Conterosso a favore della Palestina: cena sociale a Molfetta
MOLFETTA - “Sono figlio di profughi che hanno lasciato Jaffa. Prima ancora di nascere, ero già un esule. Quello che Israele mira da sempre, è l’annullamento della Palestina non solo attraverso la distruzione dei fabbricati, il bombardamento di edifici civili, di scuole, ospedali ma anche della storia, dell’identità di un popolo antico”.
Mohammad Afaneh, presidente della Comunità palestinese di Puglia e Basilicata, durante la cena sociale di autofinanziamento (brava la cuoca Rita) a sostegno di iniziative pro Palestina nella sede di Conterosso Social Club, non usa mezze parole e sono parole che gridano, che ammoniscono: non dimentichiamo, in Palestina si sta attuando un genocidio ad opera di Israele con la complicità di alcune potenze internazionali e con il colpevole silenzio delle altre nazioni che decidono di rimanere imparziali.
Interessi economici, pecunia non olet, Israele rimane un potente finanziatore di campagne elettorali, deve onorare debiti verso multinazionali che finanziano e condizioni scelte politiche favorevoli.
Il popolo palestinese urla giustizia e non può che farlo con mezzi propri, quelli che raccontano una verità di vita quotidiana lontana dall’informazione che i media mainstream somministrano come un antibiotico, per spegnere l’informazione critica.
L’iniziativa di Conterosso Social Club e della comunità palestinese è cosa buona e giusta, è dovere verso un popolo in continuo esilio, che combatte da secoli contro chi vuole cancellare la memoria, la storia la lingua. Come ci sentiremmo se un giorno un popolo straniero, occupasse la nostra terra, cambiasse i nomi delle strade, imponesse la propria cultura?
E se le parole del presidente e dei membri della comunità palestinese presenti, non fossero stati sufficienti, la proiezione di due cortometraggi del Nazra Palestine Short Film Festival, Shujayya" di Mohammed Almughanni e "Abo Jabal" di Bisan Owda, sbattono in faccia, come uno schiaffo ricevuto inaspettatamente, la quotidianità di famiglie divise, bambini con arti mutilati, ragazzi la cui unica colpa è stata di trovarsi nel posto e nel momento sbagliato.
Perché la pace è allo stato attuale è un’utopia, basti pensare che la tregua fissata per domenica 19 gennaio ha subito ritardi per poi essere attuata solo alle ore 10,15.
I profughi potranno tornare tra le macerie delle proprie case, alla ricerca di cari scomparsi, uccisi, che non potranno neanche ricevere la dignità di una sepoltura, tra i fantasmi di una vita cercata, desiderata e strappata.
Il Primo Ministro di Israele, Netanyahu, nelle ultime ore ha affermato che Israele è pronto a riprendere la guerra perché il presidente Trump appoggerà Israele.
No, non è una vittoria della diplomazia, questa non è pace.
E’ una sconfitta e tutti siamo complici.
Tutti.
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Autore: Beatrice Trogu