Chiusa la sede del Pd di Molfetta, segno dell’epilogo di un partito ridotto a lista civica
MOLFETTA – Sembra l’epilogo di una parabola discendente senza fine di un partito che è stato il primo in città e ora si è ridotto ad essere una lista civica del ciambotto.
Parliamo del Partito Democratico di Molfetta che una segretaria è stata sufficiente ad affossare fino a questo punto, perdendo iscritti, dirigenti ed elettori, con un calo confermato anche alle ultime amministrative.
Un partito intollerante, anche nei confronti della stampa non amica, poco democratico, che ha fatto cadere la propria amministrazione di centrosinistra, che ha usato una consigliera comunale come ariete, in consiglio comunale, per poi, una volta ottenuto il risultato di far cadere il sindaco Paola Natalicchio, gettarla via come un vecchio arnese, con una umiliazione che non meritava.
E tutto questo con la complicità politica del presidente della Regione Michele Emiliano, che ha arruolato perfino personaggi della destra che a loro volta non hanno esitato a scaricare l’ex sindaco sen. Antonio Azzollini che pure li aveva gratificati in passato, per saltare sul carro del vincitore, al quale hanno consegnato la città in cambio di qualche prebenda politica. Voltagabbana e qualunquisti o semplicemente populisti a proprio vantaggio politico. E il Pd, buttando alle ortiche la propria storia, ha sacrificato anche un giovane segretario eletto all’unanimità, ma sul quale pesava la spada di Damocle del solito personaggio politico che ha cambiato tante volte casacca, da non sapere nemmeno lui quale sia quella che indossa oggi nel ciambotto.
Poi hanno anche umiliato una giovane promessa del partito, prima bruciandola con la candidatura al consiglio regionale, pur sapendo che sarebbe stata sconfitta e poi al consiglio comunale, sapendo che non sarebbe stata eletta. Infine, l’hanno emarginata, non affidandole alcun incarico amministrativo e mortificandola ancora una volta.
Senza parlare dei giovani democratici, che sembravano essere riusciti a resistere alle pressioni locali e baresi, ma che poi si sono tuffati anch’essi nel ciambotto, per essere cucinati in quel brodo rancido.
Un partito commissariato due volte nel giro di qualche mese, un partito che non ha esitato a pasticciare anche con le tessere, motivo per cui si è dimesso l’ultimo segretario. Un partito che resta commissariato con personaggi fedeli al capo, che possono chiaramente essere considerati liquidatori del partito a Molfetta. Alle ultime amministrative, se non fosse stato per le performance garantite dagli ingressi dell’ultim’ora come Nicola Piergiovanni, il più suffragato in assoluto, il Pd, che pure ha subito un forte calo, avrebbe rimediato percentuali da vergogna.
Ora il Pd perde anche la sede di via Margherita di Savoia. Già in difficoltà a pagare la locazione, a corto di risorse, alla fine ha abbassato definitivamente la saracinesca su cui comprare la scritta “Affittasi”. Tra l’altro una sede rimasta spesso chiusa non serviva a un partito di plastica.
Ora con la chiusura della sede si conclude un ciclo con l’ingresso nell’amministrazione comunale di Tommaso Minervini, ma con una presenza politica insignificante che ha permesso perfino a Forza Italia, pur decimata dai vari suoi “traditori”, di tornare ad essere il primo partito a Molfetta. Senza contare l’amarezza di tanti elettori che, con sofferenza, sono stati costretti a votare altro.
Se questi vengono considerati dal Pd risultati positivi (come qualche commissario pilotato ha il coraggio di dire), potremmo tranquillamente concludere: contenti loro…
Lo sono meno i loro elettori, o meglio ex elettori.
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