I nuovi poveri della porta accanto
Oltre il buio la luce, finalmente. Non è ovvietà, è constatazione di dati di fatto. La pandemia ci ha cambiati. Ci messi alla prova, ci ha resi migliori. Don Cesare Pisani, direttore della Caritas diocesana, ne è convinto. Non si tratta solo di fede, don Cesare ne ha le prove. La pandemia ci ha cambiati e ha cambiato anche il modus di essere solidali, caritatevoli. Don Cesare ci parla del sogno di don Tonino, la Casa di Accoglienza, un sogno “in progress”, perché ci sarà sempre qualcuno che avrà bisogno di presenze. Don Cesare, chi sono i nuovi poveri? «La pandemia ha messo in evidenza una nuova povertà. Ai poveri che erano seguiti dalla Caritas, si è aggiunta una “classe” di famiglie o individui impoveriti. Sono quei lavoratori trasfertisti, muratori, elettricisti, carpentieri, rimasti bloccati a causa delle misure di contenimento della pandemia, costretti a sostenere spese per il sostentamento della famiglia senza una retribuzione. Sono anche quei lavoratori senza un regolare contratto, “in nero”, che riuscivano a guadagnare circa 1.000/1.100 euro al mese e che oggi non riescono a pagare il canone d’affitto, le utenze domestiche, perché hanno perso anche quell’unico mezzo di sostentamento. I poveri, quelli seguiti da tempo, sono coloro i quali, secondo una proiezione, nei prossimi tre o quattro anni, non vedranno cambiata la loro situazione». Come sono state superate le difficoltà derivanti dalle limitazioni imposte a causa del COVID, per garantire la continuità nell’assistenza? «Le giuste misure imposte dal Governo sono state acquisite ed elaborate dalla Conferenza Episcopale Italiana. Come volontari abbiamo avuto bisogno di autorizzazioni speciali che ci hanno permesso di raggiungere il domicilio dei nostri assistiti. Potevamo percorrere il tragitto più breve per raggiungere la famiglia, potevamo parlare con loro rimanendo sul pianerottolo o al piano terra mentre erano affacciati al balcone». E’ una sfida nuova e impegnativa, essere presenti in questa nuova situazione, di bisogni primari e bisogni “nuovi”? «I “nuovi” poveri sono i cristiani della porta accanto, persone dignitose, situazioni di riserbo difficili da stanare, persone orgogliose, in lotta con se stesse per non poter più garantire bisogni primari. Sono i giovani, la cui prospettiva futura non è chiara. Sono cambiati i destinatari, ma non le situazioni. La droga, il gioco, le dipendenze, conducono i giovani a un non futuro. Come Caritas, da soli, possiamo fare ben poco. L’ascolto è sempre più difficile perché sono bisogni e persone nuovi. A volte non sono richieste vere e proprie ma bisogni quotidiani che generano paura di vivere. Don Tonino ci ha redarguito quando affermava che la sciagura del fratello drogato è colpa della nostra incapacità, della nostra impossibilità oberata dal giudizio. Il nostro essere cristiano deve riportarci alla parabola del buon samaritano, un ritorno all’accoglienza, all’aiuto per evitare che la platea dei poveri si allarghi». Nasce l’esigenza di un approccio nuovo, di approcci diversificati. «E’ un momento di grande difficoltà, di bisogno relazionale. E’ una situazione che genera un distanziamento destinato a diventare talmente grande da restituire prima un’immagine sempre più sfocata, poi alla perdita della visione del povero, con cui perdiamo anche il contatto, la maggior parte delle volte unico contatto per lui». Quali sono state le azioni della Caritas? «Mons. Cornacchia, Vescovo della Diocesi, ha reso disponibile la Casa di accoglienza, tornata ad essere luogo ospitale grazie all’otto per mille. E’ stato attivato il percorso “Verso casa” che unitamente alle associazioni di volontariato, agli assistenti sociali comunali, ad operatori sociali, garantiranno servizi ed assistenza per accompagnare i più bisognosi verso il ritorno a casa, la loro casa. Molti nuovi poveri non sanno che è possibile rivolgersi alla Caritas per contributi per canoni d’affitto, utenze. La Caritas ha donato anche tablet e PC a famiglie bisognose e garantito loro connessioni internet affinché i bambini potessero seguire le lezioni on line. I poveri assistiti da tempo dalla Caritas, da associazioni, hanno sopportato con maggiore determinazione le difficoltà della pandemia perché già in grado di accedere a servizi come reddito di cittadinanza e azioni di sostegno alla povertà». Quale è stata la risposta delle parrocchie? «Le parrocchie sono state porto e approdo della speranza. Non cito nessuna parrocchia per non correre il rischio di dimenticarne nessuna. Voglio solo ricordare la mensa della “Casa della Misericordia” della parrocchia di San Domenico che garantisce i pasti a pranzo e cena, domenica comprese, mentre la Casa di Accoglienza garantisce il servizio docce. L’esempio vale molto di più delle parole e don Franco Sancilio, fondatore della mensa sociale di San Domenico, ha creato l’esercizio della carità, come Mimmo Pisani è stato il garante e l’estuario del progetto di don Tonino “Casa dell’Accoglienza” ed è grazie a lui ed al suo lavoro inumano che questa struttura è punto di riferimento per gli ultimi». Non può esserci carità senza solidarietà perché se la solidarietà deve essere lo spartito musicale su cui scrivere le note della nostra vita, la carità cristiana deve essere l’ingrediente che crea armonia tra le note, rendendo unica la nostra composizione musicale. Esiste una classe media della santità di cui tutti possiamo fare parte. (Papa Francesco). © Riproduzione riservata