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Il computer
15 maggio 2020

Era uscito prima dell’alba don Savino, per udire i fruscii, i bisbigli, i leggeri sibili, come un lieve alitare di vento, che gli dicevano che erano lì. Ormai poteva quasi comprendere il loro linguaggio, in qualche strano modo riuscivano a comunicare. Aprì la porta della Chiesa sulla collina, oggi forse non sarebbe salito nessuno, si parlava da giorni di un morbo terribile e contagioso che costringeva la gente a chiudersi in casa, anche se nel paese tutto era tranquillo. Le prime finestre si aprivano nell’aria livida del primo mattino che non prometteva niente di buono, e la vide giungere. Saliva con passo affaticato il sentiero ripido che portava in cima: i capelli sciolti, lunghi e folti, che portava abitualmente raccolti in una treccia fermata sulla nuca, i vestiti larghi, che sembrava volessero nascondere un corpo sodo e agile, l’espressione sempre cupa e imbronciata, ora pensierosa ma distesa. “Ma guarda un po’, è una bella donna!”, pensò sorridendo fra sé don Savino. Anche se da quando era diventato prete non aveva infranto il voto di castità neanche con un pensiero, era stato un pugile piuttosto noto e di donne ne aveva frequentate parecchie. La invitò ad entrare nella piccola Chiesa con i muri imbiancati a calce, con i banchi di legno, un vecchio organo che lui ogni tanto suonava, un affresco ormai quasi illeggibile, con il Bambino che carezzava il volto della Madre, qualche statua di cartapesta con i colori sbiaditi. Lo sguardo della donna si rasserenò e lei lo seguì in Chiesa. Tutto era silenzio, Loro erano forse nel boschetto vicino alla Chiesa, fitto, impenetrabile, dove nessuno osava inoltrarsi per tutte le storie paurose che circolavano in paese e che, nonostante don Savino continuasse a dire che erano tutte sciocchezze, facevano sì che a nessuno sarebbe venuto in mente di entrarci e quindi era protetto dai vandali e dagli sciocchi. Il bambino dormiva profondamente e lei, prima di uscire, gli lasciò sul tavolo un biglietto, scritto con la sua larga grafia un po’ incerta ma corretta, una tazza per il latte e un panino del giorno prima, dicendogli di scaldare il latte e far colazione, poi aggiunse una frase al biglietto: “Guarda i cartoni in televisione finché torno”. Pensò, vergognandosi, a quante volte glielo aveva impedito, per risparmiare, per far quadrare i conti, era bravo, obbediente, andava bene a scuola… perché privarlo di quella piccola gioia? Il padre se ne era andato quando Luigino aveva solo tre anni, lo aveva messo lei fuori della porta in malo modo, e a lui non era parso vero di lasciarla con il bambino. Si erano sposati con il rito civile quando lei aveva scoperto di essere incinta e poco dopo lui aveva preso a picchiarla, ceffoni violenti che lei sopportava, e questo sembrava calmarlo, ma quando lui aveva alzato una mano sul bambino che piangeva perché aveva fame, pur senza colpirlo, questo non lo aveva sopportato. Ogni tanto lui le inviava un po’ di soldi che lei accettava per il bambino, ma non si era visto più. Luigino si svegliò ad un’ora insolitamente tarda, sua madre non c’era, vide il biglietto e si affrettò ad accendere il televisore. Non gli sembrava vero. Sua madre provvedeva a lui per quanto poteva e lo aveva picchiato solo una volta: erano andati con la scuola, una pluriclasse, alunni e genitori, alla Chiesa sulla collina per una gita, cosa rara e accolta con gioia dai bambini che si erano scalmanati in giochi e corse, unica proibizione, non entrare nel boschetto, ma a nessuno dei bambini sarebbe passato per la testa di farlo. Quando era giunto il momento di scendere giù al paese, Luigino non era con i compagni, nessuno lo aveva più visto da quando avevano consumato le buone cose da mangiare portate dalle mamme. La madre, dopo averlo cercato in Chiesa, aveva sentito da uno dei bambini che lo avevano visto entrare nel boschetto ma nessuno lo aveva visto uscire. Lei era terrorizzata, cominciava ad imbrunire e le si affollavano nella mente tutte le cose terribili che si mormoravano. Don Savino la tranquillizzava sorridendo e finalmente se lo vide vicino, un po’ pallido, ma sano e salvo. Il sollievo fu immenso, ma fu istintiva la sua reazione di dargli un sonoro ceffone. “Che hai visto lì dentro?”, chiedevano gli altri bambini sotto lo sguardo inquisitore delle madri? “Ma…niente, solo alberi e foglie”, continuava a ripetere il bambino, ma nessuno gli credette. Luigino non le aveva mai chiesto niente, ma ora, con timore, le aveva chiesto un computer, a scuola era diventato indispensabile da quando le lezioni si facevano utilizzando questo strumento a lei ignoto, perché la scuola era chiusa per via del morbo, che comunque in paese non aveva colpito nessuno. C’era un solo negozio che vendeva lavatrici, televisori, radio e aveva messo in vetrina un computer: “occasione”, recitava un cartello posto vicino all’apparecchio. Era entrata vergognandosi e ne aveva chiesto il prezzo, ma i suoi risparmi non sarebbero bastati, erano circa i due terzi della somma necessaria, uscì scusandosi, seguita dallo sguardo incuriosito del negoziante. Non si perse d’animo, sarebbe andata da don Savino. Il prete la accolse con la sua brusca semplicità ed lei gli espose con difficoltà il suo problema e cioè che le mancava una parte della somma necessaria per il P.C. a Luigino. “Verrò, se vuole, anche tutti i giorni a pulire la Chiesa, ad aiutarla in casa se ha bisogno…”. La interruppe la risata di don Savino: “Figlia mia, ti rendi conto di quel che direbbe la gente se ti vedessero salire qui con tanta frequenza? Non preoccuparti, i soldi te li do io, me li restituirai quando potrai, li avevo messi da parte per qualche necessità urgente e questa è una buona causa”. Il ritorno dalla Chiesa fu un volo, entrò trafelata nel negozio e concluse l’acquisto rapidamente. Luigino sedeva davanti al televisore acceso e quando la vide entrare trafelata, con un grosso pacco fra le braccia e la vide avvicinarsi a lui, la guardò quasi impaurito, eppure lei non lo aveva mai picchiato, se non quella famosa volta. “Mio figlio ha paura di me”, pensò lei con sgomento: da quanto non gli dava un bacio? Posò il pacco sul tavolo, vicino alla tazza della prima colazione: “Buon compleanno, Luigino!”, esclamò con gli occhi lucidi. Il bambino, ancora prima di aprire il pacco, di cui era chiaro il contenuto, le buttò le braccia al collo. “Mamma, dimmi che posso fare per ringraziarti”, esclamò dopo aver visto l’inaspettato, meraviglioso dono. “C’è una cosa che vorrei fare con te, - rispose lei con uno strano sguardo negli occhi – che mi porti nel boschetto dietro la Chiesa sulla collina”. Vi si recarono all’alba, quando si sentivano fruscii, sibili, bisbigli, quasi un lieve alitare di vento. Don Savino aprendo la porta della Chiesa li vide entrare nel boschetto e sorrise, sapeva che Loro non sarebbero stati mai traditi. Quando, non si sa come, si seppe nel paese ai piedi della collina che Luigino e sua madre erano entrati nel boschetto, qualcuno si fece coraggio e chiese separatamente a tutti due cosa avessero viso nel boschetto, “Solo alberi e foglie”, fu la tranquilla, unica risposta. Quello che avevano visto, non lo avrebbero mai raccontato a nessuno. © Riproduzione riservata

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