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Ettore Ciccotti tra socialismo e federalismo (III parte)
21 agosto 2008

NAPOLI - 21.8.2008 Ettore Ciccotti riteneva che lo Stato monarchico-unitario, espressione del dominio di classe della borghesia industriale del Nord e di quella latifondista del Sud, fosse responsabile dell'acuirsi delle condizioni di arretratezza del Mezzogiorno. Dunque, lo Stato accentratore, in quanto Stato di classe, era strutturalmente inabile a risolvere la questione meridionale. Pertanto, il lucano propose la costituzione di uno Stato democratico, composto dalle forze politiche che rappresentavano gli interessi delle classi lavoratrici, che erano direttamente interessate a modificare l'ordine socio-economico vigente, mediante una politica riformista il cui obiettivo finale era il socialismo. In un saggio del 1899, “Attraverso la Svizzera”, lo studioso lucano propose un riassetto dell'ordinamento istituzionale non solo in senso repubblicano e democratico ma anche in senso federale, in quanto egli riteneva che il federalismo potesse contribuire a risollevare le sorti del Sud d'Italia. Analizzando la Costituzione svizzera del 1874, Ciccotti colse l'aspetto precipuo dell'ordinamento federale nella sua capacità di conciliare l'unità politica del paese con il rispetto delle diversità etniche, linguistiche e religiose dei popoli che facevano parte degli Stati associati. Infatti, la Costituzione del 1874 aveva istituito uno Stato federale che aveva il suo organo legislativo nel Consiglio nazionale e nel Consiglio degli Stati, il suo organo esecutivo nel Consiglio federale e il suo organo giudiziario nel Tribunale federale. Inoltre, essa aveva stabilito quali erano le materie di competenza della Confederazione e quali quelle dei Cantoni associati (foto). Per Ciccotti l'ordinamento federale non era un modello precostituito, ma il risultato di un lungo e travagliato processo storico che affondava le sue radici nel XIII secolo. Dunque, la Costituzione del 1874 era a fondamento di uno Stato democratico in cui la sovranità popolare, esercitata sia attraverso il suffragio universale sia attraverso i referendum, era il principio di giustificazione dell'autorità. Ciccotti faceva notare che l'ordinamento federale, circoscrivendo lo spazio politico preposto alla soluzione dei problemi, contribuiva ad aumentare l'interesse per la politica. Inoltre, tale ordinamento riusciva a limitare fortemente la formazione e il prevalere delle oligarchie. Ciccotti riteneva che in Svizzera il sistema federale avesse prodotto degli effetti positivi oltre che nella sfera politica anche in quella socio-economica, perché esso assicurando la pace aveva garantito lo sviluppo del paese, che era povero di materie prime e che aveva un suolo per lo più improduttivo. La crescita economica della Svizzera fu favorita anche dall'istituzione dell'esercito di popolo, che consentiva sia di ridurre le spese dello Stato sia di lasciare numerosi giovani all'adempimento di lavori produttivi. Crescita economica che era accompagnata dall'ampliamento e dal miglioramento della legislazione sociale, favorito dalla dialettica tra Cantoni e Stato federale. In sostanza, Ciccotti riteneva che l'ordinamento federale, conciliando l'unità del paese con l'autonomia dei Cantoni associati, avesse garantito lo sviluppo generale della Svizzera. Successivamente, il lucano, pur non formulando in modo organico il suo progetto federalista, ribadì la sua proposta e la andò calando nel vivo del dibattito politico dell'epoca con “interventi dispersi, che riguardavano soprattutto alcuni grandi temi, legati alla questione meridionale, come la riforma tributaria e le leggi speciali”. Innanzitutto, egli distinse il federalismo dal decentramento amministrativo di cui allora si parlava, in quanto il decentramento amministrativo avrebbe ulteriormente rafforzato le consorterie locali, mentre il federalismo avrebbe reso “più immediata la vista del male, più vivo l'interesse a emendarlo, più pronta l'intuizione del rimedio, più agevole il porlo in atto, più facile e meno costoso l'esperimento!”. Per quanto concerne la riforma tributaria, Ciccotti sostenne che la situazione economica del Mezzogiorno non sarebbe migliorata se non si fossero falcidiate le spese militari e gli sperperi del denaro pubblico in vista di una qualificazione sociale della spesa pubblica. Pertanto, era necessario rivedere la politica generale dello Stato ed introdurre elementi di autonomia impositiva e di federalismo fiscale, in modo tale da riequilibrare la situazione finanziaria tra Nord e Sud, mettendo quest'ultimo nella condizione di gestire direttamente la propria ricchezza. Ciccotti ritornò sull'argomento del federalismo nel 1904, quando contrappose la soluzione federale ai provvedimenti speciali, che avrebbero dovuto risolvere la questione meridionale regione per regione. Inoltre, il lucano indicò con chiarezza nell'autonomia comunale il principio e l'istituzione fondante un eventuale processo federativo nazionale, che doveva partire dal basso ad opera delle classi popolari, guidate dalle forze politiche di opposizione. Nel complesso, Ciccotti era consapevole del fatto che lo Stato federale, in quanto Stato democratico-progressista, presupponeva come condizione per la sua realizzazione un alto sviluppo socio-economico e politico-culturale. Tuttavia, allo stesso tempo, Ciccotti sosteneva che lo sviluppo del Mezzogiorno non poteva essere garantito dallo Stato unitario di classe, il quale dalle condizioni di arretratezza, da esso stesso prodotte, traeva il consenso alle proprie politiche conservatrici e alla gestione clientelare della Pubblica Amministrazione. In questo modo, lo studioso lucano ritenne di cogliere il nesso dialettico che intercorreva tra la struttura e la sovrastuttura, tra la società e la politica, tra la questione meridionale e lo Stato unitario e propose di risolverlo partendo dalla riforma delle istituzioni, in quanto egli in ultima istanza era fiducioso nel loro carattere formativo. La condizione per rompere la concentrazione delle classi reazionarie e la condizione per favorire la maturazione politica delle masse meridionali era, secondo Ciccotti, il federalismo di matrice democratica. Esso avrebbe garantito la partecipazione diretta delle classi lavoratrici alla gestione della cosa pubblica, avrebbe consentito di porre rimedio ai problemi del Meridione con interventi legislativi specifici, continui ed organici ed inoltre avrebbe posto termine al drenaggio di capitali dal Sud al Nord d'Italia. In sintesi, sembra che per Ciccotti, il federalismo rappresentasse lo strumento d'innovazione politico-istituzionale atto a fare rinascere socialmente, economicamente, politicamente e culturalmente il Mezzogiorno all'interno del sistema capitalistico italiano. Lo sviluppo complessivo del Sud d'Italia e la conseguente maturazione delle sue forze di produzione, avrebbero posto le condizioni oggettive più idonee all'affermazione del socialismo, il cui avvento avrebbe contribuito a risolvere definitivamente la questione meridionale. Dal confronto con il modello euristico tratto dal Federalist, emerge che il progetto ciccottiano, come nel caso di quello di Napoleone Colajanni, rientra nell'ambito delle teorie federaliste, anche se sia per motivi storici, sia per motivi ideologico-politici si distingue dal modello statunitense. Infatti, Ciccotti fondò la sua proposta d'innovazione politico-istituzionale sull'autonomia comunale, in modo tale da garantire la maturazione politica delle masse meridionali attraverso la loro partecipazione attiva alla vita politica locale. Salvatore Lucchese
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