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Giornate salveminiane a Molfetta, il prof. Ricciardi: l’intellettuale militante che ha guardato concretamente al futuro
20 ottobre 2017

MOLFETTA - Studiare per scegliere, per essere coscienti, per essere liberi: il messaggio più forte che caratterizza l'età degasperiana di Gaetano Salvemini, di cui si parla nella quarta delle giornate salveminiane organizzate in onore dei 60 anni dalla scomparsa del grande storico, è proprio questo. A trasmetterlo presso la Sala Finocchiaro Andrea Ricciardi, ricercatore storico e docente presso l'Università degli Studi di Milano, introdotto da Maddalena de Fazio.

Le idee di Salvemini, considerato dai suoi contemporanei per chi un maestro, per chi un moralista, sono oggi ancora vive; vive per chi, come l'intellettuale, non guarda acriticamente il proprio contesto storico, ma si propone di migliorarlo.

Ma può essere definito moralista colui che cerca soluzioni concrete, colui che va oltre le apparenze, colui che elabora teorie e ritorna sulle proprie posizioni con onestà intellettuale, per mettersi in discussione sempre ?

Certo, Gaetano Salvemini, figlio dell'Ottocento in cui l'Europa rivestiva nella politica mondiale un ruolo centrale, non ha potuto prevedere la crisi europea, i flussi migratori, la strumentalizzazione dell'integralismo religioso, ma è riuscito non solo a occuparsi di politica italiana e studi storici ma anche del futuro.

Gaetano Salvemini aveva parlato di sprechi, di corruzioni, aveva parlato di ciò che riguarda tutti noi oggi. E lo ha fatto attraverso messaggi silenziosi ma penetranti, che sono emersi dai suoi libri e in particolare dai suoi articoli, che ha visto pubblicati con l'umiltà di chi si focalizza sul contenuto e non sulla posizione editoriale. Messaggi, questi, di uno storico che discuteva in maniera accesa e che conosceva i suoi limiti, ma che nonostante tutto riusciva ad andare al cuore dei problemi: una delle proposte che Salvemini avanzò, oltre la promozione della scuola media unica, della scuola pubblica e la diffusione della laicità, fu la costituzione in Italia di una forza che tenesse conto dei pareri democristiani e di quelli comunisti, proprio perché capì il bisogno della democrazia di pensieri differenti.

Una proposta non andata a buon fine, ma significativa per comprendere come l'intellettuale si mettesse nei panni dei suoi posteri e cercasse di fornire risposte agli interrogativi che i lettori dei suoi testi si sarebbero posti.

Viene citata da Ricciardi, a tal proposito, 'L'Italia scombinata' , una selezione a cura di Salvemini, pubblicata nell'agosto del 1933,di articoli che presentano come fattor comune due concetti: la non considerazione dei comunisti come eterni nemici, pur con l'esclusione della cooperazione con loro fino all'abbandono, da parte di questi ultimi, di ogni totalitarismo e la suddivisione in partiti politici sulla base dei loro valori reali e non degli ideali cui fanno credere di aspirare. 

L'età degasperiana è stata una fase complessa per l'intellettuale militante che, tornato in Italia nel '49 dopo l'esilio negli Stati Uniti, determinante per la sua formazione culturale, ha sentito ancora l'esigenza di lottare, di costruire, di sperare: le stesse prerogative oggi perdute da chi invece dovrebbe portare avanti una realtà sempre piena di colpi di scena. 

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