Compostaggio, terzo incendio dei rifiuti campani
Un impianto a rischio ambientale
Dopo il sequestro, le fiamme. E per tre volte in poco meno di un mese.
E' la mattina del 23 febbraio scorso quando intorno alle 8 del mattino i Vigili del Fuoco intervengono per spegnere quello che sarebbe stato il primo incendio di una lunga serie.(nella foto la montagna di rifiuti provenienti dalla Campania e presenti nell'impainto di Mazzitelli).
“Al momento l'ipotesi più accreditata è che fenomeni di autocombustione e fermentazione dei rifiuti depositati da lungo tempo nel piazzale dell'impianto, abbiano potuto dar luogo a un principio d'incendio”, precisò quella mattina il caposquadra dei Vigili del Fuoco.
Mentre, sempre quella mattina, un comunicato stampa diffuso da Dante Mazzitelli, responsabile della ditta “Ing. Orfeo Mazzitelli Spa”, a cui è affidata la gestione dell'impianto, faceva riferimento al rinvenimento di “una rudimentale scala appoggiata al muro di cinta nei pressi del luogo dove si sono sprigionate le fiamme” e continuava: “Il materiale non poteva dar luogo a fenomeni di autocombustione per la matrice degli stessi e per le piogge intervenute negli ultimi giorni. Da questi elementi si deduce la natura non casuale del fatto”.
Ma chi avrebbe avuto interesse ad appiccare il fuoco ad una montagna di rifiuti?
Il caposquadra dei Vigili del Fuoco, intervenuto personalmente precisò:
"Non abbiamo registrato alcun danno”. E sul particolare della scala, dichiarò: “Io personalmente non ho visto alcuna scala. Nel rapporto che invierò alla Procura fornirò ogni dettaglio dei fatti”.
Nel frattempo, però, scoppia la polemica con la discarica di Trani che, stando a quanto riportato nel comunicato stampa diffuso da Mazzitelli, si sarebbe rifiutata di accogliere e smaltire i sovvalli che giacciono da mesi sul piazzale antistante l'impianto.
Sarebbero proprio i sovvalli (materiale non compostabile), che "avrebbero preso fuoco", in contraddizione, dunque, con l'ipotesi dei V.d.F. che parlano, invece di "fermentazione dei rifiuti e autocombustione".
Ma da Trani replicano: “Abbiamo girato la richiesta dell'ing. Mazzitelli all'amministrazione comunale perché valuti il da fare”.
2 marzo.Ore 5,30. Di nuovo incendio all'impianto di compostaggio. Per la seconda volta. Molto più esteso del primo. Molto più visibile e pericoloso.
Se ne accorge un bracciante al lavoro. “Stavo raccogliendo le cicorie – racconterà qualche ora dopo – e all'improvviso ho visto le fiamme sull'enorme massa di rifiuti che da mesi giace nell'impianto. Io stesso ho avvisato subito i Vigili del Fuoco”.
Negli istanti successivi un fumo nero si sparge per la campagna. La puzza è insopportabile. Alcuni contadini stanno male, altri al lavoro non ci arrivano, perché raggiungere i campi non è proprio consigliato.
Dalle 6.00 del mattino molte squadre dei pompieri si impegnano a sedare il fuoco, le operazioni dureranno ininterrottamente tre giorni e tre notti. "Le fiamme si sono esaurite soltanto stamattina alle 5", dichiara un pompiere personalmente impegnato nelle operazioni di spegnimento dell'incendio. I materiali interessati dalla combustione hanno costretto i Vigili del Fuoco ad agire "per soffocamento". Sui cumuli di rifiuti depositati nel piazzale dell'impianto sono stati riversati altri rifiuti, per tentare di sottrarre ossigeno "togliendo fiato" alle fiamme.
Sulla natura dei rifiuti che hanno preso fuoco divergono, ancora una volta, le possibili ipotesi, frutto soltanto di voci.
La questione non è affatto banale. Potrebbe trattarsi di "compost in maturazione", ovvero materiale organico già sottoposto alle prime fasi del trattamento di compostaggio. In tal caso sarebbe lecito chiedersi perché mai un numero così evidentemente spropositato di tonnellate di compost giacesse nel piazzale, e perché una struttura autorizzata a trattare ben 270 tonnellate di rifiuti al giorno, non sia stata in grado di gestire correttamente queste quantità pervenute all'impianto (anche da fuori Regione).
Potrebbe anche essersi trattato, però, di materiale di scarto della lavorazione, ovvero di rifiuti inorganici. E in questo caso sarebbe opportuno che qualcuno spieghi il motivo per cui sono stati stoccati, senza le opportune cautele, tutti quei sovvalli.
I contadini, intanto, sono i primi a pagarne le conseguenze.
“Dopo tutti questi mesi di cattivi odori e di malsane condizioni di lavoro a cui questo impianto mal gestito ci ha costretti, adesso dovremo anche distruggere i nostri raccolti”, ci spiega un contadino e continua: “Se adesso dovessimo andare a vendere i nostri prodotti al mercato, ci multerebbero. Sa perché? Perché metteremmo sul mercato ortaggi tossici e pericolosi per la salute dei consumatori”.
Infatti possiamo constatare personalmente l'enorme nuvola nera di fumi, ceneri e con ogni probabilità anche diossina che si sprigiona dalla montagna di rifiuti in fiamme.
Sulle cause dell'incendio c'è, ancora una volta, grande incertezza. Di nuovo i Vigili del Fuoco ipotizzano l'autocombustione dei rifiuti.
E tre. Nella notte tra il 13 e il 14 marzo ancora fiamme all'impianto di compostaggio di Molfetta. Solite, ormai, le modalità. Di notte. Sulle tonnellate di materiale ammucchiato nell'impianto. Spargendo fumo tutt'intorno. Questa volta nessuna dichiarazione ufficiale, né alcuna indiscrezione sulle cause dell'incendio. Né altri dettagli sono noti se non che i Vigili del Fuoco di Bari sono intervenuti alle 5 del mattino del 14 marzo.
Tornano a rincorrersi, a questo punto, come era del resto prevedibile, ipotesi più o meno peregrine sui perché di quest'ennesimo incendio.
E tornano a protestare, ancora una volta, i proprietari dei fondi adiacenti all'impianto. “Il fumo e le emissioni continuano a danneggiare noi e i nostri raccolti”, dichiara irritato uno.
Certo è proprio strano che rifiuti, di qualsiasi natura essi siano, prendano spontaneamente fuoco nelle umide notti di marzo.
Nelle scorse settimane è stata avviata una perizia per accertare le cause dei tre incendi. Dati e cifre emergeranno forse nei prossimi giorni. Sempre che le fiamme non abbiano cancellato tutto.
Massimiliano Piscitelli