Anche l’economia della Puglia, come nel resto d’Italia registra un rallentamento. Per capire la situazione economica della nostra regione e di conseguenza quella della nostra città e i possibili riflessi dell’attuare congiuntura non c’è di meglio che l’Osservatorio della Banca d’Italia che fotografa periodicamente la situazione. Quale migliore occasione come giornalisti economici per parlare di questa materia soprattutto in questo momento in cui la sede di Bari è diretta da un molfettese doc come Sergio Magarelli, col quale abbiamo anche una lunga amicizia. Abbiamo seguito la conferenza stampa di presentazione del Rapporto trimestrale avvenuto nella sede della Banca d’Italia il 10 novembre, data alla quale si riferiscono le cifre che presentiamo e i commenti di questa intervista. Allora dott. Magarelli, la nostra piccola Ferrari sta rallentando? Come mai? Registriamo una crescita dell’1,2% contro il 3,3% dello stesso periodo dello scorso anno. Viaggiamo verso lo zero virgola a fine anno? Influiranno le guerre in corso, oltre al clima di incertezza globale? «E’ vero, sta rallentando; ma non è ferma e non è in panne: potrebbe essere sufficiente un po’ di buona energia, per ripartire. Le previsioni per il 2023 relative all’Italia ci indicano una crescita inferiore all’uno per cento: è probabile che anche la Puglia chiuderà l’anno su valori simili. Questo andamento risulta in linea con il rallentamento dell’economia – al quale i recenti conflitti non sono certamente estranei – e risente sicuramente dell’accresciuta incertezza a livello globale, ma anche del forte rallentamento di alcuni settori produttivi, come, ad esempio, quello delle costruzioni, molto importante nel tessuto economico pugliese, che ha perso slancio: l’utilizzo del Superbonus si è di fatto drasticamente ridotto». L’uomo della strada si chiede: I consumi soffrono anche per l’inflazione? Come mai a fronte di un crollo dei mutui del 30,5%, si registra un aumento del credito al consumo? «Certamente, il rapido e per certi versi imprevisto aumento del livello generale dei prezzi (l’inflazione) di questi ultimi mesi ha colpito maggiormente proprio le fasce più deboli e fragili della comunità. Osserviamo un rallentamento dei consumi delle famiglie, il cui potere d’acquisto è eroso dalla forte inflazione. Per contenere l’aumento dei prezzi, l’Eurosistema, di cui Banca d’Italia fa parte, ha innalzato i tassi di interesse; il che sta avendo, tra l’altro, riflessi negativi sulle compravendite e sui mutui per l’acquisto delle abitazioni. Il credito al consumo sta di contro continuando a crescere in maniera abbastanza intensa: vi sono diverse ragioni, tra questa forse anche la necessità, per alcune famiglie, di finanziare le spese quotidiane attraverso l’indebitamento: non certo un segnale rassicurante». Il risparmio comunque tiene, anche se non ai livelli degli anni scorsi oppure è in atto un’inversione di tendenza? «Nel recente passato, il risparmio, sia delle imprese, che delle famiglie è cresciuto a ritmi piuttosto elevati; per una elevata quota era probabilmente liquidità prudenzialmente messa da parte, in attesa di impiego. Quello che ora stiamo osservando sul fronte del risparmio è piuttosto una ricomposizione delle attività finanziarie. L’aumento dei tassi di interesse operato dalla Banca centrale si è riflesso in misura contenuta sulle remunerazioni dei depositi presso le banche: di conseguenza, famiglie e imprese stanno optando per investire queste somme (il cui valore in termini reali si riduce per l’inflazione), in attività finanziarie diverse (tra le quali, i titoli di Stato)». Come stanno reagendo le imprese alla crisi e cosa chiedono? «Per la redazione dei nostri documenti istituzionali ci interfacciamo con un ampio numero di operatori economici e di imprenditori che operano nei diversi settori produttivi. In regione, in buona parte le imprese, agendo sui prezzi, sono riuscite a traslare gli aumenti dei costi dei fattori produttivi, mantenendo risultati reddituali positivi. Le aziende, comunque, continuano ad aver bisogno di un’azione pubblica più efficiente e rapida e di investimenti diffusi ed efficaci sulle infrastrutture: al momento il PNRR ha liberato solo una piccola parte del suo impatto. I prossimi mesi e l’effettiva influenza dei provvedimenti varati, saranno cruciali. L’esplicarsi positivo e duraturo di una complementarità tra pubblico e privato, di sinergie tra Stato ed economia potrebbe fare davvero la differenza». Comunque il sistema bancario complessivamente non è messo male. «Invero, siamo di fronte ad un deciso rallentamento della crescita del credito, in quasi tutti i comparti, sia nella regione che nel Paese. Il fenomeno è osservato sia dal lato della domanda di credito da parte di famiglie ed operatori, sia sotto il profilo delle concessioni e delle condizioni di accesso ai finanziamenti, che si sono fatte più prudenti. Gli indicatori a nostra disposizione, comunque, non evidenziano al momento un peggioramento della qualità del credito, ma il forte rallentamento dell’economia, in un quadro globale di incertezza, accresce i rischi che questo possa accadere nei prossimi mesi». L’occupazione cresce, ma anche il lavoro precario o part time. Resta comunque il problema complessivo della disoccupazione e della sottoccupazione in Puglia. «Nell’ultimo triennio, la Puglia ha mostrato una crescita occupazionale migliore rispetto alla media italiana. Permangono, peraltro, degli elementi strutturali di criticità, nei livelli di occupazione e, soprattutto, nella qualità del lavoro, che ci distanziano significativamente dalle medie delle regioni più avanzate del nostro Paese e dell’Europa. Questo si ripercuote su categorie sociali molto importanti, come i giovani e le donne. E’ necessario puntare, anche con politiche attive, a rendere, per tutte le componenti della società, più agevole la partecipazione al mercato del lavoro e a facilitare lo sviluppo delle iniziative produttive positive. È una questione non solo economica, perché la inclusione e la valorizzazione del contributo delle donne, dei giovani e dei portatori di ogni tipo di diversità è un tema più ampio e di portata imprescindibile, che coinvolge profondamente gli aspetti della nostra società». Perché molti giovani vanno al Nord o all’estero, provocando una perdita di talenti e aumentando il tasso di invecchiamento della popolazione? «Le motivazioni economiche e, soprattutto, la percezione delle reali possibilità di realizzare il proprio futuro e le proprie aspettative professionali e personali hanno sempre un ruolo rilevante nello spiegare mobilità e migrazioni. Penso che anche in questo caso lo abbiano. Particolarmente importante ci sembra la fuoriuscita di professionalità di considerevole spessore esperienziale e di elevato livello di istruzione e formazione. Le previsioni demografiche per i prossimi decenni non sono affatto buone per il Mezzogiorno e per il Paese Italia. Parliamo di una importante riduzione della natalità, ma ancor più di degiovanilimento della popolazione. Anche le politiche attive varate per fronteggiare questa criticità, pur se efficaci, non potranno avere effetti positivi sul bilancio demografico prima di alcuni decenni». Perché è importante accrescere la cultura finanziaria delle giovani generazioni. Bankitalia è impegnata su questo fronte, anche se mancano docenti in materia nelle scuole. «L’obiettivo della diffusione della conoscenza economica e della cultura finanziaria (l’educazione finanziaria), non è, né può essere, quello di rendere i cittadini, operatori finanziari o esperti contabili, ma più semplicemente è quello di non mandarli, sprovveduti, come Pinocchio in cerca del campo dei miracoli. Banca d’Italia è particolarmente attiva al riguardo, con una serie di progetti orientati verso la scuola, ma non solo, ed ha un ruolo propositivo ed importante nell’ambito del Comitato nazionale per la programmazione ed il coordinamento delle attività di educazione finanziaria. Lo scopo è quello di contribuire a dotare ognuno degli strumenti necessari per prendere decisioni consapevoli e rispondenti ai propri reali interessi; e così, non correre il rischio di divenire preda facile degli artifizi informativi o dei bias comportamentali. Attese le bassissime posizioni che la nostra popolazione, studentesca ed adulta, raggiunge nelle specifiche survey ed indagini internazionali sulle conoscenze finanziarie ed economiche possedute, direi che il nostro Paese ne ha ancora assoluto bisogno. Questa accresciuta consapevolezza sociale è importante anche per un altro, complementare ordine di ragioni. Migliorando sostanzialmente le proprie relazioni finanziarie, si contribuisce efficacemente a far sì che si affermi il prodotto /servizio migliore e vincano il confronto competitivo gli operatori più efficienti e corretti (quelli che parlan chiaro e si fanno trovare sempre, anche dopo che il cliente ha “comprato”); in tal modo, si agevola il miglioramento dell’intero sistema finanziario e probabilmente si contribuisce a rimettere in modo quegli ascensori sociali da troppo tempo rallentati e quasi arrugginiti». Perché non si investe in fonti alternative a fronte dei rincari energetici? «La transizione energetica, quindi il contenimento sostanziale dell’economia basata sulle fonti fossili, ma anche l’ottimizzazione della impronta ambientale mediante un diffuso e concreto orientamento verso la sostenibilità ambientale dei nostri processi di selezione e delle scelte di investimento piccole e grandi è un cambiamento epocale, che non richiederà pochi anni e non sarà affatto né unanime, né indolore. Il primo passo è sicuramente la definizione di regole e indicatori qualificanti, validi per tutti. Ciò premesso, dobbiamo osservare come vi siano stati importanti investimenti in materia, in Puglia, negli ultimi tempi. La nostra regione, favorita anche da condizioni di vantaggio ambientali e dall’utilizzo delle politiche di incentivo pubbliche, anche europee, si è affermata come uno dei territori che producono più energia eolica e solare in Italia. Sono nate, anche in Puglia, importanti realtà; il primo parco eolico marino offshore italiano inaugurato in prossimità del porto di Taranto, ad esempio, potrebbe anche dare un qualche contributo alla decarbonificazione del sito Acciaierie d’Italia (ex ILVA). Nell’ambito del PNRR il progetto bandiera pugliese denominato Green Hydrogen valley prevede inoltre la realizzazione di impianti per la produzione di idrogeno verde in aree industriali dismesse. Sono allo studio in fase avanzata, inoltre, progetti ambiziosi e innovativi, che coinvolgono anche le Accademie universitarie regionali ed in particolare il POLITECNICO di Bari, come l’installazione di una centrale eolica galleggiante nel basso adriatico. Anche piccole iniziative, come ad esempio quella di ri-forestazione (pochi giorni fa, la terza di 4 tappe del progetto FORESTA ITALIA) alla quale anche Banca d’Italia ha partecipato fattivamente, servono a dare un segnale positivo al territorio. Importante per l’efficacia di tale azione è la definizione di un quadro strategico e di una governance certa per la politica ambientale: è possibile che un contributo positivo sia apportato dalla pianificata ZES unica. Dobbiamo ricordare sempre che questo bellissimo e affascinante pianeta è stato affidato in prestito a noi umani, per preservarlo e valorizzarlo anche nell’interesse delle prossime generazioni e di tutti gli esseri viventi che lo abitano. In fondo, non poteva esserci affidato un compito più bello e degno». Come andiamo con l’economia illegale? «Ci andiamo, insieme con tutte le forze positive di contrasto, istituzionali e della società, decisi, con avvedutezza e senza alcun arretramento. Il riciclaggio è industria essenziale, indispensabile, vitale per i coacervi del malaffare, il cui scopo è rendere i flussi finanziari illeciti, ricchezza spendibile alla luce del sole e strumento di acquisizione del consenso sociale. La forza di quei consorzi criminali è la enorme disponibilità di mezzi finanziari liquidi, ma lì è anche la loro debolezza, perché tracciabili: il loro tallone di Achille. L’antiriciclaggio può e vuole essere la freccia di Paride. La distorsione dei flussi di risorse pubblici verso l’economia e il deterioramento delle relazioni economiche e sociali costituiscono un vulnus gravissimo al potenziale di crescita delle comunità e di sviluppo armonico della convivenza civile, deprimendo la formazione potenziale del reddito del territorio dove vi è diffusa e pervasiva infiltrazione, alterando i processi virtuosi di selezione del merito, non solo creditizio, delle migliori e più efficienti iniziative. Costruire un argine invalicabile e una solida barriera avverso questa contaminazione può consolidare o restituire agli operatori e alle loro famiglie la fiducia nella comunità e la capacità di costruire il proprio futuro e, soprattutto, contribuisce a fugare comodi alibi per non fare». In definitiva: cosa manca all’economia pugliese per fare il salto di qualità? «È una domanda molto intrigante, complessa, affascinante, per la quale mi piacerebbe riservarmi una ulteriore conversazione, che potrebbe vertere principalmente sulla opportunità / necessità di incrementare la produttività dei fattori. Per provare comunque a rispondere in breve a questa domanda, ritengo sia opportuno trasformare il punto di vista e formulare qualche osservazione sul perché la Puglia ha bisogno di un salto di qualità. Invero, è dalla fine degli anni ’90 che il nostro Paese e la regione Puglia, che prima si sviluppavano con una vivacità analoga a quella europea, hanno visto la linea di crescita appiattirsi ed aumentare notevolmente il divario con gli altri paesi dell’Unione. Il contesto generale, lo abbiamo detto, è dominato dall’incertezza, che è uno dei principali ostacoli per la crescita economica e lo sviluppo sociale: condiziona le scelte aziendali, rallenta i piani di investimento, può generare terribili nemici, come la sfiducia e l’isolamento Le importantissime risorse pugliesi ancora non utilizzate appieno e, soprattutto, le preziose risorse umane di qualità, possono però contribuire utilmente a fronteggiare le grandi sfide globali, per accogliere i cambiamenti epocali che portano le ormai ineludibili transizioni: ecologica, tecnologica e inclusiva. Questo serve al Paese, serve alle nostre comunità altrettanto quanto i flussi finanziari aggiuntivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, al quale possiamo aggiungere qui una terza R, quella della Rinascita. Rinascita per creare insieme un giardino tenuto fertile e pulito, dove far crescere rigogliose le iniziative produttive e le occasioni di lavoro di qualità, per costruire ora un avvenire all’altezza delle aspettative delle prossime generazioni, un domani dove possano albergare i sogni dei nostri figli. Questo sta a noi, questo è compito nostro». © Riproduzione riservata
Autore: Leonardo de Sanctis