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Fibrillazioni nella maggioranza per colpa del Pd, raccolta rifiuti porta a porta e piscina comunale, i primi nodi da sciogliere per l'amministrazione di centrosinistra a Molfetta
07 gennaio 2016

MOLFETTA – Con l’inizio del nuovo anno, nuovi problemi attendono l’amministrazione di centrosinistra di Paola Natalicchio. Ci sono le fibrillazioni della maggioranza, provocate dai consiglieri del Pd, delle quali “Quindici” ha parlato con l’intervista al sindaco di Molfetta che, in esclusiva sulla rivista mensile in edicola, annuncia che, in caso di crisi, è pronta a ricandidarsi. Continuano, insomma, i soliti mal di pancia di qualche consigliere che vuole fare l’assessore (per accontentare tutte le ambizioni, si dovrebbero nominarli tutti assessori) e le solite bizze agitate e scomposte della consigliera del Pd Annalisa Altomare, il cui solo obiettivo è di provocare una crisi amministrativa e far venire il commissario, magari per candidarsi poi lei a sindaco, mentre il Pd è spaccato e il segretario Piero de Nicolo cerca di mediare.

C’è il problema della raccolta dei rifiuti porta a porta che comincia lunedì 11 e la cui gestione si prevede molto complessa e difficile, sia per la novità in sé, sia per le resistenze di parte della popolazione al cambiamento, malgrado questa operazione sia stata già realizzata in Comuni anche più piccoli del nostro. Forse non tutti hanno ancora compreso come questo passaggio sia obbligato: riguarda un consorzio di Comuni ed è imposto dalla Regione. Ma soprattutto questi cittadini scettici e poco informati, non si rendono conto che senza il porta a porta, il Comune sarebbe costretto ad aumentare la tassa rifiuti.

L’altra patata bollente riguarda la vicenda della piscina comunale, dove il sindaco ha revocato la concessione alla società Molfetta Nuoto, insolvente e inadempiente, in quanto non pagava da mesi il canone. Ora apprendiamo che non pagava nemmeno gli stipendi ai 35 dipendenti, che da cinque mesi sono senza risorse, mentre la situazione finanziaria della società sarebbe deficitaria. Non si capisce, poi, come mai la società Molfetta Nuoto, pur percependo regolarmente le rette dei cittadini che frequentano la piscina, non sia in grado di far fronte alle spese di ordinaria amministrazione. Perché i lavoratori hanno atteso fino ad oggi per protestare per le mancate retribuzioni?
Ma ciò che appare più grave è l’incredibile faccia tosta della Molfetta Nuoto, la quale, pur in pendenza di un ricorso al Tar per l’annullamento della sospensione della risoluzione del contratto da parte del Comune, continua ad affiggere manifesti per chiedere nuove iscrizioni ai corsi di nuoto. Come fa una società in deficit a garantire la gestione della struttura? Chi garantirà i nuovi iscritti che non rischiano di perdere le loro quote, in presenza di una situazione ancora non definita chiaramente?

Insomma, una vicenda ingarbugliata, che dovrebbe trovare una prima risposta il 13 gennaio con la decisione del Tribunale amministrativo regionale. Comunque è necessario trovare una soluzione complessiva: non è più tollerabile che una società non paghi per anni al Comune il corrispettivo della gestione della piscina.

Dispiace ripeterlo, ma i fatti oggi confermano, ancora una volta, le verità delle denunce di “Quindici” sulla passata gestione amministrativa della città: la piscina è l’ultima toppa che la nuova giunta di centrosinistra è costretta a mettere alle disfunzioni amministrative del centrodestra di Azzollini. Ci sono delle responsabilità? Chi ha consentito a questa società di non pagare i corrispettivi dovuti? Finirà anche questa situazione con l’intervento del Tribunale?

Questa vicenda ci fa ricordare anche quella della gestione dei campi di calcetto comunali di viale Gramsci, sui quali è caduto uno strano silenzio. La società che gestiva quei campi, anch’essa non aveva pagato all’amministrazione comunale i canoni ed era stata perfino condannata da una sentenza di tribunale. Ci piacerebbe sapere che ne è stato di quella sentenza: è stata applicata? Il Comune ha chiesto agli ex gestori il pagamento di quella somma per cui erano stati condannati? Oppure anche questa è una situazione la cui soluzione si trascina ancora nel tempo, pur in presenza di danni economici che ricadono sulle spalle dei cittadini, come avvenuto per tante altre situazioni pasticciate? Chi paga i danni erariali? La Corte dei Conti è stata investita di questi sprechi di denaro pubblico, chiamando gli ex amministratori a rispondere dei loro errori e della loro incuria?

Insomma, con il nuovo anno, conclusi i riti augurali, c’è molta carne al fuoco sul piano politico-amministrativo. “Quindici” ne parlerà più diffusamente sul prossimo numero della rivista mensile che sarà in edicola il 15 gennaio.

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- 1°parte. - Al di fuori della politica l'uomo ha fatto miracoli: ha sfruttato il vento e l'energia, ha trasformato sassi pesanti in cattedrali, è riuscito a controllare e vincere quasi tutte le malattie, ha cominciato a penetrare i misteri del cosmo. “In tutte le altre scienze si sono registrate notevoli progressi” ebbe a dire una volta John Adams, secondo presidente degli Stati Uniti “ma non in quella del governo, la cui prassi è rimasta immutata.” Esistono quattro tipi di malgoverno, spesso combinati fra loro: la tirannia, l'eccessiva ambizione, la inadeguatezza e la decadenza, e, infine, la follia o la perversità. Ma follia e perversità, potrebbe obiettare qualcuno, fanno parte della natura umana, e allora per quale ragione dovremmo aspettarci qualcosa di diverso dagli uomini di governo? La follia dei governi preoccupa perché si ripercuote con effetti più negativi su un maggior numero di persone; di qui l'obbligo per i reggitori di stati di agire più degli altri seconda ragione. Tutto ciò è risaputo da tempo immemorabile, e allora perché la nostra specie non ha pensato a prendere precauzioni e a cautelarsi? Qualche tentativo è stato fatto, a cominciare da Platone, che propose di creare una categoria di cittadini destinati a diventare professionisti della politica. Secondo lui la classe dominante, in una società giusta, doveva essere costituita da cittadini che avevano imparato l'arte di governare, e la sua soluzione, affascinante ma utopistica, erano i re filosofi: “Nelle nostre città i filosofi devono diventare re, oppure chi è già re deve dedicarsi alla ricerca della sapienza come un vero filosofo, in modo da far coesistere in una sola persona potere politico e vigore intellettuale.” Fino a quando ciò non fosse accaduto, riconosceva Platone, “le città e, io credo, l'intero genere umano non potranno considerarsi al riparo dai mali.” E' così è stato. (continua)

Quanto segue ben rispecchia Molfetta e i suoi saltimbanchi politicanti. Parte 2°.- Il conte Axel Oxenstierna, cancelliere svedese durante la terribile Guerra dei Trent'anni, parlava con ampia cognizione di causa quando disse: “Renditi conto, figlio mio, che ben poco posto viene lasciato alla saggezza nel sistema con cui è retto il mondo.” Lord Acton, uomo politico inglese del secolo scorso, usava dire che il potere corrompe, e di ciò ormai, siamo perfettamente convinti. Meno consapevoli siamo del fatto che esso alimenta la follia, che la facoltà di comandare spesso ostacola e toglie lucidità alla facoltà di pensare. La perseveranza nell'errore, ecco dove sta il problema. I governanti giustificano con l'impossibilità di fare altrimenti decisioni infelici o sbagliate. Domanda: può un paese scongiurare una simile “stupidità difensiva” come la definì George Orwell, nel fare politica? Altra domanda, conseguente alla prima: è possibile insegnare il mestiere ai governanti? I burocrati sognano promozioni, i loro superiori vogliono un più vasto campo d'azione, i legislatori desiderano essere riconfermati nella carica. Sapendo che ambizione, corruzione e uso delle emozioni sono altrettanto forze di controllo, dovremmo forse, nella nostra ricerca di governanti migliori, sottoporre prima di tutto i candidati a un esame di carattere per controllarne il contenuto di coraggio morale, ovvero, per dirla con Montaigne, di “fermezza e coraggio, due virtù che non l'ambizione ma il discernimento e la ragione possono far germogliare in uno spirito equilibrato.” Forse per avere governi migliori bisogna creare una società dinamica invece che frastornata. Se John Adams aveva ragione, se veramente l'arte di governare “ha fatto pochissimi progressi rispetto a 3000 o 4000 anni fa” non possiamo aspettarci grandi miglioramenti. Possiamo soltanto tirare avanti alla men peggio, come abbiamo fatto finora, attraverso zone di luce vivida e di decadenza, di grandi tentativi e d'ombra. (fine)

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