Coronavirus a Molfetta, come interpretare le disposizioni del sindaco
Il silenzio. È il silenzio a colpire maggiormente in queste sere, dopo il decreto con cui il Governo ha esteso all’intero Paese le misure restrittive per contenere l’epidemia da COVID-19. Dopo le 18 traffico quasi azzerato e pochissima gente in giro. Emblematica la commozione del sindaco di Bari Antonio Decaro, in giro in uno spettrale centro murattiano. Non dissimile la situazione nella nostra città. È un buon segno: significa che finalmente abbiamo preso coscienza di quanto sia seria e difficile la situazione. Nulla a che vedere con quanto accaduto nei giorni precedenti, quando frotte di ragazzi (e non solo) non hanno rinunciato alla “movida”, agli incontri, incuranti degli appelli a restare a casa, ad adottare precauzioni e a rispettare il decalogo ministeriale. La scelta di uniformare le prescrizioni su tutto il territorio nazionale ha avuto un effetto sicuramente positivo: cambio di comportamenti. Restare a casa è fondamentale per arginare la diffusione del contagio, è l’unica vera arma nelle nostre mani. E magari rallentare i ritmi di lavoro e di vita ci può aiutare a riscoprire quanto possa essere gradevole riprendere hobby accantonati, il dialogo in famiglia, la cura per se stessi. Ma non mancano preoccupazioni, dubbi, difficoltà. Le stesse ordinanze hanno suscitato perplessità poiché in alcuni punti appaiono contraddittorie. Innanzitutto, non tutti possono starsene a casa, perché hanno un lavoro che non glielo consente (ad esempio meccanici, coloro che bisogno di particolari attrezzature, coloro che non sono attrezzati per lo smart working): possono recarsi al lavoro, ovviamente muniti di autocertificazione. E qui, per tanti, nasce il primo dubbio: questa prescrizione è valida solo per coloro che devono spostarsi da un Comune a un altro o va rispettata anche da chi si muove all’interno del proprio Comune? Dovrebbe riguardare solo i primi ma nelle delibere manca una chiara, inequivocabile distinzione. Ma un’interpretazione data dalle autorità comunali porta a ritenere che serva l’autocertificazione anche per gli spostamenti urbani. Indubbiamente molto dipende dal comportamento dei singoli, dal comportamento di ciascuno di noi però è innegabile che se si chiudono le scuole ma non gli uffici non si può essere certi del blocco del contagio. Altra perplessità: la chiusura dei centri commerciali nei fine settimana. Certamente il sabato e la domenica la presenza di consumatori nelle grandi strutture aumenta in maniera esponenziale e, in questa situazione, non possiamo permettercelo. Il dubbio è che, però, i consumatori si concentrino nei giorni feriali, creando una maggiore pressione nel resto della settimana. Certo, è stata predisposta l’apertura dei negozi di prossimità per tutta la settimana ma non necessariamente coloro che, solitamente si rivolgono alla grande distribuzione, cambieranno le loro abitudini scegliendo il negozio sotto casa. È più probabile un ulteriore incremento dell’e-commerce, ossia delle vendite on line e delle consegne a domicilio (sono molti gli esercizi molfettesi che già si sono attrezzati per proporre questo genere di servizio). Per le consegne a domicilio l’ultima ordinanza comunale dispone che si possa effettuare oltre le ore 18 «evitando contatti personali con la clientela» ma come garantirlo? Forse non sarebbe errata l’opzione che in queste ore viene proposta dai governatori di Lombardia e Veneto: blocco totale, tranne che per i settori essenziali come sanità, forze dell’ordine e alimentari, in tutta Italia. Le conseguenze economiche sarebbero pesantissime ma, probabilmente, riusciremmo ad uscire da questo tunnel in tempi più brevi, del resto l’economia è già al collasso, soprattutto nei settori turismo, trasporti e commercio.