupole e botteghe artigiane con la loro mercanzia, luci colorati e fili d’argento. Solo che quest’anno non è andata come le altre volte. Birillo, il loro gatto siamese, che è sempre stato dolcissimo e compagno inseparabile nelle lunghe sere di solitudine, l’altra notte ha combinato un guaio, ed è la prima volta che questo è accaduto. Chissà per quale oscura ragione, è salito sul tavolo ed è entrato con tutto il suo peso nel presepe, devastandolo: la grotta pericolante, la stella cometa dispersa chissà dove, pastori e animali a terra, alcuni con arti e teste spezzate e le case, le botteghe un cumulo di macerie. Quando Anna si è svegliata e ha trovato questo macello, dopo essersi messa le mani nei capelli, e aver inutilmente rimproverato Birillo, che la guardava con aria assolutamente innocente, ha chiamato Aldo. “E mo?” – gli ha chiesto – “che facciamo?”. Aldo ha guardato il presepe per un lungo minuto e poi rivolgendosi ad Anna, con aria seria le ha risposto: “Lasciamolo così! Oggi il presepe è questo!”. © Riproduzione riservata