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Il narcisismo politico di Tommaso Minervini, il masochismo di Rifondazione comunista e il trampismo di sinistra a Molfetta
01 febbraio 2017

MOLFETTA – Sta nascendo una sorta di trampismo di sinistra nella politica di Molfetta, un gene autolesionista, sempre presente in quest’area e che si risveglia soprattutto nelle campagne elettorali. Egoismo, narcisismo (nella foto il bellissimo Narciso del Caravaggio) e protagonismo sono i componenti del gene autodistruttivo, tenuti a bada con grande sforzo, ma che riemergono alla prima occasione.

Poi ci sono i fake della politica, che a volte ritornano. Metti insieme questi elementi e comprendi perché è “saltato” il tavolo del centrosinistra a Molfetta. Da una parte Tommaso Minervini, sempre sensibile al richiamo del potere, anche quando il canto delle sirene viene da destra. Del resto la sua esperienza precedente insegna. Ecco il fake del centrosinistra che pur di fare il sindaco, non esita ad allearsi con quelli che dovrebbero essere i suoi avversari. Chissà cosa direbbe Nichi Vendola! Quello che disse all’epoca Beniamino Finocchiaro lo sappiamo bene e ricordiamo che il maestro aveva rinnegato l’allievo.

Così ieri sera Minervini illuso da una semplice promessa (senza garanzie) di candidatura a sindaco ricevuta dalle liste civiche di destra, non si è presentato all’incontro del centrosinistra, né ha comunicato la sua assenza, né tantomeno il motivo di questa scelta: perché scontato o perché non aveva la faccia? Comunque un comportamento scorretto.

Il buon Tommaso ha così dato più valore e consistenza, di quello che in realtà non sia, al ciambotto di destra, che esce ringalluzzito da questa “cattura” e da questo colpo inflitto al centrosinistra. Ecco le conseguenze del narcisismo politico!

Intanto “Officine Molfetta” di Pasquale Mancini, per ora, si è tirato fuori dal ciambotto, smentendo due siti on line (non “Quindici”) di aver dato sostegno a un candidato sindaco esterno al Movimento: «allo stesso modo ci è sembrato eccessivo e non gradito il tentativo, effettuato da chi ha diffuso la notizia, di omologare il nostro movimento includendolo automaticamente in un'area di centro civico cui guardiamo con attenzione ma che abbiamo convocato a un tavolo comune essenzialmente per fare chiarezza su metodi, programmi e priorità». 

Ma il tavolo del centrosinistra divenuto traballante per la defezione (ahimè prevedibile) di Tommaso Minervini, ma anche del suo fido Mauro De Robertis, che come capogruppo di Sel in consiglio comunale ha difeso Paola Natalicchio fino all’ultimo giorno (chissà come lo spiegheranno ai loro elettori) è crollato perché Rifondazione Comunista ci è salito prepotentemente sopra, pretendendo (a quale titolo?) il candidato sindaco.

Un ricatto politico bello e buono, anche se non imprevedibile per un partito scomparso dalla scena politica nazionale per la sua scarsa disponibilità al dialogo e al confronto: “o con me o contro di me”, hanno sempre detto i rifondaroli bolscevichi, cancellando chi osasse criticarli.

Avendo ottenuto il rifiuto da parte delle altre componenti del centrosinistra (Partito democratico, Sinistra italiana, Linea diritta, Centro democratico, hanno deciso di andare da soli con un proprio candidato, con l’obiettivo di rivedersi, magari, al ballottaggio. I cittadini, ma anche gli elettori, devono sapere che in queste condizioni Rifondazione al ballottaggio non ci arriva, ma impedisce anche al centrosinistra di arrivarci. Masochismo politico puro, tafazzismo irrecuperabile: con la loro politica favoriscono solo il centrodestra. Ma, del resto, ci sono abituati. E finiranno per scomparire dalla scena politica molfettese, perdendo anche l’unico consigliere comunale che avevamo, come sono scomparsi da quella nazionale restando senza rappresentanza parlamentare.

Arroganza o incoscienza? Entrambe. Infatti, con il loro comportamento hanno dato voce all’ala ciambottista del Pd (De Nicolo, in primis, che ora starà gongolando), mettendo in difficoltà il segretario Antonio Di Gioia che faceva di tutto per ricomporre il tavolo in frantumi. Una follia!

E mentre i rifondaroli si richiudono nella loro riserva indiana e nella loro incomunicabilità (diceva qualcuno che la comunicazione parte non dalla bocca, ma dall’orecchio che ascolta) dopo aver assaporato il piacere del potere nella giunta Natalicchio (e ora ne hanno nostalgia, ma pensano di raggiungerlo da soli) in attesa del loro congresso annunciato per il 10 febbraio, il resto del centrosinistra si interroga sul da fare. Per ora gli incontri sono sospesi, in attesa di trovare un buon falegname che possa rimettere insieme il tavolo alla men peggio.

Intanto, forti di questo imprevisto successo i “tammacchiani” delle liste civiche hanno chiesto un incontro al Partito democratico. Se ci dovesse essere una virata al centro del Pd, il povero Tommaso resterebbe a guardarsi sulla riva del lago, rischiando di finirci dentro e annegare.

E così che avanza il trumpismo in salsa locale.

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