Dopo una battaglia, anche solo elettorale e più o meno incruenta, si calcolano alla fine vincitori e vinti. Più difficile diventa la conta, quando ci si rende conto che di battaglie sullo stesso campo ne sono state giocate più d'una contemporaneamente, con un rimescolarsi di nemici ed alleati.
Un vincitore indiscusso, ad ogni modo c'è, ed è il sindaco-senatore Antonio Azzollini, di Forza Italia, signore indiscusso dello schieramento di centrodestra, dove nessuno può anche solo pensare a contrastarne la leadership e padrone della stessa città; trionfante non solo sul centro sinistra, che nella corsa per la conquista della carica di primo cittadino gli opponeva Lillino Di Gioia, ma anche sul suo ex alleato, Tommaso Minervini.
IL FILM DEGLI ULTIMI MESI
Viste con il classico senno di poi, tante mosse degli ultimi mesi, al momento francamente indecifrabili, appaiono ora comporre un disegno chiaro. Molto più di quanto possa esser trapelato all'esterno nei cinque anni di passata amministrazione, la coabitazione con il sen. Azzollini deve essere stata per Tommaso Minervini un inferno, politicamente perché l'idea del “progetto civico” perdeva sempre più di significato e si faceva chiaro che si trattava di una vera e propria coalizione di centrodestra, amministrativamente, perché, lo sapevano anche le chianche più volte sostituite di Piazza Municipio, che l'ultima parola era di Azzollini, sempre, sugli incarichi, sui lavori, sulle scelte di programma.
La via d'uscita, Tommaso Minervini (con il suo mentore Franco Visaggio), l'ha intravista dopo il risultato delle primarie del centrosinistra. Sicuro che Lillino Di Gioia non sarebbe stato accettato fino in fondo dallo schieramento, ha messo in atto un piano che lo ha visto sganciarsi da Azzollini, proporsi come candidato di una coalizione dapprima genericamente di “terzo polo” o, come ha amato più volte dire dai manifesti, da “sindaco di tutti”, infine, con la conquista della lista “Rosa nel pugno” da parte di Visaggio e il battesimo di Bobo Craxi, trasformandosi d'emblée in un altro candidato di centro sinistra.
Se fosse riuscito ad andare al ballottaggio, avrebbe chiesto al centrosinistra originale di appoggiarlo, nella testa degli strateghi, sommando i risultati ottenuti al primo turno dalle liste di Di Gioia e Minervini, la vittoria sarebbe stata a portata di mano. Operazione chiara, non riuscita per 312 voti, “decimali”, li ha definiti amaramente Minervini in una sua conferenza stampa, quelli in più di Lillino di Gioia, che lo hanno visto terzo ed escluso dal secondo turno.
LA VITTORIA NETTA DI ANTONIO AZZOLLINI
Alla fine, chi ci ha guadagnato è stato solo il centrodestra. Nell'intervista che leggerete sulle pagine di questo giornale, rilasciata a poche ore della vittoria, il neo sindaco Azzollini ha ripetuto che volentieri avrebbe lasciato a Tommaso Minervini la carica di sindaco, se questi non avesse deciso altrimenti, ma una volta consumata la rottura e deciso di assumersi la responsabilità della candidatura, lo ha fatto intenzionato a vincere. È andato avanti come uno schiacciasassi, stringendo le alleanze necessarie, quelle determinanti dal punto di vista della raccolta del consenso; ricordiamole, con l'Udc della famiglia Minuto, a lungo pencolante fra i due schieramenti, e poi, quella non palese, ma nei fatti esistente, con Pino Amato, passata attraverso la candidatura fantasma di Maria Antonia Tulipano. Per finire all'accordo per il secondo turno con il Pri, che ha così abbandonato Minervini, e ad altri singoli candidati. Non s'è nemmeno accontentato di questo, buttandosi in una campagna elettorale pancia a terra, che ha puntato soprattutto alle fasce sociali più popolari della città.
Ha vinto, anzi stravinto, per portata del consenso ottenuto, per la forza del suo partito di riferimento, ben 9 consiglieri a Forza Italia, per la compattezza della sua maggioranza, perché saranno appena quattro o tutt'al più cinque, se si aggiunge il Pri, i partiti con cui dovrà dividere la gestione del governo comunale. Stravinto anche perché dal fronte avversario lo fronteggiano solo macerie.
IL CENTROSINISTRA
Il centrosinistra era partito da lontano, comportandosi a modo, cercando di dire e fare, appunto, cose di centro sinistra: il coinvolgimento dei partiti, dei movimenti, dei cittadini tutti nella stesura del programma e nella definizione stessa della coalizione, mesi di riunioni, discussioni, confronti e poi la vicenda delle primarie, con il colpo di scena della candidatura e della vittoria di Lillino Di Gioia.
Una vittoria che buona parte dei simpatizzanti ha accettato come male minore, dopo mesi di lacerazioni interne, con distinguo fra gli stessi partiti della coalizione ed una parte non ha accettato affatto, fino alla candidatura alternativa di Matteo D'Ingeo con il suo Liberatorio politico.
La domanda delle domande è se con un altro candidato le cose sarebbe andate diversamente, ma è di quelle che debbono rimanere nel regno di ciò che poteva essere e che non è stato.
Di Gioia ci ha provato con tutte le forze a farsi accettare, è stato ai patti, a cominciare dal rispetto di quel Codice etico che ha fatto da baluardo al passaggio nel centro sinistra di chi aveva ricoperto avuto incarichi di gestione con la passata amministrazione e pure voti. Non è servito più di tanto. Una parte dell'elettorato ha continuato a vedere in Di Gioia l'ex nemico democristiano. Né ha aiutato la gestione disordinata del secondo turno.
Tommaso Minervini non ha potuto far altro che ingoiare un rospo grande come un ippopotamo e indicare ai suoi di votare Lillino di Gioia.
E, a proposito di partite multiple, nella conferenza stampa del 7 giugno, quella in cui Minervini ha dichiarato di sostenere il candidato di centrosinistra, presenti ben tre segretari regionali di partito ed un consigliere regionale - Alberto Tedesco de “I socialisti”; Mimmo Magistro, Psdi; Onofrio Introna, “Rosa nel pugno”; Franco Visaggio - è stata offerta come una fotografia chiarificatrice del ruolo che nella vicenda del centrosinistra molfettese ha avuto il livello regionale, dei partiti e del governo di Nichi Vendola.
L'appoggio dell'altro centro sinistra Di Gioia lo ha ricercato, ma poi gestito in maniera pasticciata e non chiara, creando ancora più confusione nell'elettorato, cui arrivavano voci confuse di assessorati promessi, di spartizioni, di ex avversari che chiedevano di entrare in squadra.
Insomma, ad una prima operazione di ingegneria genetica, l'innesto forzato di Lillino Di Gioia nel centro sinistra, se ne è aggiunta un'altra, altrettanto incomprensibile e forzata per un elettorato schizzinoso, che vuole essere convinto e protagonista di certe scelte, quella del rimescolamento a freddo dei due tronconi del centro sinistra. Con i risultati che si sono visti.
IL FUTURO
Se è tanto difficile leggere una storia che è già tutta scritta ed è arrivata ad un suo finale, happy end per alcuni, ipotizzare quella che è ancora da costruire diventa sforzo immane.
Per il centrodestra c'è il governo davanti, con pochi ostacoli, per il centrosinistra altri cinque anni di opposizione e una ricostruzione, sicuramente non facile.
A cominciare dall'idea stessa di come attuarla, se a freddo, rimettendo assieme spezzoni e tronconi che, nell'aver come stesso avversario Azzollini, hanno finito con il ritrovarsi dalla stessa parte, oppure inventandosi altre modalità di coinvolgimento di quella parte della città, oggi maggioritaria, che in Azzollini, sindaco-assessore, ha visto più possibilità di vantaggio personale che altrove.